Scrivere quello che si vede, senza condizionamenti. Intervista a Vittorio Malagutti
Cronaca Emilia Romagna

Scrivere quello che si vede, senza condizionamenti. Intervista a Vittorio Malagutti

mercoledì 26 settembre, 2012

BOLOGNA, 26 SETTEMBRE 2012 - Vittorio Malagutti è giornalista professionista dal 1986, ha lavorato a Gente Money, Milano Finanza, Il Mondo per poi approdare a L’espresso e al Corriere della Sera. Dal settembre 2010 scrive per il Fatto Quotidiano, raccontando di finanza ed economia e, conseguentemente, di cronaca giudiziaria occupandosi di Cirio, Parmalat, dei bilanci sballati delle squadre di calcio.

Perché hai deciso di intraprendere la carriera giornalistica?

Perché da giovane mi piaceva correre, guardare film e scrivere. Ma per correre e guardare film non ho trovato nessuno che mi pagasse. [MORE]

Hai seguito da cronista alcuni dei più importanti scandali finanziari degli ultimi vent’anni. Quale ti ha colpito particolarmente?

Sicuramente lo scandalo Parmalat. Per l’entità del buco finanziario e per l’omertà totale che per almeno dieci anni ha coperto l’enorme macchina della truffa messa in piedi da Tanzi insieme a una cerchia molto ristretta di persone. Quella vicenda rappresenta un fallimento collettivo per le autorità di controllo ma anche per l’informazione in genere, che non si è accorta di nulla. Anzi, ha santificato il truffatore fino a pochi giorni prima dell’arresto.

Cosa significa fare libera informazione?

Significa scrivere quello che vedi o che trovi senza farsi condizionare.

Oggi la mafia non è presente solo nelle terre del sud, ma anche al nord. E’ è un fenomeno molto complesso, insito nell’ambito economico, finanziario, sociale, politico e anche lavorativo. Perché è estesa in tutt’Italia?

Perché la mafia ha bisogno di reimpiegare il denaro accumulato con le attività illecite e il Sud non offre sufficienti occasioni di reimpiego e di profitto. Al Nord per molti anni c’è stato un sostanziale disinteresse per il fenomeno mafioso. Politici e magistrati hanno tenuto abbassata la guardia. Adesso c’è maggiore attenzione ma recuperare il terreno perduto non sarà facile.

Le mafie italiane sono intrecciate fortemente con il potere, diventando parte integrante del sistema, perché?

Le mafie hanno disponibilità pressoché illimitata di denaro. Di conseguenza la loro capacità corruttiva è enorme. In sostanza sono in grado di comprarsi qualunque politico. In una società corrotta in profondità come quella italiana tutto diventa più facile.

Oggi c’è un’area grigia della società costituita da commercianti e professionisti che fanno da intermediari con la mafia. Cosa si dovrebbe fare per impedire che questo avvenga?

“Follow the money” Seguite il denaro, è l’indimenticabile consiglio di Gola profonda ai due giornalisti del caso Watergate nel film “Tutti gli uomini del presidente”. Ed è appunto questo l’aspetto della lotta alla mafia che va potenziato per bloccare il riciclaggio dei capitali mafiosi affidato a quel’aria grigia di professionisti e commercianti disposti a vendersi a collaborare e a vendersi. Dai primi passi trent’anni fa con la legge Rognoni-La Torre si è fatta parecchia strada. Magistratura e Guardia di Finanza oggi hanno molti più mezzi per individuare i patrimoni e contrastare il riciclaggio.

Il Fatto Quotidiano ha aperto una vera e propria campagna per rompere l’accerchiamento dei pm siciliani che cercano la verità sulla trattativa stato – mafia”. Ritieni sia importante aderire?

Ritengo sia importante sostenere sempre e dovunque i magistrati che fanno il loro dovere. Personalmente non ho aderito alla raccolta di firme promossa dal Fatto Quotidiano, perché per principio non partecipo a raccolte firme, appelli e simili. E’ già molto impegnativo mettere la propria firma sotto un articolo. Mi basta e avanza.

Caso Alcoa. Gli operai erano sul silos e si sentivano presi in giro. Cosa pensi a riguardo?

Penso che la peggiore presa in giro per gli operai sia tenere aperte fabbriche che non hanno la capacità di reggere sul mercato. Quindi le autorità dovrebbero fare di tutto per trovare una soluzione, cioè un acquirente disposto a metter soldi nell’azienda sulla base di un serio piano industriale. Se l’acquirente non si trova, la fabbrica andrebbe chiusa senza sprecare altri soldi pubblici.

Giulia Farneti
 


Autore
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