Lucia Annibali, conferma delle condanne ma anche di un pensiero che non riesce a cambiare
Criminologia Emilia Romagna

Lucia Annibali, conferma delle condanne ma anche di un pensiero che non riesce a cambiare

domenica 25 gennaio, 2015

BOLOGNA, 24 GENNAIO 2015 - Anche dalla Corte d’Appello Luca Varani è stato giudicato colpevole “oltre ogni ragionevole dubbio”: vent’anni di carcere per aver assoldato i due albanesi (condannati in primo grado a 14 anni, pena ora ridotta a 12) che con l’acido hanno sfigurato Lucia Annibali. Una vittoria per Lucia e per tante donne che le sono state e le stanno a fianco, materialmente e idealmente. Ma non per tutte è così.

La vicenda, avvenuta a Pesaro il 16 aprile 2013, è tristemente nota: Varani, avvocato di 36 anni, da tempo aveva una relazione con Lucia Annibali, coetanea, avvocato anche lei. Ma aveva anche una compagna “storica”. Lucia, appreso che Varani aspettava un figlio dalla compagna, aveva deciso di troncare la relazione che già da tempo si trascinava burrascosa.[MORE]

La decisione ha scatenato la furia dell’uomo “scaricato”, che da quel momento ha messo un atto un’escalation di terrore: tutte le forme possibili e immaginabili di stalking, fino a manomettere le valvole del gas a casa di Lucia, a febbraio, per farla saltare in aria; ad aprile l’agguato con l’acido messo a segno dai due albanesi. Sono arrivati l’arresto, il primo processo, ora la conferma delle condanne. In mezzo, i 15 interventi di chirurgia plastica che Lucia Annibali ha dovuto subire e chissà quanti altri ne subirà ancora: il prossimo è fissato a giorni.

Fin qui i fatti. Lucia, che non ha esitato a mostrare il suo volto sfigurato perché quello che è successo a lei non debba più accadere, ha incassato una solidarietà grandissima. Ma c’è una voce fuori dal coro che colpisce: è quella della sorella di Varani che, interpellata subito dopo la sentenza, parla di “una pena ingiusta, perché la pena deve essere proporzionata al reato”. Ancora, dice, “qui si è voluto colpevolizzare mio fratello, gli si sono voluti dare vent’anni a tutti i costi. Ma non si può accusare una persona per un tentato omicidio che non c’è”. Che non c’è?

Magari, la difesa di una sorella potrà apparire comprensibile. Questa donna si attacca a un appiglio: l’”ingiustizia” della durezza della pena inflitta a Varani, conseguente al fatto che gli è stato appunto riconosciuto il reato di tentato omicidio. Ma manomettere il gas per far saltare in aria una persona e due mesi dopo farle tirare addosso un barattolo di acido, che cosa sono, se non un tentativo di far male fino ad uccidere?

Colpisce che a pronunciare queste parole sia stata proprio una donna. Anche se - grattando sotto la superficie di un “sentire comune” per cui la parità fra i sessi è assodata - si verifica che la solidarietà femminile come valore condiviso, è ancora di là da venire. Gli uomini da sempre sanno fare squadra, le donne no. Non ancora.

I sociologi sanno bene che prima sradicare una profonda convinzione in una comunità, ci vuole ben più di una manciata di decenni. E le radici di una struttura sociale patriarcale per cui la sopravvivenza della donna dipende dall’uomo - quindi questa tende a difenderlo, anche se commette violenze nei confronti di un’altra - non sono ancora state estirpate, nonostante tutto. A che cosa si dovrebbe, altrimenti, la difesa d’ufficio di una donna nei confronti del fratello che ha perseguitato l’ex fidanzata fino a farle sfigurare il volto? Va ricordato poi che quest’uomo aveva una compagna “ufficiale” che aspettava un figlio da lui: non è anche lei una vittima?

Tanti anni fa, in uno dei primi processi per stupro (allora si chiamava ancora così) raccontati dalle cronache, un gruppo di uomini venne accusato di aver violentato una ragazza dopo che questa aveva accettato un passaggio in auto. Il commento della moglie di uno degli accusati, che assisteva in aula al processo, fu questo: “Io non vado in macchina né con chi conosco, né con chi non conosco”. Un modo neanche troppo velato di dire che la ragazza in questione se l’era cercato, lo stupro di gruppo. E’ passato tanto tempo, ma siamo proprio sicuri che le cose siano cambiate? Non c’è da scommetterci.

(Foto da oggi.it)

Paola Bergonzoni
 


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