Il "verismo" del maestro Luciano Cannito emoziona il Politeama di Catanzaro
Entra nel nostro Canale Telegram!
Ricevi tutte le notizie in tempo reale direttamente sul tuo smartphone!
Catanzaro, 21 Ottobre - Grande successo per la prima della XVIII stagione teatrale del Teatro Politeama di Catanzaro. Per l’importante evento, il sovrintendente Gianvito Casadonte si è affidato al maestro Luciano Cannito che non ha tradito le aspettative e ha saputo emozionare il pubblico che ha gremito il teatro in ogni ordine di posto. Ha messo in scena due melodrammi lirici, “Cavalleria rusticana” di Pietro Mascagni, tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga, e “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo. Due delle più rappresentative opere veriste che vengono rappresentante insieme dal lontano 1893. La direzione di Cannito ha messo in evidenza la realtà sociale degli ambienti rurali di fine ‘800 in cui sono ambientate le opere e alcune delle sue caratteristiche, quelle che gli autori hanno voluto indagare: tradimento, vendetta e morte. Ci è riuscito senza intaccare quella semplicità diretta tipica dei due capolavori. Nel primo dramma, pregevole è stata la riproduzione del fermento religioso nel periodo di Pasqua, molto apprezzato il riferimento alla tradizionale processione della città di Catanzaro, la “Naca”. Nel secondo ha molto colpito l’esasperata ironia, quasi surreale, che ha inserito per amplificare il contrasto con la tragedia che si sarebbe consumata dopo pochi minuti. Di grande impatto emotivo gli epiloghi tragici, grazie all’eccezionale interpretazione degli attori. La grande qualità del direttore d’orchestra Filippo Arlia, dell’Orchestra Filarmonica della Calabria, del Coro “Francesco Cilea” di Reggio Calabria, di tutti gli attori protagonisti, dei figuranti e del corpo di ballo, ha permesso al maestro di donare due pièce drammatiche cariche di quella superlativa potenza musicale e drammaturgica di cui sono dotati i due capolavori.
Cavalleria Rusticana
“Turiddu, giovane contadino siciliano, scopre, ritornato dal servizio militare, che la ragazza con cui era fidanzato, Lola, nel frattempo si è sposata con Alfio, un carrettiere molto più ricco di lui. Roso dalla gelosia e dalla delusione, Turiddu vuole vendicarsi e inizia a sedurre Santa, che abita proprio di fronte a Lola. Quest'ultima spia i due rimpiangendo Turiddu a tal punto che lo invita a casa sua di notte. Sentendosi tradita, Santa si vendica a sua volta, rivelando ad Alfio il tradimento della moglie. Alfio sfida Turiddu per vendicare l'onore tradito: i due si affrontano in un duello sanguinoso, armati solamente di un coltello. Turiddu si batte con fermezza ma rimane ucciso”.
Strepitosa la prestazione del soprano Maria Pia Piscitelli nel ruolo di Santuzza. Più volte applaudita a scena aperta, è riuscita a far rivivere l’amore che la povera donna provava per Turiddu, tutta la sua gelosia, il suo desiderio di vendetta per il tradimento subito e, infine, il grande dolore per la morte del suo amato.
Il mezzosoprano Caterina Riotto, nel ruolo di Lucia, mamma di Turiddu, ha restituito il cuore della mamma italiana, che ama infinitamente suo figlio, per il suo bene è disposta a qualsiasi sacrificio, vive per lui e si strazia quando viene improvvisamente colpita dalla sua morte.
Il soprano catanzarese Giorgia Teodoro ha interpretato con grande naturalezza e personalità Lola, l’interesse che l’ha portata a sposare il benestante Alfio e, successivamente, la scelta di mettere da parte le ragioni economiche per ascoltare i propri sentimenti.
Il tenore Enrico Terrone è stato un Alfio spavaldo nel corteggiare la sua amata Lola, cinico con Santuzza che lo ama, che vive, però, una maturazione psicologica che lo porta, quando capisce che potrebbe morire, ad affidare alle cure di sua madre Santuzza. Intensa la sua interpretazione.
Pier Luigi Dilengite, baritono, attraverso la gelosia e il desiderio di vendetta di Alfio ha dimostrato tutta la sua grande esperienza e le sue qualità che gli hanno permesso in passato di essere scelto dal M° Pavarotti per partecipare alla Bohéme da lui diretta.
Pagliacci
“La piccola compagnia teatrale itinerante composta dal capocomico Canio, dalla moglie Nedda e dai due commedianti Tonio e Beppe giunge in un paesino del sud Italia per inscenare una commedia. Canio non sospetta che la moglie, molto più giovane, lo tradisca con Silvio, un contadino del luogo, ma Tonio, fisicamente deforme, che ama Nedda e ne è respinto, lo avvisa del tradimento. Canio scopre i due amanti che si promettono amore, ma Silvio fugge senza essere visto in volto. L'uomo vorrebbe scagliarsi contro la moglie, ma arriva Beppe a sollecitare l'inizio della commedia perché il pubblico aspetta. Canio non può fare altro, nonostante il turbamento, che truccarsi e prepararsi per lo spettacolo.
Dopo un intermezzo sinfonico, Canio/Pagliaccio deve impersonare nella farsa un marito tradito, ma la realtà prende il sopravvento sulla finzione (No, Pagliaccio non son) ed egli riprende il discorso interrotto poco prima, rinfacciando a Nedda/Colombina la sua ingratitudine e dicendole che il suo amore è ormai mutato in odio per la gelosia. La donna, intimorita, cerca di mantenere un tono da commedia, ma poi, minacciata, reagisce con asprezza. Beppe vorrebbe intervenire, ma Tonio, eccitato dalla situazione, di cui è responsabile con la sua delazione, glielo impedisce, mentre gli spettatori, dapprima attratti dalla trasformazione della farsa in dramma, comprendono troppo tardi che ciò che stanno vedendo non è più finzione. Di fronte al rifiuto di Nedda di dire il nome del suo amante, Canio accoltella a morte prima lei e poi Silvio, presente tra il pubblico, accorso sul palco per soccorrerla” (Wikipedia).
Molto applaudita Maria Luisa Lattante, soprano, una Nedda che, con grande forza e determinazione, ama un uomo che la rende felice, respinge il deforme Tonio e reagisce con grande asprezza agli attacchi del marito. Soccombe, infine, ai tristi frutti dell’odio.
Il tenore Lorenzo Decaro, con grande personalità, porta in scena la tormentata figura di Canio che, di fronte al tradimento subito dalla moglie, percorre tutte le strade che dalla delusione portano, attraverso il desiderio di vendetta, fino alla necessità di eliminare lei e colui che a suo avviso ne è stato la causa.
Straordinaria la prova del baritono Alberto Mastromarino, il deforme Tonio, che ha incantato il pubblico sin dal Prologo, quando è uscito a sipario chiuso e ha introdotto in versi l’opera. Con grande presenza scenica ha fatto suo tutto il dolore imprigionato nel corpo imperfetto di Tonio, la sua voglia di vendetta per il rifiuto di Nedda e la sua soddisfazione davanti alla trasformazione in dramma della farsa.
Ottime le prestazioni del tenore Marco Voleri, un Peppe dal grande cuore, è lui a salvare Nedda una prima volta, e del baritono Salvatore Grigoli, Silvio, il tenero amante di Nedda che, nel tentativo di salvarla viene ucciso.
In entrambi i melodrammi il dialogo buca palcoscenico è stato perfetto.
Due opere di oltre un secolo fa, ancora tristemente attuali, che hanno emozionato gli spettatori, i quali hanno ricambiato con applausi a scena aperta e due lunghi e calorosi applausi alla fine dei due spettacoli.
Il lavoro di grande pregio realizzato dal maestro Luciano Cannito non sarebbe stato possibile senza la collaborazione dei già citati direttore d’orchestra Filippo Arlia, dell’Orchestra Filarmonica della Calabria, del Coro “Francesco Cilea” diretto da Bruno Tirotta, dei figuranti Salvatore Conforto, Romina Mazza, Azzurra Conforto, Daria Mirante Marini, Vincenzo Pugliese e dalle otto ballerine selezionate dal maestro Cannito dalle scuole di danza, Exedra, Maison della danza, Riccardo Lacroce e Studio Danza.
Grande soddisfazione hanno espresso il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo, il sovrintendente del teatro Politeama Gianvito Casadonte e il direttore generale della Fondazione Politeama Aldo Costa.
Saverio Fontana
Foto di Antonio Raffaele