Se muoio, sopravvivimi. Intervista ad Alessio Cordaro
Cronaca Sicilia

Se muoio, sopravvivimi. Intervista ad Alessio Cordaro

venerdì 7 dicembre, 2012

PALERMO, 7 DICEMBRE 2012 - Alessio Cordaro, un ragazzo siciliano di 33 anni. Lavora nel call center di una grande azienda telefonica. Progetta anche siti web. Pratica sport come il paracadutismo, il bungee jumping e il free climbing. È un ragazzo che ama lo sport non convenzionale. Sua madre è Lia Pipitone, una giovane assassinata a Palermo il 23 settembre 1983 durante una finta rapina. La versione ufficiale dei fatti ci dice che il giorno dopo l’omicidio il più caro amico di Lia si suicida. Secondo quanto rivelato dai collaboratori di giustizia, Lia sarebbe stata uccisa per ordine del padre Antonino Pipitone, assolto al processo, appartenente al clan dell’Acquasanta che ha segnato l’ascesa di Cosa Nostra di Riina e Provenzano. Quando gli è stata uccisa la madre, Alessio aveva 4 anni. Ora ha scritto il libro-inchiesta “Se muoio, sopravvivimi” con il giornalista di Repubblica Salvo Palazzolo per cercare la verità sulla misteriosa morte della madre e per dare la speranza che questo libro possa dare a Lia quel riconoscimento che gli è stato negato. Alessio dice: « Ho deciso di tenere conto dei testimoni della vita di madre, diventati anche testimoni della sua morte. Riuscirò a riaprirlo questo caso, non solo davanti alla giustizia, ma anche (e soprattutto) davanti alla città, che si è ormai dimenticata di lei».[MORE]

Quando e perché hai sentito il bisogno di scoprire la verità?

Quando la mia età mi permise di apprendere che mamma non era morta per un incidente stradale iniziai una ricerca perché ero convinto che quello che sapevamo/sapevo non era tutto, ma mi arenai quasi subito. La ricerca della verità in questi casi pone muri spesso invalicabili se non si è supportati dalle istituzioni.

Cosa ti dissero i tuoi parenti su tua madre?

Ovviamente me ne hanno sempre dato una versione comprensibilmente addolcita sia di mamma come persona sia delle circostanze che l'hanno portata via da me. Inizialmente (considerata la mia età) mi dissero che era morta per un brutto incidente stradale, parecchi anni dopo papà mi consegno un raccoglitore che conteneva gli articoli dei quotidiani dell'epoca e le foto di me e mamma.

Hai mai parlato di Lia con tuo nonno?

No mai. In realtà le occasioni in cui lo incontravo erano davvero poche, o perché stava scontando qualche pena o perché per alcuni anni ho vissuto lontano da Palermo, prima in provincia di Agrigento e poi a Catania. Le occasioni per incontrarlo si riducevano ad un paio l'anno ed erano sempre da me percepite come un dovere e mai come un piacere.

Nel 2003 alcuni collaboratori di giustizia hanno fatto il nome di Antonino Pipitone come mandante dell’omicidio. Hai mai chiesto spiegazioni a tuo nonno?

Negli ultimi anni sono stato tentato più volte di andare e chiedere se sapeva qualcosa sulla morte di mamma, ma all'ultimo momento desistevo perché ero convinto che non mi avrebbe mai detto la verità e che comunque qualsiasi cosa mi avesse detto non sarebbe servita a dissipare i miei dubbi.

Di cosa sei convinto ora?

Sono dell'idea che la morte di mamma non sia una sfortunata casualità, troppi aspetti di questa vicenda lasciano pensare che non sia una sfortunata e tragica coincidenza: la dinamica della rapina per la quale i due balordi non scapparono subito dopo aver incassato gli introiti della giornata; il fatto che non ne seguì nessun evento criminale, se fosse stato un errore di due balordi ad uccidere la figlia di un capo mafia di solito questi di li a poco la pagano; il suicidio di Simone a nemmeno 24h di distanza; il tipo di pistola utilizzata per la rapina che era un'arma generalmente utilizzata per agguati mafiosi. Sono convinto che l'omicidio sia stato commissionato perché la sua voglia di libertà e l'idea di una figlia che si batteva contro ciò che il padre rappresentava, per Cosa Nostra equivale a disonorare il nome della famiglia.

Chi è oggi Alessio Cordaro?

Oggi Alessio è un uomo che è cresciuto con la consapevolezza che ciò che sa di sua madre non è tutto e che vuole scoprire la verità. In cuor mio spero che ciò che sto facendo possa servire anche a chi oggi si ritrova in situazioni simili e che da questo libro possa trovare uno stimolo per ribellarsi e sfuggire ad una realtà che non ha scelto ma che gli è stata imposta, spero che possa essere un modo per sottrarre un po' della nostra terra alla criminalità organizzata e ridarla ai cittadini onesti. Avevo trovato un equilibrio nella mia vita e adesso invece dovrò ricostruirmi da zero. Ma spero che la magistratura potrà fare luce sul delitto, non ho scritto il libro per puntare il dito contro qualcuno ma se si scopre il chi e il perché avrei reso giustizia a mia madre.

Hai mai avuto paura?

Di cosa? Paura della mafia? No. Oggi ho solo un po' di timore per le persone che mi stanno vicino. In alcuni casi ho avuto timore delle mie reazioni, di diventare cattivo e di inseguire autonomamente quella giustizia che ad oggi non è ancora stata fatta, ma tra gli insegnamenti che i miei genitori mi hanno trasmesso senza dubbio ci sta quello che non si può sconfiggere il male con il male e allora tornavo a dimenticare e a nascondere questa storia a tutti.

Perché, secondo te, tua madre amava così tanto la poesia di Neruda?

Mamma amava la poesia in genere, amava leggere, ascoltare musica, dipingere e ogni tipologia di espressione artistica e di libertà; perché proprio questa poesia non saprei ma ho i brividi se penso al messaggio della stessa che sembra profetico.

Hai scritto il libro-inchiesta “Se muoio, sopravvivimi” con il giornalista di Repubblica Salvo Palazzolo, per quali ragioni?

Quando Salvo mi contattò la prima volta chiedendomi se avessi il desiderio di provare con lui a reperire nuove informazioni non ero entusiasta dell'idea. Il mio viaggio , in realtà, lo avevo già fatto, avevo già tirato le somme e mi ero arreso a ciò che avevo intuito. Arrivare chi ha ucciso e al perché è stata uccisa tua madre non è un percorso semplice. Erano ormai quasi trenta anni che custodivo questa parte della mia vita e della vita di mia madre dentro un simbolico cofanetto a cui avevo dato più mandate e l'idea di riaprirlo rimettendo in gioco tutto mi travolse lasciandomi in balia dell'incertezza, indeciso se proseguire per questa strada o meno. Poi maturai l'idea che questa poteva essere un'occasione se non per scoprire la verità, almeno per riprendere un percorso che mi potesse ricondurre a essa e la speranza che questo libro possa dare a mia madre quel riconoscimento che ad oggi gli è stato negato. Non è stato facile lavorare alla realizzazione del libro soprattutto dal punto di vista emotivo, la ricerca nel tentare di dare una spiegazione alla morte di mia madre spesso mi ha portato a conoscere una parte della sua vita e della vita di Palermo poco piacevole e dura da affrontare ma, nello stesso tempo, mi ha anche dato la possibilità di conoscere particolari piacevoli della sua vita come le sue passioni, il lato combattivo e testardo del suo carattere, il suo rapporto da sorella maggiore verso i suoi amici e compagni di scuola, la capacità di essere diplomatica e aperta anche verso coloro che parteggino per cause assurde. Anche se non è stato semplice, sono contento di averlo fatto.
 

Giulia Farneti


Autore
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