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BOLOGNA, 19 DICEMBRE 2014 - Una sanità che sta cadendo a pezzi in Emilia Romagna. Questa è stata l’opinione condivisa dai vari ospiti che lo scorso 10 dicembre hanno partecipato al dibattito promosso dal gruppo “La Bologna che c’è”. “La sanità emiliano romagnola – ha detto Fabio Garagnani, portavoce del gruppo “La Bologna che c’è” – sta perdendo la sua eccellenza per due motivi principali: mancanza di un’offerta pluralista e una politica troppo ingombrante che penalizza il cittadino con disservizi che vanno dalle lunghe lista d’attesa al depotenziamento di molti ospedali”. [MORE]
Giuliano Bugani, coautore del documentario “Mani sulla Sanità” ha condotto il dibattito portando i presenti ad evidenziare numeri e fatti che la maggior parte dei cittadini non sa, anche per uno scarso interesse da parte dei media che preferiscono avere altre priorità. Tra i grandi assenti la CGIL che non ha risposto all’invito, l’assessore alla sanità Emilia Romagna uscente e l’assessore alla sanità del Comune di Bologna. L’articolo 32 della Costituzione Italiana ribadisce il diritto alla tutela della salute del cittadino, ma siamo sicuri che questo venga rispettato? “Lo scorso 17 luglio, - ha ricordato Daniele Bedetti, del sindacato Fials Nazionale - c’è stato il cosiddetto patto della salute 2014- 2016 un accordo finanziario e programmatico tra il Governo e le Regioni in merito alla spesa e alla programmazione del Servizio Sanitario Nazionale, finalizzato a migliorare la qualità dei servizi. Lo stanziamento prevedeva un aumento del finanziamento del Fondo Sanitario Regionale tale da portare le risorse nel 2014 a 109,928 mld di euro, aumentarle nel 2015 a 112,062 e nel 2016 a 115,444 mld di euro. Per la sola Regione Emilia Romagna questo avrebbe rappresentato una dotazione maggiore di risorse di circa 250 milioni di euro nel 2015 ed altrettanti per il 2016. Passata l’Estate il Governo decide di tagliare di 4 mld di euro il finanziamento alle Regioni il cui bilancio è mediamente composto per il 75% dalla spesa sanitaria. Se la legge di stabilità verrà confermata così come proposta dal Governo questo si tradurrà inevitabilmente in una drastica riduzione dell'offerta sanitaria pubblica mettendo in crisi i vari modelli sanitari regionali. I tagli hanno avuto il risultato di ricadere sul cittadino, poiché gli operatori del settore non sono più nelle condizioni di offrire qualità nelle prestazioni, visto il perpetrare del parziale blocco del turn over associato all'ennesimo rinvio dei rinnovi dei contratti di lavoro. In questo modo i cittadini sono sempre più tassati ricevendo in cambio meno servizi e gli operatori sempre più mortificati dal proprio datore di lavoro”.
“Solo in Emilia Romagna in alcuni ospedali - ha evidenziato Nicola Zagatti, del Coordinamento Civico Sanità Emilia–Romagna di Ippocrate, - sono stati spesi miliardi di euro per la ristrutturazione di alcuni ospedali, stanziati nel 2010 durante il governo Errani. Solo per dare alcune cifre: 28 milioni di euro per l’ospedale di Porretta Terme, 13 milioni di euro per l’ospedale San Camillo di Comacchio. Oggi: all’ospedale di Porretta è stato tolto il reparto nascite e quello di Comacchio è diventato una Casa della Salute”. A cosa sono serviti tutti quei soldi investiti, peraltro soldi dei cittadini? 45 anni fa arrivava a Bologna Giancarlo Pizza, Presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Bologna perché attratto dall’alta professionalità che investiva i poli sanitari di Bologna. Il S.Orsola-Malpighi aveva il 45-50% di attrattività nei confronti del paziente fuori regione, oggi, riporta che è scesa ad un irrisorio 16%. Pizza accusa i politici di aver depauperato il patrimonio sanitario emiliano romagnolo perché a suo avviso non c’è una cabina di regia che metta insieme la ricerca, l’insegnamento e l’attività sanitaria. Le varie fondazioni, secondo Pizza, distribuiscono i loro contributi per conoscenza e il “filo rosso” che fino ad ora ha collegato l’ideologia all’attività non ha funzionato. Perché non c’è la CGIL stasera? Questo si è chiesto Alfredo Sepe, Responsabile Fials Regionale. Secondo lui perché è un sindacato che nasce da un partito politico al governo in questo momento. La CGIL è il maggiore imputato di quello che sta succedendo perché a suo avviso non ha fatto abbastanza opposizione alle scelte del Governo, non accogliendo in questo modo le istanze di quanti ne fanno parte. Sepe è convinto che la CGIL è un’organizzazione che non ha libertà d’azione e non tutela i lavoratori, lo ha definito come il sindacato della casta.
Altro imputato nel declino sanitario, secondo Garagnani è la mancanza di opposizione di un centro destra asservito, in questa regione, alla sinistra. Cita il recente protocollo d’intesa in cui le cooperative si occuperanno della parte assistenziale sanitaria. Gli ultimi scandali sulle cooperative parlano chiaro di dove si arriverà. Qualcuno si è chiesto cosa sono le Case della Salute? Zagatti in proposito è stato molto duro dicendo che sono una menzogna per prendere in giro la gente. Laddove gli ospedali si depotenziano diventano Case della Salute, quindi ex-ospedali che svolgono prestazioni di primo livello (attività ambulatoriale). Sembra che in Emilia Romagna ci siano 11 Case della Salute, ne sono in programma 23 e l’obiettivo è arrivare a 43. In merito alla riorganizzazione della sanità bolognese si è espresso Sepe dicendo che non è condivisibile concentrare la maggioranza dell’attività di cure specialistiche in un unico presidio sanitario HUB (ospedale Maggiore) depotenziando gli ospedali della provincia, (detti presidi ospedalieri Spoke). A questi ultimi si demanda l'assistenza di bassa complessità, con l’inserimento delle case della salute (piccole -medie -grandi) a seconda del territorio. Questo meccanismo crea un intasamento e un allungamento delle liste di attesa, visto che i cittadini bisognosi di prestazioni di alta specializzazione si rivolgono al presidio HUB che non ha risorse umane e logistiche per smaltire questa grande mole di richieste. Inevitabilmente, la cittadinanza, considerando i lunghissimi tempi di attesa si rivolge al privato accreditato, e chiede una prestazione a pagamento che dovrebbe, invece, essere garantita dal pubblico.
Un altro “successo” si fa per dire, dell’Emilia Romagna è l’ospedale Cona a Ferrara, definito come uno dei grandi scandali della sanità nazionale. Iniziato nel 1990, con la benedizione della prima pietra da parte di Giovanni Paolo II, costato qualcosa come 500 milioni di euro, inaugurato solo nel 2012. C’è un processo in corso perché è un progetto che fa acqua da tutte le parti sia strutturalmente parlando che in tutta l’organizzazione manageriale coinvolta. Sotto processo è la qualità del calcestruzzo utilizzato nella costruzione. E se la procura avrà ragione cosa succederà? Succede che il calcestruzzo avrà una scadenza dopo 50 anni anziché 100 come previsto per le grandi opere.
(fonte: La Bologna che c'è)