Le code in sanità si potrebbero ridurre se si osservasse la normativa vigente in materia
Cronaca Calabria Catanzaro

Le code in sanità si potrebbero ridurre se si osservasse la normativa vigente in materia

giovedì 25 ottobre, 2018

LAMEZIA TERME (CZ) 25 OTTOBRE - «Le code in sanità sono una piaga diffusa nonostante il Piano nazionale preveda dei limiti massimi per le liste d’attesa». Lo attesta il Comitato Malati Cronici del Lametino, coordinato da Giuseppe Marinaro, secondo il quale per una visita oncologica o neurologica l’attesa non dovrebbe superare per legge 30 giorni, ma, purtroppo, i tempi si possono allungare fino ad un anno. Per una mammografia o un’ecografia la soglia di tolleranza è di due mesi ma anche in questo caso i cittadini devono attendere fino a 13 mesi. Spesso il cittadino ignora le leggi che lo tutelano in materia di sanità perché non viene adeguatamente informato come sui tetti massimi che, per legge, non possono essere superati da un’azienda sanitaria e, se non esistono strutture alternative, il cittadino ha diritto ad una prestazione intramoenia

 senza sostenere alcun onere economico aggiuntivo ad eccezione del ticket se non è esente. I disagi dei cittadini potrebbero essere evitati se ci fosse una maggiore trasparenza delle amministrazioni sui diritti dei cittadini e  se si rispettasse la normativa  vigente contenuta  nel  Piano nazionale di Governo delle liste d’attesa, secondo il quale il medico del servizio pubblico, il medico di famiglia, il pediatra, la guardia medica possono certificare  l’urgenza della prestazione applicando un codice di priorità sulla ricetta.

Precisamente   essi possono indicare il codice U ( urgente)  se la prestazione dovrà essere erogata entro 72 ore, B ( breve) entro 10 giorni, D ( differibile), entro 30 giorni le visite e 60 gli esami diagnostici, P  programmabile. Nel caso in cui una struttura è impossibilitata a garantire il rispetto dei tempi previsti, il dlgs 124 stabilisce che l’azienda sanitaria indichi al cittadino le strutture pubbliche o private accreditate (convenzionate) che siano in grado di osservare la tempistica. Nel caso in cui nessuna struttura pubblica o privata possa garantire la prestazione, l’aziena sanitara deve autorizzare la prestazione in regime intramurario. Basta compilare un modulo per avviare la relativa procedura con l’ausilio, magari, di personale preparato messo a disposizione del paziente.  La griglia dei tempi giusti per le diverse prestazioni dovrebbe essere disponibile presso i centri di prenotazione, i siti web aziendali e gli uffici di relazione con il pubblico. «Nei fatti questa buona pratica – sostiene il Comitato – è poco rispettata. Sul piatto c’è il valore complessivo dell’intramoenia pari a 1,1 miliardi, di cui, circa 800-900 milioni di euro, vanno ai professionisti che erogano la prestazione, circa 200 milioni di euro sono destinati al Sistema sanitario nazionale. Nel caso di prestazioni “fuori tempo massimo” pagate solo con l’equivalente dsel tecket, ovviamente questi flussi si ridurrebbero”.

Foto: Ospedale di Lamezia e Giuseppe Molinaro

Lina Latelli Nucifero


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