Entra nel nostro Canale Telegram!
Ricevi tutte le notizie in tempo reale direttamente sul tuo smartphone!
Un crimine complesso di vaste dimensioni eppure è sottostimato, ignorato. Appare visibile sotto agli occhi di tutti tranne in quelli di chi non vuol vedere o di chi ne diventa inconsapevolmente complice. È il maltrattamento genetico animale, perpetrato nei loro confronti dall’essere umano per scopi puramente economici.
Nel corso dell’ultimo ventennio la ricerca esasperata di determinati canoni estetici, ha sviluppato sempre di più la convinzione che se una caratteristica morfologica risulta tanto singolare quanto gradita, estremizzarla nella progenie non solo ne esalta il risultato finale, ma diventa un irrinunciabile opportunità commerciale.
Il tutto ovviamente a forte discapito della salute dell’animale.
Lo standard di razza è un un insieme di linee guida delle caratteristiche morfologiche, anatomiche e comportamentali che un animale dovrebbe avere per rientrare nei canoni estetici ed etologici di una determinata razza e che dovrebbero essere adatti alla sua funzione a garanzia del fatto che quel soggetto oltre che esteticamente gradevole, sia anche sano.
Quando la selezione della razza, si spinge all’estremo e non si attiene a queste linee guida, ma si predilige l’esaltazione di caratteristiche esclusivamente estetiche, si configura il maltrattamento genetico.
Ad esserne responsabili non sono solo gli allevamenti senza scrupoli spinti da interessi economici, ma anche tutti coloro che incrementano la richiesta di mercato a causa di mode frivole, superficiali e passeggere dove la predilezione di un carattere estetico piuttosto che un altro è più importante del benessere dell’animale.
La necessità di soddisfare questo tipo di richieste di mercato in cui gli animali devono essere corrispondenti alla moda del momento e quindi trasformati in prototipi ideali, genera un effetto domino di altri tipi di maltrattamento e crimini in questa sfrenata catena di produzione, come ad esempio gli innumerevoli allevamenti intensivi in cui gli animali sono tenuti in condizioni igienico- sanitarie disumane o il traffico illegale di cuccioli, per di più provenienti dai paesi dell’est.
Le conseguenze per la selezione forzata di caratteristiche prettamente estetiche sono molteplici quali ad esempio inbreeding depression e quindi patologie su base congenita della consanguineità, problemi di natura neurologica, nanismo e gigantismo estremi , patologie cardiovascolari, respiratorie, displasia dell’anca e del gomito, dotto arterioso persistente, ma anche l’esempio per eccellenza e cioè, cani e gatti brachicefali oppure profili comportamentali disadattivi e tanto altro ancora.
Una forzatura crudele che condannerà questi animali a vivere la loro vita costantemente malati e sofferenti e quando le cure veterinarie diventano insostenibili per i padroni modaioli, il più delle volte la soluzione più semplice è sbarazzarsi dell’incombenza e l’animale in questione, nella migliore delle ipotesi finisce in canile.
Quello del maltrattamento genetico è un tema che già nel 1967 a Parigi al congresso WSAVA ( world small animal veterinary) venne affrontato con grande consapevolezza non solo in riferimento al benessere fisico e mentale degli animali di razza , ma alle conseguenze derivanti da queste alterazioni genetiche quali appunto patologie invalidanti e mortali.
Un fenomeno preoccupante che ad oggi sembra inarrestabile, soprattutto perché le sue conseguenze sono trasmesse da una generazione all’altra.
L’unico modo per limitarne le conseguenze è educare la società a scelte più consapevoli
Foto fonte web
Lìnda Corsaletti