L'UE e il fabbisogno di gas: gli scenari mediorientali contro la dipendenza da Mosca
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ISTANBUL, 7 APRILE 2015 – “Se l'Iran entrerebbe in possesso del nucleare, la Turchia sarà la prossima a richiederlo; sarebbe solo una questione di tempo”. È questo l'assioma attraverso il quale Washington e Bruxelles leggono l'impatto della questione nucleare iraniana sulla Turchia. Ankara non ha mai commentato a riguardo, limitandosi a dire che non si sottrarrebbe al soddisfacimento dei requisiti dell'IAEA – insieme al sollecito secondo il quale la superiorità militare convenzionale ha offerto il migliore deterrente a lungo termine senza problematiche politico-diplomatiche per quanto concerne le capacità di possedere il nucleare.
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Inoltre, Ankara non si è mai opposta al programma nucleare iraniano, spostandosi su diverse posizioni politiche: anzitutto il programma di Teheran non rappresenterebbe una minaccia per la Turchia, per il fatto che la proliferazione del nucleare sarebbe un possibile problema di carattere regionale che andrebbe in tale direzione affrontato senza isolare l'Iran; in più, un approccio diplomatico più costruttivo da parte dell'Occidente potrebbe portare l'Iran a ridimensionare il programma stesso. La stessa Turchia si è sempre auto-proclamata un ponte tra l'Iran e l'Occidente, con ad esempio gli impegni trilaterali – insieme al Brasile – culminati nel maggio del 2010, in cui è stato appaltato l'arricchimento dell'uranio iraniano.
Le diverse linee politiche di Ankara
La linea politica di Ankara nei confronti di Teheran è andata modificandosi nel tempo, specie con l'avvento della Primavera Araba, o con la “Fase Uno” dello scudo missilistico da parte della NATO nel 2011. Ad ogni modo, Nell'ombra del programma nucleare iraniano, la Turchia ha sempre posto la propria strategia di garantirsi un eventuale contributo di Teheran nel corridoio di gas meridionale dell'Unione Europea – prima con il Nabucco, e dopo l'abbandono del progetto, attraverso la Trans-Anatolian Natural Gas Pipeline (TANAP). Inoltre, con la disputa sul gas da parte di Russia e Ucraina nel 2009, l'Europa ha accelerato sui propri tentativi di trovare immediate alternative alle risorse di gas; e anche qui la Turchia ha subito rafforzato il proprio ruolo (geografico-diplomatico), coinvolgendo le risorse di gas irachene, azere e iraniane, nell'ambizione di trasformarsi in un centro di distribuzione per i paesi europei. Ma non sono mancati problemi logistici.
Innanzitutto, anche se la Turchia e il Kurdistan iracheno sono divenuti “partner naturali” nella cooperazione del gas, i territori curdi necessitano di importanti miglioramenti per quanto riguarda la produzione stessa ai fini del consumo domestico – progetti che sarebbero in corso attualmente, ma necessitano ancora di qualche anno. La domanda dei curdi iracheni si aggira intorno ai 10 miliardi di metri cubi all'anno, mentre la produzione al momento è pari ai 4 miliardi all'anno. In sostanza, il coinvolgimento del gas curdo nel “progetto europeo” non sembrerebbe fattibile nel breve termine.
Il secondo problema è rappresentato invece dalle sanzioni inflitte all'Iran: le restrizioni renderebbero necessari specifici investimenti specie nel territorio del South Pars, che in teoria potrebbe poi portare lo stesso Iran ad avere grane sia nella produzione di gas per uso domestico che per le politiche di esportazione. E di conseguenza il Corridoio Europeo non riceverebbe alcun beneficio dal secondo giacimento di gas naturale più grande al mondo. Un'alternativa potrebbe arrivare dall'Azerbaijan, il piccolo paese caucasico sotto l'ala protettiva di Ankara, ma la scarsa quantità del giacimento non rappresenterebbe un'alternativa valida alle esigenze dell'UE, così impegnata ad uscire dalla dipendenza totale dal gas russo.
Il gas azero andrebbe a confluire nel TANAP, insieme a quello turkmeno – grazie a un accordo tra Ankara e Asgabat siglato nel 2014 – ma ancora, non si soddisfano le necessità europee. Nel dicembre del 2014, l'Unione Europea ha formalmente chiesto alla TANAP di aumentare la propria capacità di rifornimento di gas di almeno 20 miliardi di metri cubi, nonostante abbia sottolineato la “necessità di prerequisiti di natura tecnica per l'aumento della potenza”. Ma in generale, non sono da escludere accordi con i paesi del Caucaso e dell'Asia Centrale escludendo di fatto l'intervento della Turchia, che potrebbe uscire da qualsiasi tipo di negoziazione.
Gli ostacoli del gas iraniano di confluire nel TANAP
I due principali ostacoli per l'Iran di far confluire il proprio gas nel TANAP sarebbero: il primo di natura politica, legato agli interessi delle Iranian Revolutionary Guard Corps, i quali hanno dichiarato di essere oppositori in prima linea di una possibile esportazione del gas iraniano al di fuori dei confini del paese. Il gruppo controlla le risorse di petrolio e gas dell'Iran, e ritiene che un'apertura alle provvigioni di altri paesi potrebbe scatenare persino un problema di sicurezza e di indipendenza. Al contrario, il gruppo sarebbe piuttosto disposto a migliorare i progetti legati alle risorse energetiche per migliorare il proprio business.
Il secondo ostacolo sarebbe rappresentato dalla capacità delle infrastrutture iraniane di essere in grado di migliorarsi nel breve termine, prima che l'Unione Europea cerchi alternative ai suoi fabbisogni energetici: se la TANAP resterà con tali capacità o se offrirà energia a prezzi troppo alti, non sarebbe da escludere che l'Europa potrebbe riprovare le negoziazioni di nuovo con la Russia, o a cercare soluzioni nelle energie alternative. Ciò significa che la Russia avrebbe, in ultima analisi, tanto da guadagnare sulla rottura dei nuovi accordi instaurati tra l'Iran e l'Occidente: se il gas iraniano comincerà a defluire verso i paesi del Vecchio Continente attraverso la TANAP, Mosca si ritroverà a fronteggiare un competitore che risulterà difficile, in futuro, tenere a bada, da tanti, troppi punti di vista.
Foto / Fonte: aljazeera.com
Dino Buonaiuto