Viaggio nell'eternit. La spirale del silenzio e della morte in Italia/5
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MILANO, 25 Febbraio 2012 – (continua da quarte parte) È di questi giorni la scoperta della guardia di finanza di Catania di 500 tonnellate tra rifiuti speciali e amianto ammassati su un’area di oltre quaranta ettari dell’ex cartiera Keyes, vicinissima al mare e alla splendida oasi naturalistica di Marina di Cottone.
Rapporto da mani nei capelli anche dal Lazio: nel 2011 il registro regionale delle mesoteliomi ha evidenziato come nella regione i casi di cancro maligno registrati nell’ultimo decennio siano stati ben 716. [MORE]Di questo passo ci vorranno cent’anni per liberarsi nel solo Lazio del materiale, perché i numeri sono davvero impressionanti: 700 mila tonnellate di coperture, pari a più di 54 milioni di mq. In Italia invece i dati fanno davvero paura: secondo stime del Cnr, poi, ci sarebbero 32 milioni di tonnellate sparse in 2,5 miliardi di mq di coperture in cemento-amianto. Il tutto a vent’anni esatti dalla legge 257 che impedì la produzione di eternit nel nostro paese!
In una nota a margine della sentenza di Torino, il ministro dell’ambiente Corrado Clini ha ammesso: «il problema vero in Italia è che, nonostante l’impegno del ministero dell’ambiente in questo campo e le ingenti risorse impiegate, non abbiamo ancora una mappatura completa dei siti che devono essere risanati per l’inquinamento da amianto. Si tratta di decine di migliaia di realtà, dalle più piccole alle più grandi, e per le quali il monitoraggio avviato con le regioni non è stato ancora concluso».
Per anni l’Italia è stato il secondo produttore europeo con quasi quattro milioni di amianto grezzo estratto, prodotto e messo in commercio. Legambiente, raccogliendo i dati parziali di undici regioni, informava nel 2011 come ci fossero almeno 50mila edifici pubblici e privati da bonificare. Questo alla lunga provoca danni! Spesso irreversibili! Sarebbero infatti duemila l’anno le morti causate da esposizione ad amianto, delle quali 900 per mesotelioma pleurico. Ma ciò che più preoccupa gli esperti è che, dato che il periodo di latenza di questo tumore può arrivare fino a quarant’anni, c’è il rischio di avere un picco di morte nel 2018.
Stefano Villa