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Lecce 12 agosto 2012 - Uno studio del San Raffaele e dell’Istituto Jolla della California ha dimostrato che l’aspirina a basso dosaggio potrebbe benissimo funzionare anche per le persone che non rispondono alla cura con altri farmaci.
Le persone malate di epatite B e C al mondo sono il 10% della popolazione, cioè circa 600 milioni. Sette su dieci corrono il rischio che l’epatite si trasformi in tumore al fegato, malattia che provoca circa un milione di morti all’anno, 12 mila solo in Italia. Con queste cifre si capisce come prevenire che questo accada sia molto importante. Per curare queste malattie si usano farmaci antivirali, che hanno la loro efficacia ma hanno un grosso problema: molti non rispondono all’azione di questi farmaci. Ora i ricercatori del San Raffaele di Milano in collaborazione con l’Istituto Jolla della California hanno scoperto che l’aspirina a basso dosaggio previene anche l’insorgenza del tumore al fegato in chi ha l’epatite virale cronica. Secondo la rivista scientifica The Lancet, presa a piccole dosi per almeno tre anni consecutivi, l’aspirina previene la comparsa di alcuni tumori. Una ricerca Ue dimostra che in un’analisi sui 77 mila europei è emerso che l’aspirina assunta per cinque anni consecutivi riduce del 35%ç il rischio di morte nei pazienti affetti da cancro. Infine, uno studio dell’Università di Oxford sostiene che l’assunzione costante di aspirina riduce della metà il rischio di sviluppare metastasi.
L’aspirina (il cui principio attivo è l’acetilsalicilico) è una pillola inventata molti anni fa e più passa il tempo e più si sta rivelando un vero e proprio farmaco miracoloso. Chi ha problemi cardiocircolatori non può fare a meno della cardioaspirina perché rende più liquido il sangue e quindi combatte il rischio di infarto e ictus e scusate se è poco. Certo, c’è il rischio che alla lunga possa creare ulcere allo stomaco, ma questo pericolo è contrastato da un’altra pillola protettiva. Dunque, aspirina uguale farmaco salvavita.[MORE]
Inoltre l’aspirina è un potente anticoagulante, come il clopidogrel. Quando si è affetti da epatite B e C di solito interviene il sistema immunitario che reagisce all’attacco del virus Hbv (epatite B) o Hcv (epatite C) combattendo l’infezione. E’ chiaro che il fegato subisce danni, ma questo sono inconvenienti a cui bisogna sottostare se si vuole opporre resistenza all’aggressività dei virus. I virus dell’epatite, comunque, non aggrediscono direttamente le cellule, ma solo le cellule di difesa, dette linfociti citotossici che normalmente circolano nel sangue con il compito di uccidere le cellule infettate. Ora, se l’epatite diventa cronica vuol dire che i linfociti citotossici non riescono ad avere la meglio sui virus e quindi si creano fasi alterne caratterizzate da blande infezioni a condizioni migliori. Questa altalena con il passare del tempo può portare a gravi complicazioni, che sono cirrosi e tumori.
Una volta scoperto che le piastrine concorrono attivamente a danneggiare il fegato, perché vi attirano i linfociti citotossici favorendone l’accumulo, è stato facile formulare l’ipotesi di combattere le piastrine con farmaci antipiastrinici, cioè anticoagulanti, come l’aspirina, appunto, e clopidogrel. I ricercatori si sono serviti di topi con epatite per valutare gli effetti dei farmaci antipiastrinici, ma alla fine l’ipotesi ha trovato fondamento scientifico. L’aspirina a basso dosaggio e clopidogrel non solo hanno ridotto l’accumulo di linfociti citotossici nel fegato, ma hanno anche ridotto l’insorgenza del tumore e senza effetti collaterali non desiderati. La conclusione di questo studio dichiara Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” ha confermato come che già in passato era stato dimostrato che l’aspirina era uno scudo anti-tumorale.
(notizia segnalata da giovanni d'agata)