Moody's declassa Italia a Baa3
Economia Lombardia Milano

Moody's declassa Italia a Baa3

sabato 20 ottobre, 2018

MILANO,20 OTTOBRE - Moody’s boccia l’Italia, che paga per l’innalzamento del deficit prospettato nella manovra e l’incapacità del governo di progettare riforme coerenti in uno scenario di crescita in frenata intorno all’1%.
L’agenzia americana ha declassato il rating sul debito sovrano dell’Italia a Baa3 da Baa2, appena un gradino prima del livello non investment, più noto come «spazzatura», mentre l’outlook resta stabile. Questo vuol dire che il nostro Paese almeno per il momento non rischia di precipitare ulteriormente, per ritrovarsi in compagnia di Paesi i cui titoli, ritenuti troppo rischiosi, non possono essere acquistati dai grandi investitori istituzionali mondiali.

Nel suo comunicato, Moody's spiega che la decisione è dipesa da un «cambio concreto della strategia di bilancio, con un deficit molto più elevato rispetto alle attese».

L’agenzia indica in particolare due ragioni che l’hanno spinta al downgrade. Primo, «un indebolimento materiale della forza fiscale dell’Italia, con il governo che punta a deficit di bilancio per i prossimi anni più alti di quanto Moody’s avesse presunto in precedenza». Secondo, «le implicazioni negative per la crescita nel medio termine dello stallo nei piani per le riforme economiche strutturali e fiscali». 

 Il deterioramento delle finanze pubbliche a causa dell’aumento del deficit nei prossimi anni, rispetto a quanto atteso, farà probabilmente stabilizzare il rapporto tra debito e Pil vicino all’attuale 130% negli anni a venire, invece di cominciare a ridurlo: siccome la crescita si sta affievolendo, un debito di queste dimensioni risulta particolarmente vulnerabile agli shock e dunque potrebbe evidenziare anche un percorso di risalita. 

Inoltre le prospettive di crescita più debole potrebbero fare ulteriormente aumentare il debito dal suo livello già elevato.

Al di là dei numeri, la valutazione delle prime mosse del nuovo esecutivo si sofferma sull'assenza di riforme coerenti per allineare la crescita italiana a quella degli altri Paesi in modo sostenibile. Non c'è secondo Moody's una «coerente agenda di riforme» che affronti in modo strutturale il nodo della bassa crescita italiana. L'incremento del prodotto interno lordo dovrebbe risultare ben meno intenso di quanto atteso. Finora l’Italia ha beneficiato di un rialzo temporaneo, legato a una politica fiscale espansionistica, ma la crescita ricadrà nel trend abituale di un aumento intorno all’1%, teme Moody’s. Perfino nel breve termine lo stimolo fiscale offrirà una spinta più limitata di quanto stima il governo.

A fronte di questi pesanti osservazioni, l'agenzia di rating cita anche i motivi per cui ha ritenuto di giudicare stabili le prospettive future. I rischi presenti vengono bilanciati da alcuni tradizionali fattori di forza della nostra economia, che in qualche modo resistono nonostante il deteriorarsi della situazione. Si tratta di un'economia ampia e diversificata, di una posizione verso l'esterno solida con un sostanziale avanzo corrente e di una posizione internazionale equilibrata per quanto riguarda gli investimenti. Tra gli elementi positivi viene anche citato anche «l'alto livello di ricchezza delle famiglie» che rappresenta «un importante cuscinetto contro futuri shock ed anche una sostanziale fonte di finanziamento per il governo». Come dire, in caso di bisogno è sempre possibile inasprire il prelievo fiscale e imporre una patrimoniale.

Il 10 ottobre scorso Mark Zandi, capo economista di Moody’s Analytics, ci aveva anticipato così la logica del downgrade: «La manovra del governo è un errore. E’ come giocare d’azzardo con la salute economica e fiscale di lungo termine dell’Italia. Questo è un periodo in cui dovreste lavorare per ridurre il deficit di bilancio e abbassare il debito, perché l’economia globale cresce, e il resto dell’Europa va bene». Quindi aveva aggiunto: «Prendere soldi in prestito per cercare di crescere, nonostante la difficile situazione fiscale dell’Italia, e il nervosismo dei mercati e degli investitori globali, non è produttivo. Anzi, è controproducente e non funzionerà. Forse l’economia riceverà un po’ di spinta dall’aumento delle attività del governo, ma tutto ciò che sarà guadagnato verrà annullato dagli interessi più alti che imprese e cittadini dovranno pagare. Muovendosi così non si va da nessuna parte». Per venerdì prossimo è atteso il pronunciamento di Standard & Poor's.

Fonte Immagine: askanews.it

Alessia Panariello



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