New Economy tra inchieste e proteste. Tutti i guai della Silicon Valley
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TORINO, 19 DICEMBRE 2014 - Quello che sta per chiudersi non sarà certo ricordato come uno degli anni migliori sotto il sole della California per i colossi delle nuove tecnologie. Da Google ad Amazon fino ad Apple, non sono mancati i problemi di natura giudiziaria o di immagine per queste grandi società che hanno nella rete il loro core business. [MORE]
APPLE
Proprio il gigante di Cupertino, orfana del suo creatore Steve Jobs, è riuscita di recente a scrollarsi di dosso la imbarazzante accusa di aver violato la legislazione antitrust americana. La giuria popolare del processo in cui era coinvolta la “Mela” a Oakland, in California, doveva decidere sull’azione legale contro Apple presentata nel 2005 per monopolio nella musica digitale e riferita ai vecchi iPod, che consentivano di ascoltare solo i brani scaricati da iTunes. Gli autori della class action chiedevano 350 milioni di risarcimento per i danni subiti. Seguendo una strategia portata avanti da anni con i suoi Mac, Apple aveva pensato ad un sistema chiuso che permettesse il trasferimento della musica sugli iPod solo ed esclusivamente tramite iTunes. Chi aveva acquistato un iPod non aveva quindi alternative rispetto ad iTunes, ma alcune aziende come RealNetworks si diedero da fare per creare software che potessero dialogare ugualmente con gli iPod per gestire e sincronizzare la musica. Apple aggiornò i suoi sistemi per impedirlo, motivando la scelta con la necessità di rendere più sicuri iTunes e gli iPod che altrimenti sarebbero stati esposti ad attacchi hacker. Anche se la giuria ha creduto alla versione di Apple scagionandola dalle accuse, sono emersi particolari imbarazzanti della politica societaria nei confronti dei consumatori come il fatto che tra il 2007 e il 2009 l'azienda trovò il modo per cancellare dagli iPod le canzoni scaricate da servizi concorrenti per l’acquisto di musica. Agli utenti veniva mostrato un messaggio di errore nel caso in cui fosse rilevata musica non proveniente da iTunes, invitandoli a ripristinare la libreria musicale dal programma di Apple, cosa che di fatto portava alla perdita delle altre canzoni.
Un'altra vicenda giudiziaria che ha visto coinvolta Apple assieme agli altri giganti della Silicon Valley come Google, Adobe e Intel, riguardava l'accusa di aver creato un cartello per tenere bassi i salari degli oltre 60 mila lavoratori della new economy californiana. Le aziende coinvolte hanno preferito patteggiare per evitare una class action dalle conseguenze potenzialmente disastrose.
GOOGLE
Quella che nel corso del 2014 ha invece incontrato maggiori difficoltà nel conservare la struttura del proprio business in Europa è stata sicuramente Google che la scorsa primavera, in risposta alle indagini antitrust della Commissione Europea, si era impegnata a far comparire in cima alle pagine del proprio motore di ricerca i prodotti sponsorizzati dai suoi rivali. Poche settimane fa invece, il parlamento europeo ha avanzato la richiesta di separare il motore di ricerca dalle altre attività commerciali. Una misura che se effettivamente applicata, metterebbe a repentaglio lo stesso modello economico del gigante del web che attraverso la ricerca gratuita ottiene informazioni sui suoi utenti, che poi utilizza per i servizi di pubblicità e marketing online da cui deriva la gran parte dei suoi profitti. Anche se il commissario all'economia digitale Gunther Oettinger si è detto contrario alla richiesta dell'europarlamento, è noto che l'Esecutivo Ue sta vagliando da tempo la legalità di alcuni servizi di marketing offerti da Google e che sono considerati dannosi per la concorrenza. In particolare, “Big G” è sotto accusa per indicizzare i risultati delle sue ricerche in modo da dare più risalto a prodotti o servizi (come hotel o pacchetti viaggio) che pagano per avere maggiore visibilità o che sono parte della galassia degli interessi di Larry Page e Sergey Brin.
AMAZON
Nuovi guai invece per il gigante dell'e-commerce che negli ultimi giorni ha dovuto fronteggiare i ritardi nella consegna degli ordini natalizi provocati dagli scioperi dei dipendenti tedeschi che chiedono stipendi più alti e nuovi inquadramenti contrattuali, e il sequestro nella Repubblica di San Marino di tre bancali di merci per il mancato adeguamento alla normativa sul pagamento dell’IVA. Ma il vero danno in termini d'immagine e credibilità per la società di Jeff Bezos è stato provocato dall'epic fail del 12 dicembre scorso, quando a causa di un errore del programma che gestisce in modo automatico le inserzioni dei venditori, migliaia di articoli sono stati messi in vendita al prezzo di 1 penny britannico. Molti venditori hano lamentato di aver subito danni rilevanti e anche se l'azienda ha comunicato di aver annullato gli ordini senza conseguenze non si escludono azioni legali da parte dei commercianti.
Sembra quindi che le grandi aziende della Silicon Valley e del e-business in generale, a causa delle dimensioni raggiunte e del loro peso in termini strategici ed economici, abbiano iniziato a scontrarsi con i problemi tipici delle multinazionali e del loro modo di agire ed essere valutate dall'opinione pubblica. Finito quindi il tempo dei pionieri di internet e dell'aurea di innovatori di cui queste aziende hanno fino ad ora goduto, cresce l'attenzione e la pressione verso l'attività di attori che hanno ormai raggiunto i vertici del capitalismo mondiale con tutto ciò che ne consegue.
(Foto da www.life-in-the-bay.com)
Maurizio Albavera