Rapporto Svimez: Sud alla deriva, mai così pochi occupati. Dal 2000 al 2013 cresciuto metà di Grecia
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ROMA, 30 LUGLIO 2015 - Il sud è diretto verso una condizione di sottosviluppo permanente. É questa l'amara conclusione del rapporto Svimez. La fotografia fatta dall'Associazioen per lo sviluppo del mezzogiorno è di un Paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sempre più nell’arretramento. I dati sull'economia del Sud italiano preoccupanti: uno su tre è povero, al Nord sono uno su dieci. L'anno scorso i consumi nell'Italia meridionale sono stati i due terzi di quelli del Centro-Nord. Non solo: dal 2000 al 2013 il Mezzogiorno d'Italia è cresciuto metà della Grecia. E i 5,8 milioni di occupati è il livello più basso almeno dal 1977, anno di inizio delle serie storiche dell'Istat. Il prezzo più alto è pagato da donne e giovani. "Tornare indietro ai livelli di quasi quarant'anni fa testimonia, da un lato, il processo di crescita mai decollato, e, dall'altro, il livello di smottamento del mercato del lavoro meridionale e la modifica della geografia del lavoro", rileva lo studio. [MORE]
Verso una disoccupazione strutturale. L'ostacolo principale allo sviluppo resta il problema lavoro. Il tasso di disoccupazione nel 2014 arriva al 12,7% in Italia. Ma si tratta di una media tra il 9,5% del Centro-Nord e il 20,5% del Sud. Nel 2014 i posti di lavoro in Italia sono cresciuti di 88.400 unità, tutti concentrati nel Centro-Nord (133 mila), mentre il Sud ne ha persi 45 mila. Segnali di un debole miglioramento solo nell'ultimo periodo: tra il primo trimestre del 2014 e quello del 2015 gli occupati sono saliti in Italia di 133 mila unità, di cui 47 mila al Sud e 86 mila al Centro-Nord. Rimane però il dato che tra il 2008 e il 2014 delle 811 mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro ben 576 mila sono residenti a Sud.
Situazione difficile in particolare per le donne. Tra i 15 e i 34 anni al Sud è occupata solo una su cinque. Ancora più nera la realtà dei giovani. Svimez parla di una "frattura senza paragoni in Europa": il Sud negli anni 2008-2014 ha perso 622 mila posti di lavoro tra gli under 34(-31,9%) e ne ha guadagnati 239 mila negli over 55, con un tasso di disoccupazione under 24 che raggiunge il 56%. Questa situazione porta a credere che studiare non paghi più, "alimentando così una spirale di impoverimento del capitale umano, determinata da emigrazione, lunga permanenza in uno stato di disoccupazione e scoraggiamento a investire nella formazione avanzata".
Un Paese diviso e diseguale. Nel 2014 per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%), il divario di Pil pro capite è tornato ai livelli di 15 anni fa. Quasi il 62% dei meridionali guadagna meno di 12mila euro annui, contro il 28,5% del Centro-Nord. Negli anni di crisi 2008-2014 i consumi delle famiglie meridionali sono crollati quasi del 13%. Insomma, nel Sud Italia da qualsiasi punto di vista la situazione è allarmante. Anche perché, come fa notare il rapporto, il mezzogiorno "dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto del 13% la metà della Grecia che ha segnato +24%: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell'Europa a 28 (+53,6%)": nussun'altra nazione europea ha fatto male come l'Italia in questo periodo. A pesare, ancora una volta, soprattutto il Mezzogiorno: dal 2008 al 2014 il settore manifatturiero al Sud ha perso il 34,8% del proprio Prodotto, e ha più che dimezzato gli investimenti (-59,3%): una vera e propria desertificazione industriale.
Non si fanno più figli. Disoccupazione, rischio povertà, emigrazione. Non sorprende se per le famiglie del Sud avere un figlio sia una preoccupazione. Se il tessuto economico è la causa, tuttavia l'attuale situazione demografica è altrettanto preoccupante: "Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174 mila nascite, livello al minimo storico registrato oltre 150 anni fa, durante l'Unità d'Italia: il Sud sarà interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili", sono le parole del rapporto.
Tiziano Rugi
Foto: Ansa.it