Intervista a Maria Yvonne Pugliese, curatrice di "FLOW_1"
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VICENZA, 27 SETTEMBRE 2015 – Dipinti, video, installazioni, ironia, tra suoni e profumi evocativi di terre lontane, accompagnano il visitatore lungo le tappe di un percorso artistico e antropologico suggestivo, in cui convivono realtà diverse e diversamente magiche: è FLOW_1 - arte contemporanea italiana e cinese in dialogo, mostra e convegno tra artisti e filosofi italiani e cinesi, in scena nel salone d’onore della Basilica Palladiana di Vicenza - fino al primo novembre 2015.[MORE]
L’evento, organizzato dall’Associazione Culturale YARC - Yvonneartecontemporanea in collaborazione con il Comune di Vicenza e con il patrocinio della Regione Veneto e il sostegno dell’Istituto Confucio di Venezia, è a cura di Maria Yvonne Pugliese, gallerista e curatrice, e di Peng Feng, critico e curatore di mostre, nonché vice preside del Dipartimento di Estetica e Ricerche Pedagogiche dell’Università di Pechino (Beida).
24 artisti in mostra: Aisa Jiang Tuerxun, Stefano Arienti, Bianco-Valente, Stefano Cagol, Piero Gilardi, Hu Guoqing, Huang Yan, Massimo Kaufmann, Li Hongbo, Marcantonio Lunardi, Iler Melioli, Mu Boyan, Laurina Paperina, Peng Si, Elena Pugliese, Tamara Repetto, Serse Roma, Wang Rui, Alberto Scodro, Cristina Treppo, Patrick Tuttofuoco, Dany Vescovi, Zhang Fangbai e Zhao Xu.
Intervista a Maria Yvonne Pugliese
Un tema ardito per una mostra d’arte contemporanea che rimanda, come anticipato dal sottotitolo “arte contemporanea italiana e cinese in dialogo”, al confronto tra culture e sensibilità di aree geografiche diverse. Come nasce il progetto?
FLOW 1_arte contemporanea italiana e cinese in dialogo nasce da un’esigenza di dialogo autentico fra le due culture: si sviluppa tra persone che credono nel valore dell’arte e della filosofia e si realizza con assoluta coerenza anche con pochi mezzi. La città di Vicenza ha accolto la mostra con la consapevolezza che il suo contenuto possa costituire un valido contributo all’interno del dibattito culturale sul contemporaneo. Credo che già questa sia una piccola grande meraviglia.
Tutto è nato da un mio incontro con il prof. Peng Feng, l’altro curatore, che dopo due anni - nel 2014 - mi ha invitato a curare la sezione italiana della Biennale dello Xinjiang, dove, ospite del Governo cinese, ho portato in esposizione le opere di 12 artisti italiani (quasi tutti presenti in questa mostra in Basilica Palladiana). Già quella Biennale, curata dal prof. Peng Feng, dal titolo “Incontro sulla via della seta”, poneva in relazione le poetiche dei diversi paesi del mondo. Su quel solco è parso naturale mantenere questo incontro, farlo diventare un dialogo e pensare alla realizzazione di un progetto continuativo in cui da una parte troviamo la Cina e dall’altra l’Italia che già in tempi remoti aveva aperto uno scambio tra Oriente e Occidente.
Quali criteri sono stati adottati per l’allestimento?
Nel creare il progetto abbiamo pensato di mantenere evidente il sincretismo della società contemporanea prefigurando la mostra come una piattaforma dove gli artisti invitati potessero motivare le ragioni della loro ricerca parlando direttamente con il fruitore. Abbiamo così selezionato 24 artisti che svolgono una ricerca autentica e riconoscibile e che, in modi molto diversi, hanno dato una lettura della nostra contemporaneità. Gli artisti coinvolti godono di credito internazionale e gli artisti cinesi, in particolare, espongono per la prima volta in Italia.
L’allestimento, ospitato nel salone d’onore della Basilica Palladiana, segue un percorso obbligato dato dalla struttura interna esistente, ma prevede diversi livelli di approfondimento a disposizione dei singoli visitatori. Inoltre, nella disposizione delle opere non abbiamo pensato ad aree tematiche e non abbiamo tenuto distinte Italia e Cina: abbiamo cercato anche qui di evitare un allestimento che fosse un atto critico a priori, lasciando che siano le stesse opere a mostrarsi insieme alla voce degli artisti. Viene così rivendicata la centralità dello sguardo del visitatore: ogni visitatore potrà cogliere e fare proprie differenze e somiglianze sia all’interno della stessa cultura sia nel raffronto tra di esse, senza barriere linguistiche, senza vincoli di codici prestabiliti.
Quali aspettative da “FLOW_1”?
Il nostro intento è quello di porre il visitatore di fronte a linguaggi che provengono da culture diverse che consentono di percepire il valore e la ricchezza della varietà: con questa mostra desideriamo fornire al pubblico gli strumenti necessari per la comprensione attiva e riaccendere la fiducia nella lettura autonoma delle opere osservate. Quando guardo interpreto ed entro in un mondo che è altro dal mio, questa è la cultura dell’incontro e del dialogo.
Gli artisti espongono con le opere una loro visione del mondo, mentre, i due filosofi presenti nel progetto ci aiutano a sistematizzare e ragionare su alcuni argomenti: l’aspetto filosofico è affidato, rispettivamente, al prof. Peng Feng, professore di estetica alla Peking University e al prof. Marcello Ghilardi, ricercatore in Estetica all'Università di Padova, esperto di estetica orientale.
L'aspetto innovativo del progetto, la sua forza, va individuata proprio nella modalità di fruizione dell’arte come esperienza, un modello, quello proposto, in cui diventa fondamentale il ruolo degli artisti e dei filosofi in dialogo. Un lavoro che, nelle intenzioni, si svilupperà in itinere anche dopo, nelle successive edizioni.
In un mondo globale, che cambia a ritmi vertiginosi, mutano gli scenari, i gusti… quale il ruolo dell’artista?
Stiamo vivendo un periodo di rapido avvicinamento tra paesi del mondo per questioni commerciali e finanziarie: si tratta di un processo ineluttabile e veloce che precede le conoscenze culturali e porta spesso a gravi fenomeni di incomprensione e quindi di irrigidimento. La storia da cui arrivano Cina e Occidente è profondamente diversa. Perciò crediamo che aprire una piattaforma continuativa di confronto, un laboratorio aperto in ambito culturale, sia un progetto di grande utilità. Un progetto che raccoglie testimonianze autentiche di pensiero. E a questo proposito riteniamo che l’artista sia il primo referente a cui rivolgersi per rompere la visione unica e globalizzata che ci passa la comunicazione. Nell'età del sincretismo culturale e dell’omologazione dei mass media, pensiamo che la ricerca artistica venga ad assumere un ruolo di primaria importanza poiché solo l’arte, come esperienza, può dirci oggi qualcosa di fondato sulla realtà. Solo l'arte sembra essere in grado di opporsi all'egemonia della comunicazione e al “si impersonale”. Con questa mostra intendiamo perciò riportare al centro l’artista con il suo lavoro di ricerca e il suo rapporto dialogico con la società contemporanea. In questo nuovo scenario, in tutti i paesi del mondo è l’artista infatti, oggi, ad esporsi in prima persona: dando voce al proprio processo creativo, rende visibile la sua esperienza, a volte è persino manager di se stesso.
Una riflessione sullo stato attuale dell’arte.
Da diversi decenni lo stato dell'arte, in sintonia con il sincretismo culturale, è costituito da una caleidoscopica diversità e questo potrebbe indurre a pensare che in mancanza di riferimenti tutto e il contrario di tutto all'interno dell'arte possa oggi essere legittimato. In verità, osservando con attenzione le diverse aree di ricerca e le declinazioni che i singoli autori portano in campo, non si può non riconoscere un quadro di "normalizzazione" che gli statuti linguistici vengono ad assumere rispetto alle avanguardie del secolo scorso. Molte linee di ricerca oggi possono inglobare al loro interno aspetti concettuali, neo pop o anche di ready-made che, nel loro fluire in questa o in quella declinazione di poetica, possono rigenerare diverse e nuove forme espressive.
Chi visita la mostra deve essere messo nella condizione di raccogliere e fare propri quei codici che in vario modo possono predisporre ad un ascolto. Ad un ascolto della varietà.
Alla frase di Arthur Danto “L’arte è ciò che entra nel mercato” pronunciata in risposta alla domanda “Che cos’è l’arte?”, vogliamo contrapporre “L’arte è un pensiero autentico che favorisce un’apertura alle visioni del mondo”. Per questo parliamo di progetto continuativo e non solo di una mostra. Infatti FLOW_1 è un primo passo, è l’apertura di un work in progress. L’idea è quella di avere un’alternanza di incontri espositivi tra sedi in Cina e in Italia.
Questa mostra che proponiamo in Basilica Palladiana a Vicenza verrà riproposta a Pechino nel 2016 per capitalizzare il lavoro svolto e mantenere vivacemente dinamico lo scambio di pensiero.
Mai senza…
La collaborazione di altri!
Domenico Carelli
[Foto: in evidenza, logo.
In gallery, Courtesy Studio Esseci, Wang Rui, Pressure III, 2 mins Single channel video, 2013; Stefano Arienti, Autunno in New Hampshire, 2010, cuciture su poster, cm 137x384; Iler Melioli, Connections (ritagli di un pensiero visivo),installazione alluminio policromo e filo di cotone, cm 900x240, 2015; Massimo Kaufmann, Clinamen, olio su tela, cm 230x270 (trittico), 2014. Courtesy Maria Yvonne Pugliese, apertura del Vernissage: da sin. Jacopo Bulgarini d’Elci, vice sindaco di Vicenza, e due curatori Maria Yvonne Pugliese e Peng Feng; i curatori Peng Feng e Maria Yvonne Pugliese con l’opera di Li Hongbo (opera in carta e colla che può assumere diverse forme a partire dalle sue sembianze di tronco); un interno dell’area video; ingresso della mostra nella loggia della Basilica Palladiana, con un intervento site specific dell’artista Cristina Treppo; locandina mostra]