A sette anni dalla morte, ricordando la giornalista Anna Politkovskaja
Estero

A sette anni dalla morte, ricordando la giornalista Anna Politkovskaja

lunedì 7 ottobre, 2013

MOSCA, 7 OTTOBRE 2013 -  "Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano". E lei, Anna Stepanovna Politkovskaja, giornalista presso la Novaja gazeta, 7 anni fa: il 7 Ottobre 2006, ha pagato con la vita il suo ostinarsi a raccontare la verità, nient'altro che la verità. Ha pagato con la vita il suo schierarsi per la vita, per essere la voce delle donne, delle famiglie cecene, di coloro che per anni hanno vissuto un inferno morto in un silenzio complice, che solo poche voci hanno avuto il coraggio di rompere e quelle stesse voci, poi, misteriosamente cadevano in un silenzio senza ritorno: la morte.[MORE]

Anna Stepanovna Politkovskaja, colei che per anni ha raccontato "La Russia di Putin", ha fortemente urlato, denunciato, le violazioni dei diritti umani durante le azioni militari russe in Cecenia, è stata uccisa a 48 anni nell'ascensore del palazzo in cui viveva. Erano le quattro circa, Anna era appena tornata dalla spesa, era salita in appartamento a lasciare due buste e salutare Van Gogh, il suo cane sempre lì, pronto ad aspettarla. E' scesa una seconda volta a prendere la terza ed ultima busta, un viaggio senza ritorno. In ascensore c'erano un uomo ed una donna, le hanno puntato una pistola con silenziatore lungo il fianco sinistro: 1,2,3 colpi. La fine. Mentre dall'altra parte della Russia il Presidente Russo spegneva 56 candeline. Uno sparo ed un soffio. La vita e la morte insieme. Coincidenze sinistre o "quell'omicidio voleva essere un regalo di compleanno", come ha affermato Roberto Saviano?

Non avremo risposta, così come da 7 anni a questa parte non abbiamo mandanti. La maggior parte delle persone che si trovano oggi sul banco degli imputati sono stati assolti nel precedente processo del 2008-2009.

Anna era stata avvelenata, rapita, minacciata di morte. "La mia vita è difficile, certo, ma soprattutto umiliante. A 47 anni non ho più l'età per scontrarmi con l'ostilità e avere il marchio della reietta stampato sulla fronte. Naturalmente gli articoli che mi presentano come la pazza di Mosca non mi fanno piacere. Vivere così è orribile. Vorrei un po' di comprensione. Ma la cosa più importante è continuare a fare il mio lavoro, raccontare quello che vedo". Ha resistito fino all'ultimo, ha visto e raccontato, è stata dalla parte di chi subiva, di chi perdeva tutto, anche la vita. Donne, madri, famiglie cecene, si recavano da lei, cercavano il suo appoggio, il suo conforto e sapevano di trovarlo. Sapevano che lì, dietro quell'impazienza di urlare la verità, c'era un'anima senza precedenti.

Sì, fino all'ultimo ha sperato e scritto affinché ogni essere umano ricevesse rispetto, ad ogni essere umano gli venisse riconosciuto il diritto di vivere. Proprio queste le sue volontà e le aveva apertamente dichiarate in un'intervista al The Guardian, due anni prima della sua morte: "Nell'arco della mia esistenza voglio riuscire a vivere una vita da essere umano, in cui ogni individuo è rispettato".

Ma no, la verità non muore dietro tre colpi di pistola. E' più veloce, è più violenta. Non muore. Ed Anna è in tutti quegli sguardi che si creano un posto nel mondo per urlare la loro di verità.

(immagine da wikipedia.org)

Rossella Assanti


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