I fatti di Casignana, il capolavoro di Mario La Cava
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Catanzaro, 9 Ottobre - In occasione del trentennale della morte dello scrittore Mario La Cava (Bovalino, 1908-1988), la casa editrice Rubbettino ha ripubblicato “I fatti di Casignana”, una sua opera, edita per la prima volta nel 1974 da Einaudi, definita dal critico letterario Goffredo Fofi “un capolavoro, uno dei grandi saggio-romanzo della narrativa italiana del Novecento. Un modello a cui si invitano i giovani storici e i giovani narratori e narratrici a tornare, per l’intelligenza e per il bene di tutti”.
“I fatti di Casignana narra le vicende della lotta contadina all’indomani della Grande Guerra in un paese alle pendici dell’Aspromonte per il rispetto della legge Visocchi, secondo cui ai reduci di guerra era concesso di sfruttare i terreni incolti. A Casignana, feudo della principessa di Roccella, i contadini iniziano a bonificare la foresta di Callistro ma, un mese prima della marcia su Roma, la concessione delle terre viene revocata. I contadini, guidati dal sindaco socialista Filippo Zanco, occupano pacificamente la foresta. Il prefetto ordina lo sgombero, le forze dell’ordine attaccano e si consuma la tragedia. A fomentare la dura repressione ci pensano i figli di don Luigi Nicota, il ricco e arrogante proprietario del paese”.
Un romanzo storico dal ritmo incalzante, in cui La Cava, narrando con grande rigore e senza sentimentalismi le vicende accadute a Casignana, analizza le cause per cui i conflitti sociali che animarono l’Italia nei primi anni ’20 del secolo scorso, culminarono nella sconfitta dei movimenti popolari e nel trionfo del fascismo. Per farlo egli sceglie il coro e non l’eroe, numerosi personaggi perfettamente immersi in un “quadro sociologico precisissimo”, grazie alla sua profonda conoscenza della struttura sociale ed alla grande capacità di descrivere un insieme di caratteri. La ricostruzione della verità storica si unisce alle sue invenzioni ma, come scrisse Ferdinando Giannessi, “grazie al suo talento è impossibile distinguere le cuciture fra cronaca e fantasia”. Uno specchio realistico di ciò che è accaduto in cui, attraverso i contrasti tra forze socialiste e ambizioni fasciste, tra padrone e popolo, egli “presenta le masse partendo dal dentro della loro condizione, penetrando nel profondo, scavando anche e confermando la sua qualità di scrittore, che è quella dell’ingegnere di anime. Qui siamo alla psicologia delle masse, in tutte le sue latitudini”, come sostiene l’intellettuale Pasquino Crupi. Da storico e sociologo di grande valore, La Cava mette in evidenza quanto gli interessi dei contadini e quelli dei pastori erano in conflitto, come il potere economico e quello politico erano uniti contro il popolo, l’asservimento al potere delle coscienze di chi era pronto a tradire per trarne vantaggio personale, la solitudine di chi aveva guidato il suo popolo alla rivolta e, dopo la tragedia, avvertiva che la sua figura era ormai completamente deformata, l’illusione, prima, la delusione, dopo, e, infine, la sofferenza di quanti hanno lottato e sono sopravvissuti.
La sua scrittura è lucida, chiara, curata, asciutta ma carica di concretezza e immediatezza. Lo stile ce lo descrive magistralmente Leonardo Sciascia: «esempio e modello del come scrivere: della semplicità, essenzialità e rapidità a cui aspiravo».
Quarantacinque anni dopo la sua prima stesura, grazie alla radicale moralità dell’autore, riesce a mettere in crisi le nostre certezze, a farci riflettere sulla necessità di rivolta, ci invita a cogliere quelli che sono i problemi e le contraddizioni di oggi, ma ci fa anche rendere conto di una grande assenza nella società odierna, quella della coscienza, individuale e collettiva.
Leggere questo romanzo è importante perché, utilizzando le parole di Mario La Cava, “rievocando il passato diventiamo più forti, perché più consapevoli, pensando al futuro, alla vita che ci aspetta”.
Saverio Fontana