Rosatellum, presentato ricorso a Firenze: giudice si riserva su questione di costituzionalità
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FIRENZE, 17 GENNAIO – Il giudice Giuseppina Guttadauro, del Tribunale civile di Firenze (sezione Protezione Internazionale), si è riservata la decisione sul ricorso presentato dal Deputato Massimo Artini (ex-M5S, ora in Alternativa Libera) contro il “Rosatellum bis”, la nuova legge elettorale, con la quale si andrà a votare il prossimo 4 marzo. [MORE]
Il giudice ha tenuto stamane l’udienza sul ricorso di Artini, che è assistito dall’Avvocato Paolo Colasante di Roma, mentre convenuta è la Presidenza del Consiglio dei Ministri rappresentata in giudizio dall’Avvocato dello Stato Stefano Pizzorno. Il ricorrente Artini, che agisce non come parlamentare ma come elettore che chiede di tutelare il suo diritto di voto, ha l’obiettivo di un intervento della Corte Costituzionale e di un suo giudizio di legittimità in via incidentale, auspicando dunque un rinvio della questione alla Consulta da parte del Tribunale adito.
Quello presentato da Artini è il primo ricorso contro il Rosatellum bis di cui si discute davanti ad una corte giurisdizionale, ma lo stesso Avv. Colasante ne ha depositati altri due, dinanzi ai Tribunali di Roma e L’Aquila, con la medesima procedura cautelare d’urgenza prevista dall’art. 700 cpc. La prima decisione sarà presumibilmente quella del Tribunale fiorentino, che secondo i legali dovrebbe emanare l’ordinanza nel giro di pochi giorni, dopo l’udienza tenutasi stamattina. Il 31, invece, si terrà l’udienza a L’Aquila, dove il ricorso è stato promosso su mandato di Stefano Moretti, Presidente dell’Osservatorio Antimafia Abruzzo. Infine, sarà la volta di Roma (la data non è stata ancora fissata), dove a prendere l’iniziativa è stata la Deputata Eleonora Bechis.
Secondo i ricorrenti la nuova legge elettorale sarebbe illegittima almeno per tre ragioni: vi sarebbe una violazione del diritto di voto (art. 48 Cost.), del principio dell’elezione del Senato su base regionale (art. 57), ma anche del principio di uguaglianza (art. 3).
Sotto accusa sono finite, innanzitutto, le soglie di sbarramento fissate dal Rosatellum, in particolare nel combinato disposto delle soglie del 3 e dell’1%, previste su base nazionale per le singole liste. Come si legge nel ricorso, “I voti ottenuti dalle liste che abbiano conseguito meno dell’1% sono effettivamente dispersi, tuttavia i voti ottenuti dalle liste che abbiano conseguito fra l’1% ed il 3% delle preferenze (che non accedono al riparto dei seggi) sarebbero comunque utili ai fini del calcolo della cifra elettorale della coalizione”. Ciò, secondo gli attori, significherebbe paradossalmente fare in modo che il voto espresso da un elettore per un partito finisca per essere conteggiato a favore di un’altra lista e per questo si configurerebbe una violazione del diritto di voto diretto, ma anche dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza del voto stesso.
Per quanto riguarda il Senato, invece, c’è la questione dello sbarramento determinato a livello nazionale, elemento considerato “di dubbia compatibilità con la previsione costituzionale di un Senato eletto a base regionale (art. 57)”.
Non mancano infine critiche alla discussa previsione che consente al candidato in un collegio uninominale di candidarsi anche nei collegi plurinominali fino ad un massimo di cinque, norma che finirebbe per determinare “una certa mobilità delle liste di candidati del collegio plurinominale e perciò una loro non perfetta conoscibilità da parte degli elettori”. Ma altrettanto irragionevole, secondo i ricorrenti, sarebbe la disposizione in base alla quale un candidato eletto in più collegi plurinominali verrebbe proclamato eletto nel collegio nel quale la lista abbia ottenuto il numero minore di voti, determinando così una ulteriore violazione del principio del voto diretto ed eguale.
Se le questioni di costituzionalità sollevate dovessero effettivamente arrivare dinanzi alla Consulta, le possibili decisioni di quest’ultima potrebbero essere nel merito le più disparate. Probabilmente, però, anche se venissero accolti i ricorsi, si perverrebbe ad una declaratoria di illegittimità soltanto parziale, rendendo quindi il Rosatellum comunque applicabile al netto delle disposizioni ritenute incostituzionali.
Francesco Gagliardi
Fonte immagine: juzaphoto.com