Venezuela, migranti in fuga: è emergenza in tutto il Sud America
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CARACAS, 31 AGOSTO - La crisi economica che in Venezuela sta spingendo alla fuga diverse centinaia di persone moltiplica al contempo le iniziative nazionali e regionali in America Latina. Colombia e Perù, al termine di una riunione a Bogotà, hanno annunciato di aver stipulato un accordo per scambiarsi informazioni sulle centinaia di venezuelani accolte in questi mesi. [MORE]
Si tratta del primo passo verso una politica regionale volta alla gestione dell’esodo dal Venezuela, che verrà discussa in modo ufficiale durante il vertice di settembre a Quito. Dei tredici Paesi invitati, hanno già confermato la loro partecipazione Colombia, Brasile e Cile. Si attendono conferme da Argentina, Bolivia, Costa Rica, Messico, Panama, Paraguay, Perù, Repubblica Dominicana, Uruguay e Venezuela.
L’Organizzazione internazionale per le migrazioni, intanto, ha annunciato che la situazione attuale rischia di raggiungere la gravità di quella del Mediterraneo. I segnali di allarme provenienti dalla regione preoccupano Oim e Unhcr, che negli ultimi giorni hanno lanciato appelli ai Paesi vicini affinché non chiudano le frontiere ai migranti.
Secondo le stime dell’Onu, i venezuelani immigrati in altri Paesi dell’America Latina dal 2015 sarebbero 1,6 milioni. La Colombia ne ha temporaneamente regolarizzati 820.000, il Brasile nei primi sei mesi del 2018 ne ha accolti circa 60.000, il Perù oltre 400.000 e prevede che il totale salirà a mezzo milione entro novembre.
Nicolas Maduro, dal canto suo, invita i cittadini a “smettere di lavare i bagni all’estero e tornare a vivere in patria”. Il presidente venezuelano afferma di aver compiuto riforme mirate a risollevare l’economia nazionale, ma la realtà sembra essere ben diversa: “È un disastro, non abbiamo alimenti di base. Le misure sono pure bugie, porteranno ancora più fame e disoccupazione”, dice all’agenzia AFP il dottor Marielsi Ochoa.
Il governo venezuelano continua nelle misure per cercare di generare capitale: l’obiettivo è di invertire al contempo la recessione e l’iperinflazione che attanagliano il Paese. Il salario minimo è stato alzato del 3.400%, la valuta ridenominata e ancorata a una discussa crtiptomoneta, il petro. C’è stato inoltre un aumento dell’imposta sul valore aggiunto e sono stati ridotti i sussidi per il carburante. Gli esperti dicono però che tutto questo non risolverà la più grande crisi della storia recente dell’America Latina.
Claudio Canzone
Fonte foto: ilpost.it