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LIVERPOOL, 28 APRILE 2018 - Alfie Evans è morto la notte scorsa alle ore 2.30 all’ospedale Alder Hey Hospital di Liverpool, dove era ricoverato da tempo. I genitori hanno dato l’annuncio della morte del figlio attraverso dei post sui propri account Facebook: "Al nostro bimbo sono spuntate le ali intorno alle 2.30. I nostri cuori sono spezzati. Grazie a tutti per il sostegno", ha scritto Kate James, mentre "Il mio gladiatore si è arreso e si è guadagnato le ali. Abbiamo il cuore spezzato. Ti voglio bene figlio mio", sono state le parole del padre di Alfie, Thomas.[MORE]
Nella tarda serata di ieri si erano rincorse voci, non verificabili in seguito alla richiesta della famiglia di mantenere riserbo sulle evoluzioni della malattia, relative a un aggravamento delle condizioni di Alfie, a cui era stato staccato il ventilatore lunedì alle 22.17, su ordine del giudice Anthony Hayden.
La storia del bimbo di 23 mesi ha innescato una battaglia legale ed emotiva che ha coinvolto i magistrati britannici, il governo italiano e il Papa. Gli sforzi dei genitori e dei vertici dell’Alder Hey di tentare di portare a casa Alfie dopo il diniego dei giudici britannici alla richiesta di trasferire il bimbo a Roma o a Monaco di Baviera sono risultati vani.
"A Dio Alfie Evans! Alcuni hanno pensato la tua vita fosse inutile sofferenza. Ma tu ci hai mostrato il senso ultimo dell'esistenza: l'amore gratuito. Ed hai convertito milioni di cuori, alcuni inariditi da tempo. Grazie Alfie". Così l'associazione Papa Giovanni XXIII commenta la morte del piccolo Alfie.
Il governo italiano si era mosso con l’obiettivo di concedere la cittadinanza al bambino e aggirare le rigidità della giustizia britannica e facilitare l'espatrio, ma il giudice d’appello McFarlane aveva chiarito ai legali della famiglia Evans che "né l'Italia né il Vaticano hanno giurisdizione in Inghilterra".
I medici e i giudici erano d’accordo sul fatto che ogni tentativo di prolungare artificialmente la vita di Alfie era contro il suo «miglior interesse». Il piccolo era affetto da un danno cerebrale degenerativo non curabile ed era difficilmente immaginabile per il bimbo un’esistenza diversa da quella trascorsa attaccato a una macchina in stato semi-vegetativo. Per questo i genitori hanno perso in tutti i gradi di giudizio, fino alla Corte suprema, e si sono visti respingere anche dalla Corte europea per i diritti umani. Nella legislazione inglese, la patria potestà non è assoluta: la magistratura ha il compito di difendere gli interessi dei minori, anche contro la volontà dei genitori, e anche se ciò significa imporre il diritto a una fine dignitosa.