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MILANO- È agghiacciante la scoperta fatta durante le indagini per la scomparsa di Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia di cui si erano perse le tracce un anno fa a Milano. Secondo quanto è emerso, la donna sarebbe stata sequestrata e uccisa,sciogliendola nell’acido, da sei persone alle quali nella notte sono state notificate le ordinanze di custodia cautelare. [MORE]
Lea Garofalo era una donna di 35 anni che aveva cominciato a collaborare con la giustizia nel 2002, raccontando tutto ciò che sapeva su alcuni affiliati della ‘ndrangheta calabrese: in particolare, parlò agli inquirenti della faida tra i Garofalo e il clan dei Mirabelli, cosche di Petilia Policastro, nel crotonese. Nel 2006 però le fu revocato il programma protezione testimoni.
Dalle indagini inerenti alla sua scomparsa, si è scoperto che la donna, di cui si erano perse le tracce tra il 24 e il 25 novembre del 2009, era stata attirata a Milano dall’ex compagno Carlo Cosco, coinvolto in diverse inchieste anti mafia e molto vicino ad alcuni esponenti di spicco delle cosche calabresi. Il giudice milanese Giuseppe Gennari che ha notificato i sei arresti, ha parlato di una vera e propria esecuzione di stampo mafioso.
Secondo le indagini, dopo essere stata attirata da Cosco a Milano, con la scusa di vedere la figlia maggiorenne nata dalla loro relazione e a cui la Garofalo era molto legata, Lea è stata rapita. Tutto era stato predisposto da Carlo Cosco e studiato in maniera minuziosa preventivamente. Dopo il rapimento, la Garofalo fu tirata con forza su un furgone e fu interrogata in un magazzino dai suoi aguzzini. Successivamente fu uccisa con un colpo di pistola e poi, particolare agghiacciante, sciolta nell’acido in un terreno a San Fruttuoso, località nell’hinterland milanese, vicino Monza.
Tra le sei persone arrestate, di cui due in carcere, ci sono i due fratelli di Carlo Cosco, Giuseppe detto “Smith” e Vito detto “Sergio”, un altro a Massimo Sabatino e ad altre due persone. Gli arrestati sono stati prelevati tra Lombardia, Calabria e Molise. A loro è stato contestato il reato di omicidio con le aggravanti della premeditazione.