"Venere in pelliccia" di Roman Polanski, personaggi e attori sul filo fra realtà e finzione
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Presentato al Festival di Cannes 2013, il ventesimo lungometraggio di Roman Polanski, Venere in pelliccia, è un adattamento dello spettacolo teatrale Venus in fur di David Ives, ispirato all’omonimo romanzo erotico di Leopold von Sacher-Masoch, pubblicato nel 1870.
Venere in pelliccia è un'opera con un’orchestrazione compositiva di straordinaria efficacia, capace di accostare e di fondere - in un coinvolgente ibrido ove il metateatro intreccia rimandi ad elementi di metacinema - le arti a servizio del teatro con quelle della macchina da presa. Per merito di una regia quasi invisibile che, pur nell’assecondare l’atmosfera del teatro quanto la spettacolarità del cinema, riesce a mantenere un sottilissimo equilibrio fra illusioni contraddittorie, Venere in pelliccia fa sì che suggestioni di varia natura siano amalgamate e soffuse in una gustosa miscela di cui si può cogliere ogni sottile sfumatura cromatica. Su tale sfondo, realizzato con una cura estetica levigata ad arte, si staglia un’ambigua vicenda ove si celano e si svelano i diversi significati stratificati nella scrittura, che rimandano alla lotta di dominazione, fra personaggio e attore, fra personaggio e regista, fra vittima e carnefice, fra maschile e femminile, in un gioco perennemente in bilico sul confine - pericoloso e labile - fra realtà e finzione.[MORE]
Thomas (Mathieu Amalric) è un regista teatrale che sta cercando un’attrice a cui dare il ruolo di Vanda per il suo adattamento del romanzo Venere in pelliccia di Leopold von Sacher-Masoch. All’ultimo minuto arriva in teatro un’attrice apparentemente inadatta al ruolo, che si chiama Vanda (Emanuelle Seigner) come la protagonista della pièce teatrale e che riesce a convincerlo all’audizione.
Il rapporto fra vittima e carnefice è rappresentato utilizzando i codici estetici del sadomasochismo ma sebbene i simboli di riferimento rimandino continuamente ad aree ulteriori di significato, è certo che l’elemento più importante della messa in scena cinematografica, deputato a mettere in moto i meccanismi della fascinazione spettacolare, risiede nella costruzione raffinata dell’universo erotico; con una grande abilità nell’armonizzare spazi, luci, tempi, corpi, Roman Polanski costruisce le dinamiche della seduzione fra un uomo e una donna, soli sul palco di un teatro, la cui interiorità è costantemente declinata in un doppio, che ora si sovrappone ora entra in conflitto con l’altro, generando una fortissima tensione drammatica. In un'epoca in cui siamo bombardati dalle immagini e dal sonoro, è un’altissima sfida - come ha affermato lo stesso regista - tornare al silenzio surreale della scena teatrale, ai corpi sul palcoscenico, ai colori pastosi che la luce scolpisce e accarezza, senza che questa operazione sia avvertita come teatrale, pretenziosa, manieristica o nostalgica, ma riesca ad evocare significati profondi e a creare personaggi di grande complessità e spessore.
Il testo di riferimento, che già proviene a sua volta da un adattamento, nelle mani di Roman Polanski ancor più difficilmente si piega e si presta ad un’interpretazione univoca. Come è cifra caratteristica dell’estetica e delle scelte narrative del regista, Venere in pelliccia rimane aperta sul caos, sull’assurdità della vita, senza certezze, esplorazione di conflitti irrisolti, ambiguità e follie che l’esistenza umana comporta, in discesa verso l’oscurità, negli abissi della psiche, fra le più remote pieghe dell’universo interiore.
I diversi significati stratificati nel testo fanno emergere principalmente l’identificazione fra realtà interiore e luoghi della finzione, a dimostrazione della prossimità spaventosa che esiste fra il personaggio e colui che l’interpreta (l’attore) o fra il personaggio e colui che l’ha creato (l’autore) o scelto (il regista), reinventandolo e mettendolo in scena. Il protagonista della pièce teatrale - attraverso la sua storia e il suo testo - prende lentamente il sopravvento sull’attore, sul regista che dovrebbe dirigerlo e, attraverso quel corpo di emozioni immaginarie, diviene più reale della propria essenza, perché ammette, vive, confessa i suoi vizi, le sue paure, le sue debolezze. In quel personaggio e dietro quel personaggio si nasconde e si svela ogni incomprensibile e inspiegabile verità dell’uomo.
SPOILER
Dunque autore, adattatore, attore, regista sono ugualmente risucchiati dall’immedesimazione; il personaggio, che ne contiene molte verità, inespresse o inconfessabili, consente loro di esprimerle, viverle, senza spiegarle o giustificarle, facendosi corpo attoriale, teatro di finzione; la rappresentazione drammatica diviene luogo di catarsi e sublimazione delle passioni nell’opera d’arte che si offre - pura - a raccogliere ed esprimere l’universalità del sentimento umano. Il testo dunque non smette mai di rispecchiare, di rimandare segretamente a qualcosa, di dominare colui che - affascinato, stregato, avvinto - vi si accosta per la fascinazione nei confronti di fantasie scaturite da conflitti, rimozioni, desideri inconfessati, paure.
L’iniziale carnefice (l’attore o il regista) - colui che si prefigge di plasmare o riconfigurare il personaggio a suo modo attraverso la messa in scena - ne rimane soggiogato, ne diviene vittima. Ed il suo estremo piacere, che darà luogo alla catarsi purificatrice finale, consiste nella sofferenza di rivivere quel rimosso per esserne liberato, esattamente come accade al protagonista, che infine si ritrova legato, nel bel mezzo del teatro, ad assistere alla danza dionisiaca di colei che aveva intenzione di dominare, nella doppia veste di personaggio e attrice, ormai totalmente in suo potere.
Titolo originale: La Vénus à la fourrure
Interpreti: Mathieu Amalric, Emmanuelle Seigner
Origine: Francia, 2013
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 96'
Gisella Rotiroti