Il nobile pioniere del cinema Francesco Alliata di Villafranca nel ricordo dello storico e critico Antonio La Torre Giordano
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Il Principe Francesco Alliata di Villafranca, nato a Palermo il 17 novembre del 1919 e scomparso a Bagheria il 1 luglio del 2015, è stato un nobile, produttore cinematografico e regista italiano.
Tra i pionieri della cinematografia a Palermo e in Sicilia, negli anni Quaranta decise - insieme al cugino Quintino di Napoli e agli amici Giovanni Mazza, Pietro Moncada di Paternò, Renzo Avanzo e Fosco Maraini - di realizzare una serie di cortometraggi subacquei nelle Isole Eolie, primi nel loro genere in Italia, con attrezzature reperite negli Stati Uniti.
Grande anteprimista, fondò insieme al regista Roberto Rossellini e all'insegna di scopi produttivi, la gloriosa casa di produzione cinematografica siciliana "Panaria Film", di cui si ricordano ancora oggi pellicole di pregio come “Vulcano”, diretta da William Dieterle nel 1950 e “La carrozza d’oro” di Jean Renoir del 1953, entrambe con Anna Magnani quale principale protagonista.
Lo storico e critico cinematografico Antonio La Torre Giordano racconta i propri ricordi del nobile e fondatore di "Panaria Film" nell'ambito di “Archeologia del Cinema 2023”, attività culturale composita messa in campo da "ASCinema -Archivio Siciliano del Cinema" in collaborazione con il Ministero della Cultura.
La testimonianza di Antonio La Torre Giordano, direttore di "ASCinema- Archivio Siciliano del Cinema", è legata soprattutto all’intervista che Francesco Alliata di Villafranca gli concesse qualche mese prima della sua scomparsa a Villa Valguarnera, a Bagheria.
“Su mia sollecitazione, l’inizio della nostra conversazione si basò sulle riprese subacquee effettuate sui fondali dei mari siciliani– racconta Antonio La Torre Giordano – che successivamente furono usate per i primi documentari della casa di produzione cinematografica".
"La sua passione e la sua competenza erano palpabili – sottolinea – e, nell'ambito dell'intervista, l’asse della conversazione si spostò sull'attività di produttore cinematografico, con la piacevole elencazione dei tanti aneddoti che hanno contraddistinto il busillis amoroso sorto tra Anna Magnani e Roberto Rossellini".
Precisamente, alla vigilia dell’avvio delle riprese di “Vulcano” che spinse il regista romano a girare contestualmente “Stromboli - Terra di Dio” con una nuova produzione e un’altra attrice protagonista, ovvero la nuova compagna di vita Ingrid Bergman.
Francesco Alliata di Villafranca, già impegnato economicamente nella realizzazione del film, riparò reclutando William Dieterle alla regia e risolse le improvvise defezioni con alcuni rimpiazzi, ma fu una questione molto spinosa che lo espose a rischi economici onerosi.
“Francesco Alliata – prosegue Antonio La Torre Giordano – non era legato a un titolo in particolare, ma solo all’emozione che ognuna delle pellicole generava nella sua memoria".
“La carrozza d’oro”, per esempio, fu una produzione rilevante che necessitò di moltissimi sopralluoghi condivisi con Jean Renoir, ma ciò che ricordava come una disfida vincente fu il confronto con Luchino Visconti che mutò in scontro quando il "Conte rosso" non rispettò gli accordi per avviare la lavorazione.
Francesco Alliata lo rimpiazzò senza indugio e affidò la regia proprio a Jean Renoir, che era stato l’iniziale maestro dello stesso Luchino Visconti.
Ricordava con molto pathos “Cacciatori sottomarini” del 1947, ossia il suo primo documentario, così come Giovanni Mazza, palombaro eccezionale, il cui apporto fu fondamentale.
Francesco Alliata è considerato uno dei pionieri del cinema siciliano.
In realtà, come precisa lo storico e critico cinematografico, la sua opera va dal secondo dopoguerra in avanti, mentre già nell’epoca del muto, agli inizi del Novecento, in Sicilia i veri precursori della settima arte furono Raffaello Lucarelli a Palermo, il primo produttore siciliano, Alfredo Alonzo di "Etna Film" a Catania, l’inventore del sonoro Giovanni Rappazzo a Messina e altri.
Francesco Alliata coltivava le sue passioni e ciò, asseriva, lo immunizzava da qualsiasi scoramento: un consiglio che sentiva di dare a chi oggi desidererebbe cimentarsi nell’ambiente del cinema, anche se le logiche e le dinamiche contemporanee sono molto diverse, e per nulla migliori.
Ma per Francesco Alliata si trattava di una regola sempiterna: nei fatti, nutriva e coltivava varie passioni, considerandole dei veri e propri argini di protezione, sebbene il mondo del cinema lo abbia voluto vivere con intensità e gratificazione.
“I suoi rapporti con la nomenclatura del cinema di quei tempi furono di regola buoni – racconta Antonio La Torre Giordano – ma mi svelò che quel mondo fosse dominato e sopraffatto dall’invidia e dalla gelosia più di quanto si creda".
"Sebbene lo annoverasse tra i migliori registi italiani –spiega – Francesco Alliata non perdonò mai l’ambivalenza e la perfidia di Luchino Visconti nei suoi riguardi: uno scontro tra nobili fondato sulla malevolenza personale, su cui preferiva glissare".
"Di tutt’altra sostanza – precisa – fu invece il rapporto con Roberto Rossellini, di cui ammirava la genuinità e la franchezza”.
"Sui film che fu felice d’aver prodotto – aggiunge – ritengo che preferisse quelli a soggetto, sebbene amasse anche i suoi documentari".
Al di là dei titoli noti, era molto compiaciuto di aver prodotto “A fil di spada” e “Il segreto delle tre punte”, rispettivamente del 1952 e 1954, diretti entrambi da Carlo Ludovico Bragaglia.
Sempre del 1954, “Vacanze d’amore” di Jean-Paul Le Chanois, girato a Cefalù e alla cui sceneggiatura esordì anche la penna di Vitaliano Brancati, e ancora, nell'anno successivo, “Agguato sul mare” di Pino Mercanti.
Con quest’ultimo condivise amichevolmente le iniziali tappe conoscitive del mezzo cinematografico cimentandosi nelle prime riprese “dal vero” nel centro storico di Palermo, insieme all’attore feticcio dei film muti di Pino Mercanti, ovvero Edmondo Affronti.
Negli ultimi periodi, Francesco Alliata fu circondato dall'affetto personale e dall'interesse verso i suoi film.
“Ne era decisamente orgoglioso – puntualizza Antonio La Torre Giordano – ed è inutile negare che gli arrivasse costantemente un ritorno affettivo, dagli addetti ai lavori e non, ma negli anni immediatamente successivi al suo distacco dal cinema, i suoi film e la casa di produzione sembravano svaniti nell’oblio".
"Solo da qualche tempo – osserva – se ne riparla con un certo interesse e riconoscenza: credo dipenda dalle fasi sociali che la collettività attraversa”.
“Francesco Alliata – spiega Antonio La Torre Giordano – riteneva che il cinema fosse uno strumento culturale formidabile in perenne metamorfosi perché innestato con gli andamenti sociali e politici, ma non ebbe la sua perenne dedizione".
"Pensava che negli ultimi decenni il cinema italiano avesse perso molto smalto –aggiunge – e che la sua grande tradizione fosse in fortissima fase calante, per colpa di un sistema politico che ne ignorava le potenzialità".
"In merito al produttore cinematografico Francesco Alliata – conclude – penso sia stato indubbiamente uno dei più abili e colti di quel periodo: il suo impegno per il cinema siciliano e non è, a tutt’oggi, tra i più esemplari”.