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MILANO, 2 FEBBRAIO - Le tensioni all’interno del Pd tra minoranza ed attuale segreteria si stanno rivelando negli ultimi giorni sempre più consistenti e problematiche soprattutto per Matteo Renzi. L’ex premier, dopo il rilancio politico sul proprio nuovo blog, oltre all’intervento di Rimini, è chiamato ad una nuova difficile impresa: tentare di arginare le sortite e le ‘minacce’ di scissione ad opera della minoranza.[MORE]
Da Bersani a D’Alema, da Emiliano a Speranza, la minoranza è in subbuglio per la possibile ipotesi di voto anticipato dopo l’accelerazione sulla legge elettorale grazie alla convergenza con le forze politiche desiderose di andare alle urne: M5S, Lega e Fdi. La minoranza dem invoca la convocazione del Congresso, mentre al momento spunta anche l’ipotesi primarie per rimettere in discussione la leadership del partito.
Sulle possibilità di giungere al Congresso, il presidente Pd Matteo Orfini si era così espresso nella giornata di ieri: «Noi possiamo convocare il congresso da giugno in poi. Se la legislatura arriva a scadenza naturale noi facciamo in tempo. Qualora ci dovesse essere un’accelerazione non faremmo in tempo a fare il congresso, ma si può trovare il modo di fare le primarie prima delle elezioni, come ha chiesto Bersani».
Orfini ha così aperto ad una possibile partita in vista di una eventuale fine anticipata della legislatura. Ma ciò che al momento risulta maggiormente preoccupante per la tenuta del partito sono le dichiarazioni di rottura dei vari D’Alema e Bersani. L’ex segretario Pd ha rilanciato in mattinata l’ipotesi Ulivo: «Serve una pluralità che vada dalla sinistra radicale al civismo. Poi l’idea in cui si può realizzare questa forma la troveremo. L’Ulivo che ho in mente non è un revival del passato, è un Ulivo 4.0».
Non è dunque chiara la posizione complessiva della minoranza: da capire se il reale obiettivo è quello di aggiungere ulteriormente pressione al fine di riaprire una discussione interna o fuoriuscire addirittura dal partito stesso. Sulle dichiarazioni di Orfini, Bersani ha comunque ribadito la necessità di ridiscutere di un ciclo (quello di Renzi, appunto) giunto ad una fase conclusiva. Così come da più parti (non solo interne al Pd) si considera chiusa l’attuale legislatura, dissoltasi nella bocciatura delle riforme costituzionali del precedente esecutivo.
La lotta all’interno del Pd non può tuttavia trascurare le attuali difficoltà nazionali in campo comunitario: non a caso si arriva persino oggi all’incubo commissariamento. A tale scopo, il Belpaese è chiamato a fornire adeguate risposte per evitare instabilità ed immobilismo: compito peraltro tutt’altro che facile in considerazione delle grane sopraggiunte negli ultimi mesi (fattispecie terremoto su tutte).
Per questo, l’idea di andare immediatamente alle elezioni anticipate (ormai improbabile la data di aprile) potrebbe concretizzarsi a due condizioni: l’accordo sulla legge elettorale, con tanto di armonizzazione delle leggi in riferimento alle due Camere parlamentari, e la decisione politica di staccare la spina all’esecutivo Gentiloni. Proprio su questi due punti, si giocherà nei prossimi giorni e nelle prossime settimane la partita politica decisiva, nella quale ad essere chiamata in causa sarà soprattutto l’asticella di responsabilità delle forze politiche in campo, nonché il loro complessivo livello di credibilità.
foto da: infooggi.it
Cosimo Cataleta