Lampedusa, il sindaco vuole il pugno forte, gli abitanti le armi
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PALERMO, 21 SETTEMBRE 2011 – All’indomani dell’incendio appiccato dagli immigrati al centro di prima accoglienza di Lampedusa, in via Imbriacola, parla alla stampa il sindaco dell’isola, Bernardino De Rubeis:[MORE]
<<Siamo stanchi di questa linea morbida adottata dalle forze dell'ordine nei confronti degli immigrati tunisini. Non si capisce perché negli stadi, quando ci sono disordini, poliziotti e carabinieri usano subito le maniere forti contro gli stessi connazionali. Invece, a Lampedusa, accade tutt'altro. Ci vuole anche qui il pugno forte e rinchiudere le centinaia di tunisini che bivaccano da ieri per le strade al campo sportivo>>.
È il day after, il giorno in cui si contano i danni. Fuoco ai materassi e via. Tutti in fuga dal centro che brucia. È esplosa la rivolta che covava già da giorni. Dai letti le fiamme si sono propagate in pochi minuti e hanno devastato le camerate e le cucine ospitate in due dei padiglioni del nuovo centro di accoglienza, realizzato dopo il grande incendio del 2009.
I 1200 ospiti, tutti tunisini che da giorni rumoreggiavano chiedendo di essere trasferiti sulla terraferma, si disperdono per l'isola, una densa colonna di fumo raggiunge il paese: a decine finiscono al poliambulatorio con un principio di intossicazione, anche un maghrebino sulla sedia a rotelle.
Tra i lampedusani c'era chi chiedeva armi: <<Vivo a casa con mia moglie e abbiamo paura, dice un anziano, i carabinieri e la polizia ci permettano di difenderci, di armarci. Dateci una mitragliatrice. Non voglio usarla, solo spaventarli>>.
E mentre la procura di Agrigento apre un'inchiesta e dal Viminale si assicura che i rimpatri proseguiranno al ritmo stabilito, il sindaco De Rubeis invita Berlusconi e Maroni a convocare un consiglio dei ministri straordinario e a mandare immediatamente navi militari per portare via tutti i tunisini.
Carmine Mainiero