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CATANZARO, 7 febbraio 2011 - Catanzaro: nel suo nome forse il segreto dell’arte delle seta
« Hora godendo Catanzaro una perfettissima quiete diedesi alla coltura delle piante sudette, appellate Celsi, o come altri dicono Mori, e col beneficio dell'acque, che l'irrigavan, crebbero in breve con le foglie poi delle quali comincionsi a nutrir il Verme; indi da gusci del detto a cavar nell'acqua bollente la seta; con la pratica d'alcuni Orienteli nella Città commoranti imparando molti la testura di quella, ne fecero drappi di varie sorti; onde in modo vi si stabilì l'Arte »[MORE]
(Vincenzo D'Amato, Memorie historiche dell'illustrissima, famosissima, e fedelissima città di Catanzaro, 1670)
Sulla base di questo testo, si ritiene che l'arte della seta sia stata introdotta a Catanzaro nel 1072, da una casta di Orientali che abitava la città. Secondo una tradizione catanzarese, sia il gelso che il baco sarebbero stati introdotti in Europa proprio in quel secolo che vide la nascita della città e alcune ipotesi fanno derivare il nome stesso della città dal termine "Katartarioi" ovvero "filatori di seta”.
È certo che i primi centri europei dove si lavorò la seta, tra la fine del IX e i primi anni del X secolo d.C. sono italiani, per l'esattezza Catanzaro e Palermo. La spiegazione è abbastanza intuitiva: la prima era sotto il dominio dei bizantini, mentre la seconda era araba e, quindi, tutte e due strettamente legate a culture orientali allora molto forti. Agli inizi del Quattrocento, sotto il dominio Aragonese si ebbe un ulteriore periodo di sviluppo, dovuto all'antica tradizione della lavorazione e del commercio della Seta. Nel 1519 Re Carlo V "riconosce" il Consolato dell'Arte della Seta, anche se gli Statuti dell'Arte della Seta, a noi pervenuti sono dell'8 maggio 1568, è certo che a Catanzaro l'Arte della seta era già florida in tempi precedenti, infatti alcuni artigiani furono chiamati in Sicilia (a Palermo nel 1432 e a Messina nel 1468) per insegnare l'arte del velluto, e in Francia (a Lione nel 1466 e Tours nel 1470) quando il re Luigi XI decise di istituire nei propri domini la manifattura della seta, dove comparve il primo telaio meccanizzato attribuito a "Giovanni il Calabrese". Catanzaro non a caso fu chiamata città della seta, la prima in Italia a coltivare il gelso e il baco da seta intorno al secolo XI°. Simbolo di questa attività divenne la sala del trono dei Durazzo a Castel Capuano, le cui pareti vennero ricoperte di un prezioso damasco donato da Catanzaro al re Ladislao Durazzo nel 1397. Ora Perché l’ arte della seta si sviluppata solo a Catanzaro è un mistero ancora irrisolto, considerando il fatto che a quei tempi tutto il meridione d’Italia era sotto il dominio Bizantino.
Alcuni studiosi ritengono che il significato stesso del nome primitivo della città, Katantzárion, potrebbe essere fatto risalire al verbo greco Katartizen, il cui significato è preparare, confezionare ed anche lavorare e denota chiaramente l'azione che appartiene ad un qualche processo preparatorio, con riferimento ad un luogo segreto (ant) posto sotto (katà) le terrazze (anzar) di un monte. Laggiù (Katacì) oltre il fiume Zaro, il cui accesso, consentito solo a chi conosceva il posto, era controllato dalla porta di Stratò, su cui erano presenti tutte le risorse ambientali per l'impianto di un opificio, l'acqua necessaria in tutte le fasi della lavorazione, il vento per allontanare il cattivo odore, il sole per asciugare la seta. In quel luogo occulto, gli artigiani (Katartarioi) esercitavano la trattura della seta grezza (Katarteon sericon) e con le loro “segrete invenzioni” per la filatura e la torcitura, preparavano il prezioso filo di seta (Katartizein metaxa). La presenza di una tale struttura ovvero uno stabilimento imperiale (risalente alla prima colonizzazione), con manodopera qualificata e speciali attrezzature tecniche, nel quale potrebbero essere confluiti sia gli artigiani espulsi dalle corporazioni e mandati in esilio, sia schiavi orientali giustificherebbe lo sviluppo e la successiva affermazione dell'Arte della seta nella sola Catanzaro, dove più profonde erano le radici bizantine
La produzione del gelso era concentrata nei paesi del circondario: la seta grezza, prodotta dalle famiglie contadine, veniva tessuta nelle botteghe artigiane di Catanzaro.
Questa attivita' coinvolgeva la maggior parte della popolazione. A partire dalla fine del '400, era tradizione che l'incontro primaverile fra i catanzaresi e i mercanti stranieri, si svolgesse a Reggio Calabria, nel cui porto sbarcavano Spagnoli, Veneziani, Genovesi ed Olandesi. I festeggiamenti dei setaioli, per i buoni affari portati a termine, si svolgevano il martedi' dopo la Pentecoste.
Un posto speciale, fra i clienti dei catanzaresi, lo avevano i Francesi, ottenendo nel 1470, che la corporazione della seta inviasse i maestri a Tours per insegnarvi la loro arte. Il 24 del 1445 il re Alfonso D'Aragona concedeva alla città il privilegio di essere demaniale e di affrancarla da qualsiasi diritto di tintoria, tessitura e torcitura.
Risale inoltre al 1470 la richiesta da parte dei tessitori francesi di Tours e Lione, indirizzata ai maestri tessitori di Catanzaro affinché gli stessi si recassero in Francia al fine di creare una scuola perfezionata dell'arte serica, istruendo nel contempo i tessitori esistenti in loco.
I maestri della seta di Catanzaro accettarono l'invito, portando in altro paese la perfetta tecnica dei broccati, della seta pura, dei velluti, dei tessuti composti. Ancora oggi, nel centro storico della città vi è un quartiere, denominato "Filanda", che sta proprio ad indicare l'ubicazione degli antichi laboratori e delle scuole dove si tesseva e si filava. La Calabria del tempo era divisa in feudi; alcuni feudatari erano fedeli alla Corona, altri le erano contro e trovavano accordi ed intese tra i signori locali al fine di raggiungere una certa indipendenza. In questa visuale va inquadrata la "demanialità" del territorio di Catanzaro. Infatti, quando l'imperatore Carlo V divenne re di Napoli, la città dimostrò con chiarezza la propria fedeltà alla CoronaTra il '500 e il '600 la produzione serica catanzarese ebbe il massimo splendore. Un censimento dell'epoca elencava che "abbondanti tessuti di velluto e preziosi damaschi in seta venivano lavorati su mille telai da settemila persone".
Per volere dell'imperatore Carlo V°, nel 1519, venne redatta una dettagliata codificazione dal titolo Capitoli e ordinazioni della nobilissima arte della seta a Catanzaro. Il 30 del 1519 Carlo V concedeva alla città di eleggere i "Consoli della Seta", così come avveniva dal 1465 solo nella città di Napoli
Non va dimenticato che Carlo V - ultimo sovrano del Sacro Romano Impero - era re di Spagna e di Napoli; ereditò il regno dell'Imperatore Massimiliano d’Asburgo e quello di Ferdinando il Cattolico di Spagna. I possedimenti di Carlo V si estendevano anche oltre i confini europei; è famosa la sua frase: "sul mio regno non tramonta mai il sole". Catanzaro si trovò coinvolta nella guerra del 1528, quando il francese Odet de Lautrec - in accordo con alcuni feudatari calabresi - iniziò la campagna per la conquista della Calabria, alleandosi con il romano Simone Tebaldi, conte di Capaccio, nonché con Francesco di Lauria, signore di Cirella ed Aieta (tale alleanza era ovviamente sorta contro l'imperatore Carlo V). L'arte della setà durò per molto tempo, assidirittura Il 22 del 1767 si fondò il mercato della seta da tenersi il Giovedi ed il Sabato di ogni settimana davanti al Convento di S. Francesco d'Assisi, oggi Piazza Prefettura.
Oggi, oltre alla produzione artigiana, si possono ammirare in città alcuni paramenti sacri di tessitura locale cinquecentesca e settecentesca, nelle sacrestie della Chiesa del Rosario e nel Duomo.
Gli artigiani della seta - grazie all'antica esperienza ed alla qualità del prodotto noto in Italia e nei paesi europei - continuarono a fornire alla città notevoli scambi commerciali. .
Mario Sei