Rita Grande: Metodo e supporti pedagogici per il morbo di Alzheimer
Salute Calabria

Rita Grande: Metodo e supporti pedagogici per il morbo di Alzheimer

domenica 3 giugno, 2012

A cura della pedagogista Rita Grande
Catanzaro 3 giugno 2012 - Il morbo di Alzheimer l’ho vissuto nel mio originario ambiente familiare: con Vittoria, mia sorella che amavo e amo e che, per me, rappresentava un modello da imitare.

Educata, bella, fine nei modi e nelle realtà comportamentali, servizievole e paziente nei confronti di noi sorelle più piccole. Amorevole, solerte e accorta ai nostri problemi sociali, familiari, culturali. Anche da sposata ,ci seguiva con immensa solerzia. Rimasta vedova, cominciò dopo tanti anni di sofferenza, a isolarsi dalle persone e anche, a poco a poco, da noi familiari, assumendo atteggiamenti un po’ aggressivi, deteriorando i suoi aspetti più belli e dolci. Ricoverata a Catanzaro, incominciò ad avere inappetenza. Inizialmente non venne capita la sua malattia, poi, ricoverata a Roma, ci comunicarono da lì che mia sorella era affetta da Alzheimer.

Volli approfondire da sola questa patologia nuova per me e per noi tutti. Mi chiedevo:perché si chiama Alzheimer? Approfondii che prende il nome da Alois Alzheimer, un neurologo tedesco che nel 1907 ne studiò aspetti e sintomi neuropatologici. Il medico studiò il cervello di una donna già spirata affetta da un’insolita malattia mentale. Notò la presenza di agglomerati, poi definiti “placche” e fasci e fibre aggrovigliate. Oggi, nei malati affetti da demenza di Alzheimer, si osserva una perdita di cellule nervose nella sfera della memoria e di altre funzioni cognitive.[MORE]

Il 20% della popolazione italiana soffre di Alzheimer e i casi, nel Paese, sfiorano i 500.000. Nel mondo ci sono 26 milioni di persone affetti da tale patologia. I dati sono stati raccolti al convegno di Biografia e biologia organizzato da –Federazione Alzheimer e Fondazione Golgi Cenci-, in occasione della XVI Giornata mondiale Alzheimer.
E’ stato appurato che i pazienti affetti da Alzheimer, anche se hanno un grave deficit nel linguaggio, riescono a ricordare le parole delle canzoni e, quindi, la musica è per loro stimolante. La musica è un linguaggio in cui i pazienti possono riconoscersi. E’ come un ritorno a casa.

Una metodologia pedagogica da adottare, nell’ambito di un Istituto che si dedica totalmente alla cura di tali pazienti, sarà un supporto di CD, audio-cassette, DVD con su impresse canzoni sia di tempi che ricordano la loro giovinezza (e, nel caso di mia sorella, dagli anni ’60 agli anni ’80) e sia brani attuali surrogati da filmati semplici legati a storie d’amore, a storie religiose, il tutto girato a livello di cartoni animati.

L’educazione al teatro, alla musica, al canto, alla danza saranno i punti focali su cui verteranno gli educatori coadiuvati da psicologi, pedagogisti e assistenti sociali coordinati, naturalmente, dai dottori e da tutta l’equipe medica. Un ruolo importante dovrà essere svolto dagli operatori che, tra un’assistenza e l’altra a livello fisiologico e medico, cureranno con amore i pazienti canterellando e ripetendo filastrocche piacevoli per far bene articolare il linguaggio che, per questo, non impigrirà. Anche la passeggiata quotidiana, con l’ausilio di una fisioterapista e di familiari, garantirà l’orientamento spaziale e rafforzerà la volontà a camminare con piacere e non intorpidirà la muscolatura. I pazienti affetti da Alzheimer hanno bisogno di tantissimo amore e mia sorella Vittoria ha conservato il sorriso che la contraddistingueva anche prima dell’esordio della malattia. Appena mi vede mi riconosce e mi colloca nell’entità di “sorella”. Spesso e volentieri mi chiama col nome della figlia e alla figlia le attribuisce il mio nome ed evidentemente la mia entità come –persona-.

Quando questi pazienti scambiano le entità è perché (secondo una statistica) vogliono far rientrare tutte le persone che ruotano intorno a loro (sia parenti che amici) in un’unica “categoria di grande amore e affetto”

Vincenzo Marigliano (geriatra di Scienze dell’invecchiamento) come cattolico avvalora la tesi sull’ “amore” che deve caratterizzare il comportamento sia dei parenti e sia degli operatori che circondano il paziente affetto da Alzheimer. Secondo il nostro geriatra (V .Mar.) coloro che assistono i pazienti affetti da Alzheimer (e si riferisce soprattutto ai figli, ai mariti, alle mogli) si preparano per il “paradiso” in virtù di questo “Amore” che si riversa su questi malati.
A mio avviso, sempre con amore, gli educatori usufruiranno di variegato materiale didattico come colori, plastilina, puzzle e di libri di racconti figurati vivaci nello stile e delineati semplicemente e realisticamente.
Occorrerà stimolare il piacere alla lettura, oculatamente si sceglieranno brani di entità morale e a carattere edonistico. Anche i libri sugli animali, sul mondo della natura e sulla creazione saranno da stimolo per i pazienti di Alzheimer. Si reciteranno poesie e filastrocche sempre accompagnate da musiche di sottofondo. L’ausilio di lavagne luminose, poi, stimoleranno l’attenzione dei pazienti e s’incentiverà l’unica parte del cervello non lesa dalla “malattia” . A livello logico-matematico si ritornerà ai tempi della scuola primaria : facili calcoli, numerazione progressiva e regressiva, tabelline.

La “terapia occupazionale, la terapia di contatto e affetto” sono, secondo Vincenzo Marigliano, ottimi meccanismi , attraverso cui, i pazienti di Alzheimer migliorano. Oggi si sta cercando un tentativo di vaccinazione e, secondo V.Marigliano, le prove effettuate sugli animali sono state positive e, quindi, si stanno effettuando le prove sugli uomini e si spera di ottenere buoni effetti. Per i docenti di Validation ci sono moltissimi farmaci che
sono efficacissimi ( Valeria R.) e che possono effettivamente diminuire i disturbi comportamentali. Secondo Patrizia Spadin (Presidente Associazione Italiana malattia Alzheimer), per l’assistenza ai pazienti affetti da Alzheimer, si può ricorrere alle badanti che, però, andrebbero formate e c’è un corso preparatorio in merito.
Per Gabriella Salvini Porro le istituzioni dovrebbero creare dei servizi efficienti e all’avanguardia, poiché l’Alzheimer è un problema sociale. E, per concludere, ricordiamo Rita Levi Montalcini che ha scoperto il fattore di crescita nervoso, in materia di Alzheimer.

Se per alcuni conduttori di “Dossier” (Carla Boroncelli e Chiara Prato) i pazienti di Alzheimer sono “come alberi senza memoria” noi, come parenti più stretti, col nostro “Amore”
potremmo far rinvigorire le loro foglie, a tal punto, da rendere questi pazienti capaci di dare linfa anche ai cuori più induriti.
Pedagogista Rita Grande


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