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AMSTERDAM, 16 MARZO - Le sezioni da scrutinare sarebbero ancora pochissime. Il verdetto è ufficiale, dopo gli exit poll della prima serata di ieri, letteralmente confermati dalle scelte degli elettori: l’Olanda sceglie Mark Rutte ed i liberali, che portano a casa 33 seggi nelle elezioni della Camera bassa del Paese.[MORE]
Una notizia certamente positiva per l’Europa, considerate le note avversioni della politica populista anti-europea insediatasi nei vari Stati membri. Con il 21,2% dei voti, Rutte scongiura così l’incubo populista firmato Geert Winders, che a lungo ha spaventato le Istituzioni europee, considerati i sondaggi delle scorse settimane che vedevano la sua compagine politica favorita sullo stesso Rutte.
La soddisfazione comunitaria è sintetizzata dalla quasi immediata telefonata di congratulazioni a Rutte ad opera di Jean Claude Juncker, che lo ha definito «un voto per l’Europa e contro i populisti». Ma la realtà è che il successo di Rutte in Olanda sintetizza un concetto fondamentale: nell’Europa ad altà velocità (quella settentrionale) i partiti populisti soffrono la supremazia dei partiti tradizionali e della politica di ispirazione europeista. Dove si fatica maggiormente, vedasi Italia o più in generale Europa mediterranea, ecco emergere le difficoltà della politica e del progetto europeista.
Il concetto è piuttosto limpido, e traspare del resto dalle consultazioni elettorali e dalle attuali situazioni politiche interne agli Stati. Non solo l’Olanda infatti è stata chiamata alla partita delle urne. Altre nazioni lo faranno: in primis la Francia, i cui sondaggi hanno già di fatto delineato la caduta del bipartitismo/bipolarismo ed il fallimento delle scelte tradizionali dell’elettorato, con Marine Le Pen e Emmanuel Hamon a giocarsi la contesa, mentre per liberali e socialisti ci si avvia verso l’anno zero alla luce di tale ipotetico sì, ma ravvicinato fallimento.
Dove l’Europa funziona il populismo arranca. Nella nazione guida, la Germania, Angela Merkel è al timone del Paese da oltre dieci anni e la sua leadership viene messa in discussione praticamente solo ora, grazie al risveglio socialista firmato Martin Schulz. Altro verdetto fondamentale, leggermente successivo a quello francese (settembre 2017, ndr). Anche da quelle parti, i populisti di Afd (Alternative For Deutschland) potrebbero ottenere un discreto risultato, tuttavia non sufficiente ad impensierire la cosiddetta politica tradizionale, a differenza del caso olandese (scongiurato) e di quello (ancora possibile e concreto) francese.
Secondo una classifica Onu 2013, gli olandesi sono il settimo popolo più felice del mondo: un dato che non deve essere evidentemente cambiato, considerata l’altissima partecipazione dei cittadini al voto (oltre l’80%) e il basso tasso di disoccupazione, che rende l’Olanda una delle note più positive di una Europa che non può più tuttavia attendere verdetti elettorali all’insegna della speranza. Una Europa che ha bisogno di rilanciarsi, sì. Ma per sentirsi vivi, occorre fare di più e per tutti. Una Europa a due velocità rischia di schiantarsi dinanzi ai binari di populismi e progetti alternativi al disegno europeo, a cavallo dei 60 anni dalla sua nascita.
foto da: forexinfo.it
Cosimo Cataleta