'Ndrangheta: rifiuti interrati, valori sopra soglia 6.000%
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'Ndrangheta: rifiuti interrati, valori sopra soglia 6.000%

martedì 19 ottobre, 2021

REGGIO CALABRIA, 19 OTT - Rifiuti speciali, anche pericolosi, venivano interrati nel suolo, anche sotto terreni agricoli alcuni dei quali sono risultati gravemente contaminati da sostanze altamente nocive con valori che in alcuni casi sono arrivati al 6000% sopra il limite previsto con il concreto pericolo di contaminazione anche della falda acquifera sottostante. E' quanto emerso nel corso delle indagini "Mala pigna" dei carabinieri Forestali coordinate dalla Dda di Reggio Calabria che ha portato all'arresto di 19 persone - 10 ai domiciliari - all'obbligo di dimora per altri 9 indagati e un obbligo di presentazione.

Secondo la ricostruzione degli investigatori, autocarri aziendali partivano dalla sede di una società con il cassone carico di rifiuti speciali, spesso riconducibili a "Car Fluff" (rifiuto di scarto proveniente dal processo di demolizione delle autovetture) e giungevano in terreni agricoli posti a pochi metri di distanza, interrando copiosi quantitativi di rifiuti, anche a profondità significative. Gli accertamenti eseguiti hanno portato alla scoperta anche dell'interramento di altri materiali, quali fanghi provenienti presumibilmente dall'industria meccanica pesante e siderurgica.

Dietro lo smaltimento illecito dei rifiuti, secondo l'accusa, vi sarebbe stata la famiglia di Rocco Delfino, ritenuto il "tutore degli interessi della cosca Piromalli", che avrebbe utilizzato allo scopo alcune sue aziende operanti nel settore dello smaltimento avrebbe promosso un'associazione volta al traffico illecito di rifiuti mediante la gestione di aziende, come la "Mc Metalli srl" e la "Cm Servicemetalli srl", fittiziamente intestate a soggetti terzi ma riconducibili, per l'accusa, alla diretta influenza e al dominio della sua famiglia. L'indagine, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall'aggiunto Gaetano Paci e dai pm Gianluca Gelso, Paola D'Ambrosio e Giorgio Panucci, è partita da un sopralluogo eseguito a Gioia Tauro nella sede della società "Ecoservizi Srl", ditta di trattamento di rifiuti speciali di natura metallica e gestita dalla famiglia Delfino, da decenni attiva nel settore.

I primi riscontri hanno evidenziato che la società, nonostante fosse oggetto dei provvedimenti di sospensione dell'autorizzazione al trattamento dei rifiuti e di cancellazione dall'Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, era diventata il fulcro di un'attività organizzata per il traffico di rifiuti speciali di natura metallica, con base operativa a Gioia Tauro e con marcate proiezioni sul territorio nazionale ed internazionale. Obiettivo di Rocco Delfino, per anni socio e procuratore speciale della società, era quello di servirsi dell'immagine e del nome di società apparentemente "pulite", avente le carte in regola per poter ottenere le autorizzazioni necessarie alla gestione del settore.

In Aggiornamento
Ndrangheta: traffico rifiuti, arrestato anche Pittelli Interrati in terreni agricoli, contaminazione 6000% oltre limite

Rifiuti speciali venivano interrati anche sotto terreni agricoli, alcuni dei quali sono risultati contaminati da sostanze altamente nocive con valori che in alcuni casi sono arrivati al 6000% sopra il limite previsto con il concreto pericolo di contaminazione della falda acquifera. E' quanto emerso dall'operazione "Mala pigna" contro la cosca Piromalli di Gioia Tauro che ha portato all'arresto di 19 persone e altre 10 misure cautelari. Tra gli indagati l'avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli nei confronti del quale, su richiesta della Dda di Reggio Calabria, il gip ha disposto il carcere.

Già imputato nel processo "Rinascita-Scott", l'ex senatore è accusato di concorso esterno. Per la Dda, infatti, era il "faccendiere di riferimento avendo instaurato con la 'ndrangheta uno stabile rapporto 'sinallagmatico'". Secondo i pm avrebbe garantito "la sua generale disponibilità nei confronti del sodalizio a risolvere i più svariati problemi, sfruttando le enormi potenzialità derivanti dai rapporti con importanti esponenti delle istituzioni e della pubblica amministrazione". Inoltre avrebbe veicolato "informazioni all'interno e all'esterno del carcere tra i capi della cosca Piromalli detenuti al 41 bis" come il boss Giuseppe Piromalli detto "Facciazza" e suo figlio Antonio, reggente della cosca. Il gip ha disposto pure il sequestro di cinque aziende di trattamento rifiuti tra Calabria e Emilia Romagna. Il blitz contro i Piromalli - dopo un'indagine condotta dal Nipaaf, il Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale dei Carabinieri Forestali - è scattato nelle province di Reggio, Catanzaro, Cosenza, Ravenna, Brescia e Monza-Brianza. All'operazione hanno partecipato i carabinieri forestali dei Reparti in Calabria, Sicilia, Lombardia ed Emilia Romagna, del Comando provinciale di Reggio, dell'Aliquota di primo intervento di Reggio, con il supporto dello squadrone eliportato "Cacciatori Calabria" e dell'ottavo Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia.

Tra i rifiuti interrati rinvenuti anche fanghi provenienti presumibilmente dall'industria meccanica pesante e siderurgica. Dietro lo smaltimento illecito, per l'accusa, vi sarebbe stata la famiglia di Rocco Delfino, ritenuto il "tutore degli interessi della cosca Piromalli". Era lui il dominus del traffico illecito di rifiuti mediante la gestione di aziende fittiziamente intestate a terzi. Coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall'aggiunto Gaetano Paci e dai pm Gianluca Gelso, Paola D'Ambrosio e Giorgio Panucci, l'indagine ha portato alla scoperta del traffico di rifiuti speciali che aveva marcate proiezioni sul territorio nazionale ed internazionale.

Pittelli, per l'accusa, non era l'unico professionista al servizio del clan. Sono finiti ai domiciliari, infatti, commercialisti e avvocati. Ma anche Giuseppe Antonio Nucara e Alessio Alberto Gangemi, amministratori giudiziari della società "Delfino s.r.l.", facente capo all'omonima famiglia. Nominati dal Tribunale sezione Misure di prevenzione e successivamente quali coadiutori, giusta nomina da parte dell'Agenzia Nazionale per l'amministrazione dei beni sequestrati e confiscati, i due sono accusati di aver "concretamente e stabilmente partecipato alle attività delittuose del gruppo così consentendo che il sodalizio utilizzasse la società confiscata".



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