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Come avrete capito dal titolo, l'argomento di oggi è Rino Gaetano, una figura sulla quale si è detto di tutto e di più, ma che oggi proveremo ad analizzare dal punto di vista prettamente musicale.
Tuttavia, prima di iniziare, volevo parlarvi del nuovo collaboratore di InfoOggi della sezione musica, Andrea Portieri: sicuramente avrete già avuto il piacere di leggere un paio di suoi articoli, tra i quali l'ultimo sull'ultimo album degli Yes, per cui non c'è bisogno che vi spieghi il motivo per cui abbiamo deciso di accogliere a braccia aperte la sua collaborazione, dal momento che è evidente la sua preparazione sugli argomenti dei quali trattiamo.[MORE]
Che dire ancora? Ne vedrete delle belle!
Ma torniamo al tema di oggi, Rino Gaetano: una figura, come dicevo prima, che soprattutto negli ultimi tempi (grazie anche alla fitcion di rai 1, che tra l'altro ho apprezzato) è stata riscoperta. Beh, c'è da chiedersi perchè ci sia bisogno di "aiuti esterni" per s-coprire uno dei più grandi interpreti della musica, quando invece sarebbe il caso di "coprire" uno a caso dei fenonemi da baraccone odierni (ma anche tutti!).
Mi sembra, tuttavia, che, benchè la figura del cantautore di Crotone sia stata sviscerata di tutti i possibili aspetti personali, non si sia mai data la giusta importanza al lato artistico e musicale delle sue composizioni.
Si tende a dimenticare che il nostro è stato capace di regalarci a soli ventiquattro anni un disco come Ingresso Libero, certamente inferiore come verve e come gusto alle sue successive pubblicazioni, ma comunque impensabile da raggiungere per i mielosi "cantautori" nostrani (con le dovute, Caposseliane, eccezioni).
Forse sarò un po' di parte, ma quanto è difficile adesso sentire un brano come " E la vecchia salta con l'asta"? Beh, qualcuno dirà che magari l'intonazione non è precisissima. D'accordo, ma, fatto presente che ai tempi non si usava correggere le stonature con i programmini permettendo anche ai cani di cantare, sono dettagli che riescono a passare in secondo piano rispetto ai valori di un disco che riesce a mescolare quel che di folk italiano, quel che di rock, e quel che di pop che già rendevano unico Rino Gaetano. Magari è un album più difficile da assimilare dei successivi, ma comunque da ascoltare.
Ma il botto, quello vero, è due anni dopo con "Mio fratello è figlio unico". Basti pensare alla canzone omonima, attualissima, un attacco all'alternatività forzata, al voler per forza staccarsi da una massa finendo, ineluttabilmente, a far parte di un'altra. Una diversità fine a se stessa, dunque, che sottolinea il bisogno dell'uomo di appartenere a un gruppo.
Tuttavia, "Mio fratello è figlio unico" è anche Berta Filava, una canzone tutto sommato allegra, sentimento sottolineato anche dalla leggerezza della composizione. Un'allegria che però nasconde un signifcato molto più profondo, come sempre avviene in Gaetano. C'è chi ha identifcato Berta con l'Italia stessa, che mentre filava dritto, all'apparenza indstruttibile, nascondeva nell'armadio le sue magagne. Ma c'è anche chi ha voluto attribuire ai vari nomi presenti nella canzone i corrispettivi politici che hanno caratterizzato quegli anni, da Moro a Berlinguer.
"Aida" è forse il mio album preferito di RIno Gaetano. Una serie di brani arrangianti con grande maestria e perizia, testi come al solito allegorici e pregni di significati che vanno ben oltre le parole che superficialmente potrebbero dire poco o nulla. Si passa dal rock, al pop, alla musica tradizionale, al country, ad accenni anche ai ritmi latini ne "La festa di Maria. Il genere non c'è, c'è solo Rino.
Ed ecco "Nuntereggae più", l'album forse più controverso del nostro. Contiene quello che in termini commerciali è il suo più grande successo: Gianna. Se devo essere sincero, non ho mai amato questa canzone, e sono stato felice di scoprire che la mia opinione coincide con quella di Rino, che fu praticamente obbligato dalla sua casa discografica a partecipare a Sanremo che, anche se aveva tutta un'altra faccia rispetto alla parodia di oggi, era evidentemente in contrasto con l'anticonformismo del cantautore, che comunque lo vinse proprio grazie a Gianna. L'album comunque si distingue per una predominante spensieratezza delle composizioni che contrasta con lo spietato sarcasmo dei testi. Si distngue invece per la sua malinconia e l'aria quasi "parigina" Dans Le Chateau, dove una fisarmonica e una chitarra accompagnano l'ascoltatore in un viaggio oltralpe.
Mi perdoneranno i fan più accaniti se non dedico più di qualche riga a "Resta vile, maschio", del 1979 ma è un album che non amo molto, benchè si lasci gradevolmente ascoltare soprattutto grazie al brano "Nel letto di Lucia, un ottimo brano con interessanti intrecci tra chitarra elettrica e archi. Ecco, a mio parere in questo album ci sono un po'troppi archi. Ma vabbè, de gustibus!
Ma veniamo a "Io ci sto", un album davvero pazzesco, che si apre con la canzone omonima caratterizzata da una strofa veramente rock, dura, granitica, intervallata da un ritornello più melodico e che termina con una lunga dissertazione strumentale con un dialogo tra chitarra, ottoni e pianoforte.
Ti ti ti ti è per quanto mi riguarda il pezzo più toccante e più intimo di Rino Gaetano; un arrangiamento impeccabile che vede intrecciarsi un basso e una chitarra mai banali sostengono la voce di Rino, che sembra rivelare tutto se stesso, tutta la sua rabbia, tutta la sua unicità. Da sottolineare l'ottimo assolo in conclusione del brano.
Tra gli episodi più interessanti dell'album è da ricordare anche Jet Set, brano dalle tinte addirittura reggae, e il cui ritmo alle volte si incrocia con le melodie degli archi dando vita a un dialogo veramente interessante.
Sulla morte di Rino Gaetano si è detto troppo. Noi vogliamo credere che si sia trattato solo di un tragico incidente, e ci limitiamo ad ascoltare le sue canzoni, i cui testi potrebbero essere benissimo scritti oggi. E sono sicuro che anche Rino non si stupirebbe di questo.
Paolo Rebellato