Romanzo a puntate di Walter Perri Capitolo 2° “La solitudine”
Resilienze Calabria Catanzaro

Romanzo a puntate di Walter Perri Capitolo 2° “La solitudine”

sabato 29 ottobre, 2022

“Eccomi ancora qua, amico mio… Mi sopporti ancora… Ma so che se tu fossi fatto di sangue e carne non sarebbe così… Approfitto ancora del vantaggio… Buongiorno…! Lo so che non rispondi, non ti preoccupare… Del resto è da un po' di tempo che parlo con te e non mi rispondi! Che mi devi dire, del resto…? Che sono un vecchio ormai?… Una persona di cui si può fare tranquillamente a meno e forse sarebbe meglio non ci fosse?… Sai, rispetto il tuo silenzio, amico mio, e lo prendo come un favore… una cosa amicale… Non ti turbare, lo so che è ancora presto… le cinque del mattino  appena… ma a quanto pare quelli che invecchiano dormono di meno e io, ormai, sono tra loro… 

Quando stavo coi miei dormivo con mia madre e mio padre nella loro camera da letto, in quell’appartamentino popolare di cui forse ti ho già parlato… Papà si alzava sempre prestissimo, fosse inverno oppure estate… D’estate sopportavo la cosa … ma d’inverno, soprattutto nei fine settimana, era un castigo… Un giorno gli chiesi perché facesse così e lui mi rispose che era come se il letto lo buttasse giù… la mamma, che era più giovane, mi disse che lui stava invecchiando e che era naturale che si svegliasse cosi presto… io ascoltai la mamma e le credetti sorridendo… e lo sai perché? 

Il papà di un mio caro amico che adesso non c’è più, mi diceva sempre che sono i maschi innamorati che si alzano presto… Amore e sonno non vanno d’accordo… Comunque, quella casetta…! Da aprile a tutto ottobre, ogni mattina era  un incanto!  Quarantacinque metri quadrati che quando aprivi le tapparelle  era un ringraziare il buon Dio di esserci… Un sole da est, che superava, dopo l’alba e l’aurora, i crinali della Sila che si abbandonavano verso oriente e  inondava  di luce la cucina che poi era stata anche soggiorno e camera da letto e  un sole da ovest che a partire dal pomeriggio, infuocava il Tirreno e ti colorava, da spettatore, coi suoi abbagli che confondevano, come in un’estasi, per i tanti colori… Una meraviglia, credimi … Non avrei mai dovuto lasciare forse  quelle casetta… Ci tornerei di corsa ma non posso… 

La vita mi  ha preso con sé come un fiume in piena… Quella casetta, quelle scale, quel portone… non riesco a dimenticarle, sai…? Questa casa che abito è grande, confortevole, ma io darei chissà che cosa per tornare in quell’appartamentino … Una vita di difficoltà a volte,  ma anche una vita di cose belle, che oggi non ci sono più… Accetto la mia età di vecchio, perché sono cresciuto coi vecchi… donne, soprattutto, che mi hanno insegnato tanto…. Cose che mi sono servite  nelle vita ma che non ho potuto trasferire, perché i giovani di oggi non credono più al valore dei vecchi…! I vecchi sono stati il faro della mia vita… ho avuto un padre e una madre vecchi e ho  dovuto capire cosa potermi aspettare da loro per rendere vivibile la nostra coesistenza, non certo aiutata dai piccoli spazi della casa in cui abitavamo e che ancora ogni tanto vado ad aprire, con qualche difficoltà per le scale, anche per risolvere i  conflitti che ho ancora aperti, alla mia età,  dentro di me… Non ho fatto grandi sacrifici con mamma e papà ma mi è capitato spesso, tanto spesso, di andare a studiare in bagno perché il resto della casetta non era utilizzabile… Non credo che i giovani di oggi, compresi i miei figli, accetterebbero di buon grado questa circostanza… Amico mio, non stancarti per le mie storie… il fatto è che ho tanto da raccontare e la solitudine fa il resto … Forse ti dò noia… oppure no…  sei sempre così silente… 

La prendo come una dichiarata disponibilità ad ascoltarmi ancora… Forse ti ho già tediato con questa storia ma la mia vita  a fine estate 1968 ha preso una botta … a novembre di quell’anno…  io avevo sei anni e da qualche tempo, avevo intuito che in casa qualcosa stava cambiando… sentivo discorsi strani, di partenze… Ma ero troppo piccolo per intervenire nelle discussioni… Il primo ottobre del 1968, poi,  per me fu un giorno funesto… la prima elementare… allora il primo giorno di scuola era un giorno di disperazione per tutti i bambini interessati… non immagini i pianti… si raccontava di alcuni maestri e alcune maestre sadici che si divertivano ad umiliare gli alunni, arrivando a punizioni estreme, come la più temuta: i ceci sotto le ginocchia… si trattava di un supplizio degno di Gengis Khan… il maestro o la maestra, deponevano a terra dei ceci secchi su cui facevano inginocchiare il povero malcapitato o la povera malcapitata… cose così un tempo  erano di casa a scuola ed erano  considerate normali ed educative… Nessuno osava ribellarsi di fronte a pratiche che anche le famiglie accettavano e consideravano funzionali ai risultati educativi aspettati, che erano di avere alla fine, nel caso di un maschio, uno pronto anche alla soma e, nel caso di una femmina, una pronta e rassegnata all’epilogo naturale della sua gioventù, cioè sposarsi senza tante storie, tanto meglio con qualcuno che veniva dal ricco nord, come  tante ragazze  del paese che avevano sposato gente  scesa per questo  dalle nostre  parti… 

Per fortuna quando iniziai ad andare alle elementari, le cose erano migliorate… al massimo qualche colpo di bacchetta… anche il mio maestro aveva la bacchetta… Una specie di segno del comando, che faceva bella mostra di sé sulla vecchissima cattedra, come vecchissimi erano i banchi, ancora col buco per la boccetta dell’inchiostro… Ma lui era uno che andava molto in empatia con noi alunni  e le poche volte che l’usava, lo faceva più  simbolicamente che per altro…. Così, per il ristabilirsi  dei ruoli… Insomma, per concetti che non ci sono più nelle scuole di oggi...

Comunque… Uhm...Dove ero rimasto…? Hh, si! Al novembre del ‘68… Sai cosa successe? Una mattina mi svegliai e non trovai più in casa i miei fratelli e il mio papà… La disperazione fu l’unica cosa con cui ebbi a che fare per giorni,,, Con le lacrime versate avrei potuto riempire nuovamente le fiasche di Carducci… Una storia amara… che mi porto ancora con me… a questa età… E ne sono passati di anni…! Mi dicevano che erano emigrati e si aspettavano che io licenziassi la vicenda come una necessità storica e sociale ineluttabile… Ma io ero troppo piccolo e non ci sono mai riuscito… La mia è sempre stata una percezione vivida di violenza… agli affetti che da bambino stavo costruendo e  all’idea di famiglia che, a sei anni, tra tutte le difficoltà che caratterizzavano ogni giorno la convivenza  in quella casetta,   scommettevo un giorno  sarebbe  stata realtà…

Va bene… ora si è fatto giorno amico mio… e guarda che bella giornata che è venuta fuori… ! Questi strascici d’estate, portano meraviglie!… Non ti sei annoiato, no,  a sentirmi…?… spero…Tu sei sempre stato benevolo con la mia solitudine, probabilmente perché hai capito che ho fatto di lei una compagna di vita, una specie di consigliera… La solitudine non è di per sé una cosa brutta… Anzi, se la sai ricevere e apprezzare ti ricambia in tante cose… Ti fa accorgere di quello che  avevi dimenticato e, sopratutto, ti aiuta tanto a leggerti dentro scoprendoti aspetti di te che nel fragore della condivisione della vita con gli altri, non avevi conosciuto… Certo, la solitudine non deve diventare introversione; ma se la sai ascoltare è lei stessa che ti dice come evitare che questo accada… E’ così brava a farti fare le cose migliori di te che poi non puoi fare a meno di farle vedere agli altri, aprendoti ad essi e facendo di te un essere poliedrico ed esperto nella gestione di sé e del proprio rapporto con il mondo di fuori... 

Lo so, approfitto di te… Forse gioco facile… Non rispondi! Non mi tieni testa! Magari dico fesserie e tu non mi contraddici...! Lo sai?… sei diventato il mio confessore personale… sto così bene con te… ! Purtroppo mia figlia ha avuto la bella idea di mettermi in casa  qualcun’altra con cui stare a parlare… Hai sentito l’altra sera Giulia? Mi porta in casa  una signora straniera che si occuperà di me, come se fossi un mentecatto!… Sembra sia  colta e  si preoccuperà se qualcuno suona alla porta o chiama al telefono… Ma per questo, dico, c’era bisogno di tanta cultura? Comunque capisco la sua preoccupazione… deve partire a giorni per lavoro… il fratello ha i suoi guai… vuole che io  stia tranquillo affinché anche lei lo possa essere… Andrà così lontano!… Credo che solo tu, amico, potrai alleviarmi con la tua silenziosa comprensione gli affanni che questi figli mi danno…devono farsi la propria vita… e questo lo capisco!… 

Ma per un vecchio padre, anche questo ha un prezzo… ! Adesso, ti chiedo di fare la cosa per cui tanti anni fa ti misi in questo bagno… ti chiedo ancora di farmi un po' di compagnia…   Guardami e assistimi… adesso   mi faccio la barba…lo sai che non riesco a farne a meno… è una specie di rito di ogni giorno, crema,  pennello e mano a volte incerta, come papà!…  Capiscimi, ma credo solo di potermi fidare di te…e della mia solitudine, prezzo prezioso dei miei anni…  Alla fine: ...,chi è là, chi parte, chi non c’è… Ma tu e la mia discreta signora, la mia consigliera muta,  ci siete ancora e per ora, questo è quello che voglio e quello che solo vorrei fosse per sempre. Ops!… Mi sono tagliato…! No…! Non ti preoccupare…! Non è colpa tua…! Sono io che parlo troppo...



Walter Perri


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