Entra nel nostro Canale Telegram!
Ricevi tutte le notizie in tempo reale direttamente sul tuo smartphone!
ROMA, 18 DICEMBRE 2011 - In un'intervista al Corriere della sera, il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, anticipa quelle che potrebbero esser le mosse future del governo Monti e spiega sia come sarà il lavoro nell'Italia del futuro sia la sua riforma della previdenza, «la più dura nella storia d'Italia»[MORE]
Si inizia con i cambiamenti del sistema previdenziale, e precisamente il tema dell'ordine del giorno accolto alla Camera dal Governo, in cui si chiede di togliere la penalizzazione per chi lascia il lavoro prima dei 62 anni, anche se ha 42 anni di contributi, ovvero per i lavoratori che hanno iniziato giovanissimi. La correzione potrebbe finire nel decreto milleproroghe, anche se il ministro Fornero precisa che “un minimo di disincentivo” deve restare, per non fare venire meno la logica del sistema contributivo. «Se vai in pensione prima di 62 anni ci vuole un minimo di disincentivo, perché non dobbiamo venir meno al principio che la pensione si commisura alla speranza di vita».
Alla domanda se ha senso che con questa crisi, anche occupazionale, la prospettiva sia di tenere le persone occupate fino a 70 anni, lei risponde: «Il punto è: il lavoro è ciò che ti dà la pensione. Un buon lavoro ti dà una buona pensione. Il messaggio è: non vi stiamo tagliando la pensione - al netto del blocco della perequazione dovuto all'impegno al pareggio di bilancio nel 2013 -ma vi stiamo chiedendo di lavorare di più, perché questo vi premia». E davanti a lo scetticismo di chi dubita che le aziende terranno i dipendenti sino ai 70 anni, chiarisce che «Qui tocchiamo una anomalia del nostro sistema. La previdenza è stata troppo spesso un ammortizzatore sociale, per cui tutte le riorganizzazioni d'impresa sfociano in prepensionamenti. Accade perché se guardiamo alla curva delle retribuzioni, lo stipendio sale con l'anzianità mentre in altri Paesi cresce con la produttività e quindi fino all'età della maturità professionale ma poi scende nella fase finale, perché il lavoratore anziano è di regola meno produttivo. Da noi non è così e questo fa sì che le aziende risolvano il problema mandando i dipendenti più anziani e costosi in prepensionamento. Anche i lavoratori hanno la loro convenienza con la pensione anticipata. E lo Stato copre questo patto implicito tra aziende e lavoratori anziani a scapito dei giovani. Se vogliamo fare la riforma del ciclo di vita, è proprio per rompere questo patto: non ce lo possiamo più permettere».
L'idea che sta alla base di questa riforma è, quindi, quella di stimolare i dipendenti a lavorare più a lungo e le aziende a tenerli sino ai 70 anni. Idea che si scontra con una realtà lavorativa in cui le persone, raggiunti certi limiti anagrafici non sono più produttive come una volta, anzi avrebbero tutto il diritto di godersi la meritata pensione dopo una vita intera di lavoro.
Un altro punto su cui si discuterà sin dall'inizio dell'anno riguarda la riforma del del mercato del Lavoro. L'idea è quella di un contratto a tempo indeterminato per tutti, incluse la new entry, ovvero i nuovi assunti ,ma con salari più bassi e e aumenti vincolati alla produttività. Lo scopo è quindi quello di tutelare tutti, no solo i dipendenti. L'intervista diventa dunque anche l'occasione per parlare della riforma del Lavoro, e lo fa partendo dai dati Istat da cui emerge che il 40% dei disoccupati ha meno di 30 anni e chi lavora , ha quasi sempre contratti precari. Una tendenza profondamente radicata nel nostro paese e che il ministro intende estirpare « un ciclo di vita che funzioni è quello che permetta ai giovani di entrare nel mercato del lavoro con un contratto vero, non precario. Ma un contratto che riconosca che sei all'inizio della vita lavorativa e quindi hai bisogno di formazione, e dove parti con una retribuzione bassa che poi salirà in relazione alla produttività. Insomma, io vedrei bene un contratto unico, che includa le persone oggi escluse e che però forse non tuteli più al 100% il solito segmento iperprotetto».
Per quanto riguarda l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e alla presa di posizione dei sindacati,li invita a fare discussioni intellettualmente aperte e oneste ribattendo fermamente che non ci sono totem «Sono abbastanza anziana per ricordare quello che disse una volta il leader della Cgil, Luciano Lama: "Non voglio vincere contro mia figlia". Noi, purtroppo, in un certo senso abbiamo vinto contro i nostri figli»
Da ministro delle Pari opportunità ha detto anche di voler dare maggior spazio alle donne nel mercato del lavoro.« che non considero figlie di un dio minore. Sulle donne bisogna invertire la logica delle compensazioni. Non vogliamo queste, ma la parità. Quando sento dire "io lavoro molto e poi devo anche occuparmi di mio marito e della casa" dico che le famiglie condividono ancora troppo poco i lavori di cura».
foto da politica24.it
Maria Assunta Casula