

In scena al Kismet "Io"di Antonio Rezza e Flavia Mastrella
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Abbracci forti, abbracci calorosi, abbracci intraprendenti. Io abbraccio te, tu abbracci me. Ma Io, figlio di noi, ho solo un grande amico: me stesso.[MORE]
E allora cosa si nasconde dietro la stravagante scenografia un po’ zingaresca un po’ circense, dietro l’alfa elica e i drappeggi bucherellati che permettono all’Io di infilarci la testa per affacciarsi al pubblico estraniato?
Se la società ti disprezza, è sempre un problema tuo del resto, e di chi altrimenti?
Io è spavaldo, ironico, si diverte a sputare in faccia alla gente quando meno se lo aspetta fino a provare nostalgia se non lo fa a scadenze regolari. Si diverte a prendere in giro gli spettatori, a impersonare tanti Io diversi, tutti accomunati da un contesto in cui i valori etici basilari sembrano essere volati via.
Io è il protagonista delle contraddizioni, delle voci contrastanti. Ciascuna di esse mette in rilievo un aspetto della sua identità: l’impulso sarcastico, la solitudine, la disillusione, l’umiliazione.
Il palcoscenico sul quale il protagonista si esibisce è l’ennesimo tentativo di trovare l’identità moltiplicandosi, dividendosi, confondendosi, voce e corpo, con la voce e il corpo di un altro io, e di un altro io ancora fino a risultare estraneo a qualsiasi dimora. È un io instabile, in grado di fagocitare tutto e sputarlo fuori in forma eccessiva, burlesca e stravagante. Le sue potenzialità comiche nascono dalla ripartizione, dal suo dinamismo scenico. Ma c’è un sentiero a fine palco, dove porta questo sentiero? Cosa è realtà e cosa finzione?
Vale la pena percorrerlo tutto e stancarsi fino alla morte oppure conviene fregare il sistema e restarsene buoni buoni a lavare lenzuola fino a fondersi con esse in un idillio comico?
Dietro uno spettacolo eccentrico e fuori dalle righe, gli autori Flavia Mastrella e Antonio Rezza salutano tra gli applausi il loro pubblico, lasciandogli sotto il sorriso un pizzico di amaro in bocca.
Roberta Lamaddalena