Il bilancio della guerra civile in Siria attraverso i siti archeologici
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DAMASCO, 25 DICEMBRE 2014 – Siamo abituati a sentir parlare della Siria nel drammatico contesto della guerra civile che non cessa di mietere vittime da tre anni a questa parte. Sappiamo, per esempio, che il bilancio dei morti è già salito a quota 100 mila e che intere città hanno subito danni consistenti in termini di edifici distrutti.
In questi giorni, la voce dell’Onu si è unita ad aggravare il triste bollettino di guerra, annunciando come un intero patrimonio culturale stia piano piano scomparendo a causa del conflitto. In particolare, a essere maggiormente a rischio è l’immensa eredità archeologica di cui la Siria è stata custode per secoli. I numeri parlano chiaro: 300 i siti totali che sono stati danneggiati, tra cui 24 andati completamente distrutti, 104 con danni importanti, 84 con deterioramenti parziali e 77 con danni ancora da verificare.[MORE]
Purtroppo, non tutte le zone colpite fanno parte del patrimonio culturale dell’Unesco. Questo significa che, oltre l’attività dei singoli sul luogo, non c’è molto che possa proteggere i siti dal diventare basi militari o piccoli rifugi per i guerriglieri. A questo proposito, alcune decine di migliaia di reperti particolarmente significativi sono stati trasportati e sigillati in aree speciali per far sì che vengano salvati dalla furia della guerra. Naturalmente, questo mette al riparo i manufatti, ma non certo le opere architettoniche.
Per avere un’idea di quanto sia alta la posta in gioco, basta pensare a città note sin dall’antichità per la loro bellezza, come quella di Palmira, conosciuta anche come “la Sposa del deserto” e ricca di templi e manufatti legati alla regina Zenobia. Oppure, alla moschea degli Omayyadi, di cui è stato abbattuto il minareto che risaliva all'XI secolo.
(foto: www.inognidove.it)
Sara Svolacchia