Malura, intervista all'autore Cataldo Perri
Cultura e Spettacolo Calabria

Malura, intervista all'autore Cataldo Perri

sabato 16 giugno, 2018

Malura, termine con il quale in Calabria si indica una condizione negativa e assurda che può portare fino a far perdere la ragione, è il primo romanzo del dottor Cataldo Perri.

'E’ una storia d’amore che sboccia alla fine degli anni ’70 in Calabria, varca l’oceano e viene messo a dura prova in Argentina, per poi fare ritorno nella terra in cui il mare è “il sorriso di miele, una lacrima di sale, il tuffo gioioso di un bambino, il rantolo di un vecchio pescatore. L’inizio e la fine”. Nasce dall’incontro della malura di Angelina, figlia di emigranti calabresi in Argentina, e di quella di Rocco, giovane calabrese laureato in Filosofia che sceglie la vita del pescatore perché il mare è tutto per lui. Angelina parte da Buenos Aires per raggiungere il paese natio dei suoi genitori, Itarica, anagramma di Cariati(CS), paese natio dell’autore. In Calabria si troverebbero, infatti, i mandanti dell’omicidio del suo giovane fratello Corrado, avvenuto in Argentina per motivi inspiegabili. Nella ricerca di coloro che hanno causato la sua malura, Angelina incontra Rocco e se ne innamora. Una serie di vicissitudini portano i due ad incontrare la grande storia, così Angelina, prima, e Rocco dopo, costretto a seguirla a causa della mancanza di sue notizie, si scontrano con il regime di Videla in Argentina e quando, dopo tanta sofferenza, riescono a tornare ad Itarica, si scontrano con la ‘ndrangheta che soggioga i pescatori. Malura è anche, quindi, un romanzo di denuncia contro la ‘ndrangheta e contro la mancanza della volontà politica di contrastarla'. [MORE]


Malura è soprattutto, però, la grande storia d’amore tra l’autore e la sua Angiulì che, colta dalla malura di una malattia incurabile, deve affrontare tante sofferenze fino a soccombere alla stessa. Le malure dei singoli personaggi e quelle del popolo argentino e del popolo calabrese non sono altro, infatti, che la trasposizione delle singole sofferenze che la sua Angiulì ha dovuto affrontare realmente nella vita e l’intero romanzo ha permesso all’autore di elaborare il grande dolore che lo ha colpito.
Nonostante la malura sia protagonista del romanzo questa è una storia che dà grande speranza, attraverso, ad esempio, la ribellione dei pescatori di Itarica all’oppressione della ‘ndrangheta o attraverso la nascita di due bellissimi gemellini per Angelina e Rocco che così raggiungono, finalmente, una “fragile traccia di felicità”. Con una scrittura immaginifica che salda fotografie di episodi realmente accaduti a Cariati ad altre di storie create dall’autore, il libro ci invita a non perdere mai la speranza perché, anche se ci troviamo immersi in un dolore profondo, la vita è sempre pronta a sorprenderci.
Cataldo Perri, “medico per mangiare e musicista per vivere”, è autore di spettacoli di musica-teatro che hanno ottenuto grande successo in tutto il mondo. Compositore di tappeti musicali per programmi televisivi Rai, vanta tre pubblicazioni discografiche e altre due letterarie. Saverio Fontana lo ha intervistato per i lettori di infooggi.it.

Dottor Perri, cosa significa Malura?
“Ca ti cogghjia a Malura” è l’espressione con la quale, d’estate, le nostre mamme, tentavano di tenere noi ragazzini in casa nelle prime ore del pomeriggio, per paura che potessimo annegare in mare o restare vittime dei pericoli della strada. Una parola che ho voluto recuperare dal vocabolario della nostra memoria popolare anche per non farla perdere. Tale espressione descrive con molta efficacia anche un momento di sofferenza individuale o collettiva. Dalla prima volta che mi è venuta in mente, ho subito pensato che fosse il titolo più calzante per il mio romanzo, animato da personaggi che affrontano un momento negativo o addirittura il travaglio di una cocente sofferenza.

“In quel momento fu talmente grande il suo dolore (nonno Corrà) che quando la sua Angiulì chiuse gli occhi per sempre, istintivamente, entrò con furia nella sua bottega, staccò la chitarra battente dal muro e paammm”. Possiamo dire che Malura è un bisogno che nasce in un preciso momento della sua storia d’amore con la compagna della sua vita?
Ho cominciato a scrivere Malura in un momento molto duro della mia vita, segnato dalla grave malattia della mia compagna e purtroppo dalla sua perdita. Solo quando ho finito di scrivere mi sono reso conto che, attraverso il viaggio nella sofferenza dei personaggi, avevo affrontato il mio dramma personale per elaborarne il dolore. Scrivere Malura è stato decisamente un balsamo per le ferite che il destino ha voluto riservarmi.

Nonostante le malure dei personaggi e dei popoli argentino e calabrese siano protagoniste nel romanzo, Malura è sostanzialmente una storia d’amore che infonde tanta speranza?
L’unica eternità possibile che ci è concessa è quella di non sprecare la nostra vita. Non dobbiamo sprecarla con scelte in conflitto con l’etica della nostra coscienza e delle nostre più intime pulsioni dell’anima. La nostra vita unica e irripetibile è così preziosa che nessun dolore, anche quello più drammatico, la deve vanificare, annichilire. E la speranza di un nuovo sorriso non ci deve mai abbandonare anche quando tutto sembra perduto. Quando un asteroide colpisce un altre corpo celeste lo frantuma in tanti piccoli nuovi mondi e da quella originaria distruzione inesorabilmente nascono altre forme di vita. E così è stato per Rocco e Angiulì che si sono incontrati ed hanno incrociato la gioia dell’amore sulla strada dell’amaro destino che ha strappato la vita a Gemma e al giovane Corrado.


“Il problema principale non è capire come combattere la criminalità organizzata ma se c’è da parte dei nostri governanti la volontà di combatterla veramente”. Malura è anche un romanzo di denuncia della mancanza della volontà politica di combattere la ‘ndrangheta?
Si è così. Non mi stancherò mai di dire che lo Stato italiano manda i nostri militari a liberare dalla dittatura alcuni paesi mediorientali e non prende , o non vuole prendere coscienza della mortificante, ignobile dittatura che abbiamo dentro casa: la Mafia. E la cosa sconcertante è che la lotta alle mafie non è stata mai prioritaria nell’agenda politica di tutti i governi che si sono succeduti finora. Se il propagarsi e l’arricchimento esponenziale della nostra mafia è arrivata oggi a livelli così alti, bisogna prendere atto che tutti i mezzi di contrasto messi in campo finora sono assolutamente spuntati, non efficaci. Nessun G8- G20 contro le mafie. Per tutti i governanti della terra sembra che sia fisiologico convivere con la microdittatura territoriale della delinquenza organizzata. Probabilmente il vero motivo di tanto disinteresse è che lo status quo sta bene alla holding capitalistica mafiosa che gestisce l’economia mondiale e il destino di tutti gli uomini. Come un personaggio di Malura mi sento di dire: Meno garantismo e più muscoli contro la mafia che uccide gli uomini giusti e avvelena le nostre terre. C’è una scena nel mio romanzo in cui i pescatori di Itarica prendono a bastonate gli stronzi mafiosi che volevano imporre il pizzo sul loro lavoro. Ecco, credo che se il cittadino si sente garantito da uno Stato che fa il proprio dovere potrebbe trovare il coraggio di ribellarsi a questi quattro sciacalli. Ma il cittadino comune non può e non deve essere un eroe perchè uno stato democratico, giusto e legalitario deve fare in modo che nessun uomo venga vessato da scagnozzi che impunemente si muovono liberi e temuti per le nostre strade. Meno garantismo e più muscoli. La mafia si combatte con la cultura per educare i giovani alla legalità, ma credo che vada combattuta anche con la cultura… quella mafiosa, quando occorre, per sperare di ottenere risultati efficaci e concreti. Altrimenti moriremo tutti avvelenati dalle scorie radioattive e dai veleni dei rifiuti seppelliti nelle nostre terre e nel nostro vergine mare. Moriremo con la consolazione di essere dei bravi garantisti ma anche dei gran coglioni.


“La vita dei migranti è un viaggio sospeso fra le radici e i rami della stessa pianta, curati e fioriti altrove”. I migranti sono spesso protagonisti nei suoi testi. Come nasce questo suo interesse?
La figura di mio nonno Michele è un buco nero nella mia famiglia. Era partito per l’Argentina nel 1924 e non è più ritornato. Ha mandato i soldi per dieci anni a mia nonna per cacciarsi i debiti, poi la malinconia del migrante senza famiglia lo ha avviluppato nelle spire della solitudine e del vino fino all’ultima spiaggia dell’etilismo.Per questo nonno mai conosciuto, alcuni anni fa, scrissi la canzone Argentina e poi l’opera Bastimenti. Un’opera di teatro e musica che vantava la regia di Daniele Abbado e un organico di musicisti straordinari diretti dal maestro Luigi De Filippi:la Philarmonia Mediterranea, Armando Corsi, Mario Arcari (già collaboratori di Fabrizio De Andrè) Agorà, Rosa Martirano, Lutte Berg, Checco Pallone. Attore protagonista Giovanni Turco. La tappa artistica più emozionante della mia vita è stata proprio la rappresentazione di Bastimenti con gli amici musicisti de Lo Squintetto al teatro Coliseum di Buenos Aires davanti a 2500 spettatori nel 2004. Sul palco con me quella sera sentivo che c’era anche nonno Michele. A lui e a tutti quelli che non ce l’hanno fatta ho dedicato Bastimenti. Poi nel 2011 ho scritto Carrette di mare perchè gli occhi di Hamed, di Milouda, di Fatima sono gli stessi di Giovanni, Michele , Rocco, i nostri nonni che bussavano alla porta della ricca America.

Dottore lei si definisce ”medico per mangiare e musicista per vivere”. Quanto è importante per lei la musica?
La musica è l’essenza della mia vita. Circa otto anni fa quando mi sono risvegliato sul tavolo operatorio, dopo un intervento chirurgico estremamente delicato, la prima cosa che ho fatto ho mosso con sollecitudine il mio braccio destro per capire se ero vivo ma soprattutto ancora idoneo a suonare la mia amata chitarra. Suonare e comporre è stato sempre il mio modo più diretto e sincero di esprimere le mie malinconie, le mie speranze.

Il suo sodalizio con lo scrittore calabrese Carmine Abate è molto proficuo, i vostri concerti-reading molto apprezzati. Come è nata questa collaborazione?  
Con Carmine Abate ci siamo conosciuti nel 2003 alla Fiera de libro di Torino. Io presentavo il progetto artistico Bastimenti e il libro omonimo insieme alla curatrice Gabriella Capparelli.
Fu un incontro cementato dal comune interesse per le grandi tematiche sociali che riguardano la nostra terra: l’emigrazione, l’immigrazione, la voglia di combattere la cultura mafiosa e di raccontare le storie degli ultimi.
Da allora io e Carmine abbiamo lavorato a tanti reading concerti. In occasione dell’uscita di un suo romanzo ho scritto sempre una nuova canzone ispirata alle pagine dell’opera letteraria. Da molti anni veniamo invitati ai più importanti festival letterari nazionali e lo scorso anno abbiamo portato i nostri spettacoli letterari musicali nel college universitario di Myddleburry in California.

E' in registrazione il suo nuovo disco, può darci qualche anticipazione?
Questa mia produzione musicale ispirata ai romanzi di Abate è diventata così ampia che darà vita al mio nuovo disco. Uscirà entro il mese di luglio per la CNI. Cataldo Perri canta Carmine Abate. Non poteva essere diversamente.

Saverio Fontana

 

 


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