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MILANO, 26 NOVEMBRE 2015 - La questione politica a Milano è una delle partite più importanti che il Pd è chiamato a giocare, i cui risultati si rifletteranno indirettamente (ma automaticamente) sul panorama nazionale. Già, perché se a Roma “la pezza” è messa momentaneamente con il commissariamento di turno e rischia di porre il principale avversario (MS5) nelle condizioni di conquistare la Capitale, a Milano il Pd parte teoricamente in vantaggio. [MORE]
Teoricamente perché la rivoluzione arancione sembra aver funzionato ma non convince più di tanto il premier-segretario Matteo Renzi. Perché gli scenari politici sono profondamente mutati, perché Sel non è una forza politica dell’attuale esecutivo, e soprattutto perché il tifo del premier, nonché il suo auspicio, pende dalla parte del commissario unico Expo, Giuseppe Sala.
Il Pd ha fissato la fatidica data decisionale: 7 febbraio, via primarie. Poi il possibile dietrofront. Rimandarle di un mese, attendere la seconda metà di marzo. I nomi degli attuali candidati (Majorino, Fiano, Caputo) non convincono, ragion per cui è lo stesso Renzi ad essersi mosso in prima persona per Sala. Che per il momento, strizza l’occhio ma non troppo. Sala chiede delle condizioni politiche ben precise, al momento irraggiungibili. La sinistra Pd storce il naso. Perché candidare il direttore generale del comune durante la giunta di Letizia Moratti?
Peraltro emblematica la posizione recentemente espressa da Sala. Un pensiero che suona quasi come un passo indietro, o addirittura una provocazione nei confronti del sindaco Giuliano Pisapia: «Se c’è un candidato che può rappresentare l’unità della coalizione del Centrosinistra, qualcuno che non è divisivo credo sia giusto che si faccia avanti». Poi, sponsorizza lo stesso Pisapia: «Mi auguro ci ripensi».
Sala gira la palla a Pisapia, prende tempo fino al termine dell’anno, in attesa di ulteriori scenari. Forse, in attesa delle condizioni politiche richieste. O forse perché, come tiene a ribadire, è la politica a (dover) fare la politica. Tradotto: se c’è un candidato politico meno divisivo all’interno del Pd, lo si candidi pure. Il nome di Sala e gli altri ( ritenuti poco convincenti) dei candidati non rappresentano le sole vicende per Renzi e co. Pisapia, infatti, dal canto suo ne ha per tutti. Dal Pd alla sinistra “radicale” sino alla sua Sel. Subito ripudiata l’ipotesi di uno spostamento primarie, non mancano critiche nei confronti di una sinistra che rischia di «essere propulsore di una sconfitta».
Insomma, uniti si vince. Altrimenti la strada per la riconferma della “rivoluzione arancione” rischia di saltare e regalare la città ad un Centrodestra ancor più incerto e confusionario (la candidatura Sallusti pare già destare malumori e scarso appeal elettorale). «Le primarie di Milano sono di coalizione, se ci sarà qualche motivo per modificarle si potrà fare, ma non certo in base alle indicazioni del Pd». Il sindaco vuole un candidato di coalizione, un collante tra quel Pd che vuole Sala e quella sinistra che sbarra la strada rischiando l’harakiri. Ed il nome preferito dell’avvocato milanese pare quello del suo vice, Francesca Balzani.
Il problema pare simile ai nomi degli attuali candidati: non è semplice vincere se godi di scarsa notorietà. Ma con un Pisapia in prima linea, durante la campagna elettorale le cose potrebbero cambiare. Incoronando di fatto il suo successore ideale. Il prescelto. Che Renzi lasci fare direttamente a lui? Di certo, questione non decifrabile in maniera imminente.
foto da: infooggi.it
Cosimo Cataleta