TabulaRasa Festival 2013, i protagonisti e gli interventi della prima settimana
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REGGIO CALABRIA, 9 LUGLIO 2013 - Nato dall’esigenza di accrescere la conoscenza, al fine di raggiungere l’obiettivo di un riscatto culturale della Calabria e dei calabresi nel mondo, il Festival “TabulaRasa” diventa anche quest’anno palcoscenico di una serie di significative espressioni del “libero pensiero”, in cui si sono alternati numerosissimi ospiti provenienti da diverse Nazioni del mondo.
L’inaugurazione del Festival 2013 è avvenuta lo scorso 28 giugno. In quell’occasione Raffaella De Marte, addetta stampa e social media manager del Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz, e Federico Taddia, conduttore de L’Altra Europa su Radio 24, hanno dibattuto della coesione tra i popoli dell’unione europea e dell’importanza della comunicazione. Il tutto presso l’Università per stranieri “Dante Alighieri” nel momento importante del suo accreditamento presso il Miur.
Tra i vari interventi di Federico Taddia, ricordiamo quello in cui il conduttore di Radio 24 ha rivelato il suo sogno di una Europa che viva nel riguardo per le disuguaglianze: “Si respira ancora troppo il lato negativo dell’Europa e questa si presenta come un blocco freddo, complicato, incomunicabile”. “Sogno un’Europa delle opportunità, nel rispetto delle diversità, non credo all’Europa tutta uguale, formato-Ikea, altrimenti gli europei continueranno a lungo a sentirsi figli di una madre ignota”.
Raffaella De Marte, invece, ha voluto sottolineare degli aspetti comunque positivi di questo blocco importante di Paesi che è l’Europa: “Resta pur sempre la potenza più ricca del pianeta, quella col PIL più alto del mondo ed ha un potere globale che se si riuscisse a far valere in termini di negoziazione ai tavoli dei trattati garantirebbe un’altra storia; ma l’Europa è pur sempre quella che fa capo a 27 Governi diversi ed alla fine questo complica tutto”. “Questa Europa per la prima volta sta facendo vivere a circa 500 milioni di persone un periodo di pace e prosperità che, così lungo, non si era mai verificato nella storia”.
Lo scorso 1 luglio sono intervenuti, poi, Raffaella Calandra, giornalista di Radio 24, e Federico Cafiero de Raho, Procuratore di Reggio che, a pochi mesi dal suo insediamento, è sembrato pronto ad affrontare la “sfida del secolo, quella alla 'ndrangheta”. Ha parlato di un “vuoto assoluto a Reggio Calabria” di un “isolamento” e della sua volontà di capire se “dietro questa logica esista una volontà precisa”. Ma ha espresso anche la sua convinzione della possibilità di un progresso che può esistere concretamente per la città sullo Stretto: "Vedo una Reggio fatta di persone per bene, di gente che crede nei propri diritti e in quelli della comunità". Riguardo l’attività della Procura ha poi fatto capire che si lavora duramente e ottenendo risultati: “Ultimamente abbiamo posto l'attenzione anche sul tema della violenza sulle donne nei contesti criminali. E' uno degli aspetti attraverso i quali la 'ndrangheta si manifesta. La violenza che inizia all'interno della famiglia e poi si estrinseca anche fuori”.
Il 2 luglio è intervenuto, invece, Nicola Gratteri, Pm antimafia di Gerace. Gratteri, già ospite in passato di Tabularasa, parla sempre con lo stesso piglio, un po’ tra il serio e il faceto: “Dico le stesse cose da 20 anni le ripeto come un pappagallo. Ormai ho anche una discreta esperienza da soubrette”. Ma i suoi interventi si fanno subito di tono grave, soprattutto quando si parla della situazione delle carceri: “Dicono che i mafiosi hanno più paura dei sequestri di beni che di andare in carcere. Il problema è che in media si fanno appena 5 anni che non sono nulla di fronte alla possibilità di decidere nei minimi dettagli la vita civile, economica e sociale di un territorio. Iniziamo a pensare di innalzare le pene e vedrete come la situazione cambierà radicalmente”.
E poi continua dicendo: “Contro il sovraffollamento carcerario ci sono sistemi semplicissimi basta costruire nuove carceri oppure riaprire quelle dismesse. L'Asinara, ad esempio, o Pianosa, all'interno della quale esiste una sala operatoria che è molto meglio di quella dell'Ospedale di Locri. Ci sono tante carceri militari vuote. Perché non si riaprono? Perché i detenuti stranieri non vengono trasferiti negli istituti penitenziari dei Paesi di provenienza?”. “E per i detenuti dovrebbe essere previsto il lavoro come rieducazione, come terapia. Ci sono soggetti che entrano a 50 anni in carcere senza aver mai fatto un giorno di lavoro in vita loro. Pensate quanto sarebbe rieducativo per loro andare a ripulire le strade e le piazze del paese dove hanno commesso i crimini. Sarebbe una vittoria per lo Stato. Io sono contrario a qualsiasi forma di anche il peggior detenuto deve essere rispettato ma dobbiamo avere il coraggio di parlare di queste cose''.
Significativo anche l’intervento del 5 luglio di Guido Crainz e Paolo Mieli, giornalista quest’ultimo e presidente di “Rcs Libri”, che hanno fatto vivere un viaggio attraverso la storia di un’Italia che ormai non esiste più. “Noi siamo il frutto di un percorso politico e sociale – afferma Crainz – che dagli anni ’80, subito dopo la morte di Moro, è precipitato attraverso l’illecito, attraverso una giustizia che la classe dirigenziale pensava di poter derogare secondo i propri bisogni, secondo la propria idea parziale della giustizia stessa. Che tutto fosse da ricondurre al terrorismo era solo una illusione”.
Ed è invece Paolo Mieli a sottolineare un legame tra i Moti di Reggio Calabria e il sequestro-omicidio di Aldo Moro. “In entrambi i casi sfuggono i fondamentali della dinamica. Il Paese digerisce i due episodi mettendoci una coperta sopra e non cercando la verità. Cospirazione mafiosa, terrorismo neofascista, una strana rivolta di popolo che ebbe l’appoggio di alcuni leader della sinistra, le spiegazioni date per ciò che accadde qui a Reggio, erano e sono diverse, a seconda di chi le dà”.
Ospiti la sera del 6 luglio sono stati invece Alberto Franceschini e Giovanni Fasanella, storico fondatore, con Renato Curcio e Mara Cagol, delle Brigate Rosse il primo, e giornalista e scrittore che ha raccontato quella parte di storia, il secondo. La presentazione di un personaggio come Franceschini, fatta da Branca e Mortelliti, direttori di strill.it, sottolinea un po’ anche il peso di ospitarlo: “Qualcuno potrà non gradire che su questo palco ci sia seduto Alberto Franceschini, ma chiaramente diciamo che a Tabularasa, partecipa chiunque essenzialmente possa dire qualcosa sulla storia comune del nostro Paese e sarebbe folle non farlo. Non esiste e per noi non esisterà mai, che non si possa avere voce”.
Fasanella tenta nella stesura del libro-intervista “Che cosa sono le Br” di colmare i lati oscuri di quel periodo particolare della nostra storia. “Noi ancora oggi non sappiamo realmente perché è stato fatto l’omicidio Moro. Vivere un trauma come quello – dice Fasanella – e cancellarne il ricordo non è mai una soluzione, perché restano dentro le emozioni che poi bruciano e l’Italia oggi ha bisogno che si colmi quel vuoto per andare avanti”.
Interviene poi Franceschini, che da tempo non parlava più in pubblico: “Ammetto che se non ci fosse stata la strage di piazza Fontana, probabilmente noi non saremmo nati. Loro si stavano organizzando e noi dovevamo rispondere”.
Si parla un po’ di tutto, della storia delle Br, di una vita difficile fatta di clandestinità, e si parla molto del caso Moro, del perché si scelse di uccidere lui, fino a giungere anche all’attualità, all’Italia di oggi ed ai problemi che vive: “L’Italia di oggi – dice Fasanella – non mi piace, non piace a nessuno, io la rivolterei come un calzino, ma con strumenti che non hanno nulla a che vedere con la violenza. Semplicemente esercitando i miei diritti”. “A me Grillo – sottolinea poi Franceschini – sta anche antipatico, ma almeno con i grillini, adesso si inizia a discutere di tematiche vere, quelle che coinvolgono i cittadini”.
(Foto dalla pafina facebook Tabularasa Strillit)
Katia Portovenero[MORE]