Verona, diciottenne pakistana costretta ad abortire in patria
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VERONA, 17 MAGGIO – Farah, una giovane studentessa di origini pakistane ma residente a Verona, è stata costretta dalla famiglia a tornare in patria per abortire il figlio che sarebbe nato entro pochi mesi. A dare l’allarme è la stessa giovane, la quale ha scritto dei messaggi su Whatsapp alle amiche e al fidanzato italiano. [MORE]
La diciottenne scrive: “Mi hanno fatto una puntura e hanno ucciso il mio bambino. Mio padre vuole che mi sposi qui”. Secondo la testimonianza della ragazza, la famiglia l’avrebbe legata a un lettino e costretta ad abortire, nonostante si trovasse ormai a gravidanza avanzata. Sembrerebbe che Farah si trovi sotto la costante sorveglianza della madre e della sorella e che i suoi documenti le siano stati sottratti, così da impedirle ogni tentativo di fuga.
In passato la giovane ha denunciato i maltrattamenti del padre e per questo motivo aveva trovato rifugio in una casa-famiglia. Ma a gennaio sarebbe tornata dalla propria famiglia, affermando che i rapporti si erano rasserenati. Subito dopo la giovane è stata portata in Pakistan con la scusa del matrimonio del fratello.
A denunciarne la scomparsa sono i docenti dell'Istituto professionale Sanmicheli, allertati dalle compagne della giovane. La Digos è subito intervenuta, coinvolgendo anche il consolato pakistano. Farah aveva anche ricevuto la possibilità di sostenere in anticipo gli esami di maturità, che altrimenti sarebbero coincisi con il periodo del parto. Il padre e il fratello, attualmente a Verona, non sembrano voler collaborare perché la giovane sia liberata.
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Velia Alvich