Lodo Mondadori, Pg Cassazione: «Lieve riduzione del risarcimento»
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ROMA, 27 GIUGNO 2013 – La vicenda “Lodo Mondadori” - iniziata tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta e avente come protagonisti Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi - sembra davvero un’odissea senza fine. Oggetto del contendere, il controllo del Gruppo Editoriale Mondadori. Infatti, dopo che la Corte d'Appello di Milano, il 9 luglio 2011, aveva deciso di condannato la società a pagare alla Cir 564 milioni di euro in relazione alla suddetta vicenda, il Gruppo Fininvest guidato da Marina Berlusconi - nel novembre dello stesso anno – aveva deciso ricorrere in Cassazione contro la sopraindicata sentenza.
Così, arriviamo alla decisione odierna del pg della Cassazione Pasquale Fimiani, il quale al termine dell’udienza ha dichiarato: «Il percorso seguito dalla Corte di Appello di Milano sul Lodo Mondadori è logico e regge. È a mio avviso necessario solo riquantificare una piccola parte del danno, che potrebbe ridurre il risarcimento per Cir di circa il 15 per cento rispetto all'importo liquidato». [MORE]
In sostanza, secondo i legali della Fininvest, Romano Vaccarella e dall'avvocato Lombardi, la Cir non avrebbe diritto al risarcimento in quanto, a loro dire: «non ha rispettato le regole per impugnare la sentenza che annullò il Lodo Mondadori». Sentenza che poi è passata in giudicato.
Come puntualizzava in un comunicato stampa la Fininvest, nel novembre dello scorso anno: « Le motivazioni raccolte nelle 226 pagine del ricorso, sono articolate in quindici motivi, che mettono in luce tutte le forzature, le sviste, i travisamenti, le illogicità che hanno reso possibile una simile pronuncia. Compresa naturalmente la circostanza già oggetto dell'esposto presentato dal presidente di Fininvest Marina Berlusconi al Ministro della Giustizia e al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, e cioè il modo - letteralmente l'invenzione, attraverso tagli e omissioni, di un precedente inesistente - escogitato dalla Corte milanese per attribuirsi il potere di decidere una causa che il codice di procedura civile le imponeva di non decidere».
Diametralmente opposta – naturalmente - la posizione della Cir, secondo cui il risarcimento, pure se scontato deve essere riconosciuto completamente alla Cir. Per uno dei legali Cir, l'avvocato Vincenzo Rocco: «Non è possibile che si formi il giudicato su una sentenza in cui si parla di corruzione di un giudice». Il collegio difensivo della Cir si riferisce all'iter processuale che ha visto le condanne di Previti, Metta, Pacifico e Acampora per corruzione dello stesso giudice Metta. Infatti, l'accusa riuscì a dimostrare che Metta aveva ricevuto denaro per volgere a favore dell'ex premier la disputa su cui si poggiava la conquista della casa editrice italiana. A tal riguardo, la sentenza d'appello aveva sancito che: «la sentenza Metta fu ingiusta», quindi Cir aveva subito un danno immediato e diretto dalla sentenza.
Di diverso avviso i legali della Fininvest, secondo cui la sentenza d'appello va annullata perché «è un prodotto miserabile». Per Romano Vaccarella, «Tra il Lodo e la sentenza Metta è intervenuta la legge Mammì che impediva alla Fininvest di avere giornali oltre alle tv. Allora, dove sarebbe la pressione subita dalla Cir?». Per L'avvocato Lombardi, la sentenza della Corte d'appello di Milano avrebbe «sparso veleno nelle aule di giustizia. Se si confermasse il verdetto d'appello, ne risentirebbero tante battaglie societarie».
Invece, per l'avvocato Rocco della Cir: «Non c'è altra strada da seguire se non quella del risarcimento». Sulla stessa linea Elisabetta Rubini per la quale «Cir non aveva una conoscenza giuridicamete qualificata - e lo ha detto anche la Corte d'appello- di concludere una transazione con una parte che aveva commesso un illecito così grave. Il danno trae origine dall'illecito di corruzione». Infine, per Nicolò Lipari: «La Cir avrebbe subito danni anche se non ci fosse stato l'annullamento del Lodo».
La decisione della Cassazione probabilmente non arriverà oggi ma verrà resa nota solo con il deposito della sentenza con le sue motivazioni, ossia più o meno entro un termine di 30 giorni.
(fonte: Il Sole 24 Ore)
Rosy Merola