Torna la paura dell' Untore in Italia. Questa volta porta la Tbc e, neanche a dirlo, è romeno
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Roma 25 agosto 2011 - Come nel famoso romanzo di Alessandro Manzoni, ambientato nella Milano del seicento dominata dagli spagnoli, “ I Promessi Sposi” allorché si credeva fossero gli Untori a diffondere tra il popolino il contagio della Peste bubbonica, così oggi, dopo la scoperta a Roma di un’infermiera addetta al reparto di neonatologia del Policlinico cattolico Gemelli ammalata di Tbc, in Italia sta tornando la paura dell’Untore e la stampa con un subdolo andamento crescente inizia a diffondere nuovamente l’allarme stranieri visti in qualità di potenziali bombe batteriologiche umane pronte ad attentare alla salute degli italiani. [MORE]
Non tutti gli stranieri però vengono additati come portatori sani del terribile, solamente a livello massmediologico però, bacillo di Koch. Albanesi, polacchi, russi, ucraini e sudamericani sono considerati immigrati sani che non creano problemi alla popolazione autoctona, specialmente a quella infantile. Dando per scontato che tra i pericoli da cui gli italiani si devono guardare vengono indicati gli abituali magrebini del Nord- Africa, è tuttavia contro la maggior comunità di immigrati presenti nel nostro paese, e cioè contro i romeni, che si scagliano le maggiori invettive. Sono loro, e specificatamente i loro bambini ad essere considerati i nuovi Untori di manzoniana memoria da mandare senza indugio al rogo. A proposito ieri mattina sul quotidiano on- line Agoravox, edito tra l’altro in Francia, il più letto quotidiano on- line europeo, nella sezione Italia compariva un articolo dal titolo allarmante:” TBC: la tubercolosi è in Italia”. In esso tra l’altro si scriveva che “ ..
Occorre che prendiamo atto che in Italia c’è il ritorno della Tubercolosi” oppure che “ …è proprio tra l’immigrazione che va cercata la fonte di questo ritorno infettivo ed a tale proposito va ricordato che alcuni tra i maggiori epidemiologi italiani indicano la Romania come fonte storica della Tbc”. Si concludeva, sempre riferendosi al Paese attraversato dai Carpazi, che bisogna stare lontani da persone i cui“ modi di vivere e pensare sono troppo lontani per essere chiamati con l’unico nome di Europa”. Romenofobia allo stato puro, dunque, che non appare dalle colonne di un giornale leghista o di destra bensì dalle colonne di un quotidiano smaccatamente di sinistra, anche un po’ spinta, che dell’avversione al governo Berlusconi che regge le sorti d’Italia ha fatto una bandiera politica.
Ovviamente pure su qualche giornale di destra, come il romano “ Il Tempo” appaiono toni simili: sul quotidiano di cui è stato tra i maggiori direttori l’attuale Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, è apparso il giorno precedente un titolo del seguente tenore :” Test della Tubercolosi anche negli asili- nido”. In esso si illustrava come negli asili italiani, dedicati alle cure della prima infanzia, le educatrici avessero paura del contagio in quanto “ ogni giorno sono a contatto con decine di bimbi stranieri”. In particolare un’istitutrice romana spiegava come nei quartieri periferici della Capitale “…abbiamo un’alta percentuale di bimbi stranieri, in larghissima maggioranza romeni. I loro genitori presentano redditi ridicoli e quindi passano davanti ai nostri italiani nel trovare posto presso di noi.
Bisogna ricordare che la Tbc proveniente dall’Est Europa è pericolosissima”. Ormai, però, al di la dell’opinione dell’educatrice dell’asilo- nido, artatamente intervistata dal “ Tempo”, in buona parte di Roma si sta diffondendo l’ennesima fobia anti- romena presso i genitori dei bimbi più piccoli, non solo italiani ma pure immigrati da altre nazioni d’Europa come Albania od Ucraina. Ritorna dunque alla ribalta l’ennesima Romenofobia, segno di una mai ricercata fino in fondo modalità di convivenza pacifica con la maggiore comunità d’immigrati presente in Italia, più di un milione di residenti.
Non è un mistero che gli italiani considerino i romeni un pericolo permanente per la loro pacifica e civile convivenza e che, ogni qualvolta il clima romenofobico tende a raffreddarsi, ecco che improvvisamente per i motivi più disparati c’è qualche mass- media che lo riattizza. In realtà, come spiegano alcuni infettivologi italiani, la Tbc è presente tra i romeni nello stesso modo in cui è presente tra altre comunità d’immigrati. “ Certamente l’aumento della popolazione, grazie all’apporto dell’immigrazione in generale e dunque non solo di quella romena, in Italia ha causato un innegabile aumento dei fattori di rischio e del numero dei portatori sani della malattia.
C’è, però, un altro fattore, questa volta tutto autoctono, che ne favorisce la moderata crescita di questi anni e cioè l’invecchiamento della popolazione locale e l’allungamento della vita- media di soggetti il cui organismo, pur senza aver mai sviluppato i sintomi della malattia, ha conosciuto il bacillo. Sicuramente però la mancanza di una seria opera di prevenzione, non solo della Tbc ma pure di sifilide e gonorrea, venuta meno nel decennio scorso in un momento invece in cui, a causa del rimescolamento della popolazione, sarebbe stato necessario mantenere i prescritti screeneng sin dal momento dell’iscrizione dei bambini di ogni razza e nazionalità presenti in Italia a scuola, ha portato all’aumento dei contagi. Gli italiani hanno cantato vittoria troppo presto ed, oggi, pur di non fare autocritica cercano gli Untori altrove” dicono.
Sergio Bagnoli