I'm with You: Il decimo album dei Red Hot Chili Peppers "suona diverso"
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ROMA, 8 SETTEMBRE 2011 - Lo dicono tutti quelli che hanno avuto modo di ascoltarlo: il nuovo disco dei Red Hot Chili Peppers suona in modo diverso, uno dei gruppi rock più riconoscibili al mondo ha deciso di cambiare il suo marchio di fabbrica. Cerchiamo di capire il perchè di questa decisione azzardata e quali sono le conseguenze.
La chiave di tutto è il nuovo acquisto Josh Klinghoffer, fresco rimpiazzo del chitarrista storico John Frusciante (di nuovo in fuga dopo più di 10 anni dal suo rientro).[MORE] Un cambio nella formazione di un gruppo rock comporta sempre un cambio di sonorità, nel caso dei Red Hot Chili Peppers il cambiamento è ancor più evidente a causa della forte personalità dei suoi quattro musicisti e del loro superproduttore Rick Rubin.
L’ultima volta che qualcuno ha provato a sostituire Frusciante non è andata molto bene, l’occasione per questo giovane chitarrista è irrinunciabile ma comporta anche il rischio di farsi odiare dai fan come “il nuovo Dave Navarro”. Fortunatamente Klinghoffer è ancora un nome sconosciuto ai più, quindi non sente l’esigenza di risultare riconoscibile al vasto pubblico dei RHCP come Frusciante o Navarro; la mossa più saggia che questo giovane fortunato poteva fare durante la gestazione dell’album era quella di farsi un nome manipolando un sound rinomato come quello dei Red Hot Chili Peppers senza cercare di imporsi eccessivamente. Ecco perchè oggi abbiamo un disco con chitarre che spaziano dal noise alla musica elettronica pur mantenendo una spiccata vena funky-rock (Klinghoffer proviene dalla cerchia dello stesso Frusciante).
Il giovincello del gruppo è anche un arrangiatore, cantante, compositore e polistrumentista. Sostituendo Frusciante ha ereditato anche il suo posto di corista, potete ascoltare la sua bella voce (molto più mainstream di quella di Frusciante) sul brano Meet me at the Corner. Purtroppo il rovescio della medaglia in questo caso è che si sono persi quegli intrecci vocali fra Frusciante e Kiedis che tanto hanno contribuito al sound del gruppo (anche se in alcuni momenti si nota la volontà di mantenere questa cifra stilistica).
La sua esperienza come arrangiatore invece affiora nel suo modo di concepire le parti di chitarra, in ogni brano è alla ricerca di occasioni per proporre soluzioni alternative alla eredità di Frusciante. Ottimo esempio è rappresentato dall’elaborato crescendo realizzato in Brendan’s Death Song, una canzone sicuramente più complessa sul piano dell’orchestrazione di chitarre rispetto al tipico approccio improntato al live dei classici Red Hot.
A parte l’impatto noise ad effetto del brano d’apertura Monarchy of Roses (una canzone che a detta della stessa band unisce musica dance con il sound dei Black Sabbath!), è nella seconda metà del disco che si sente maggiormente la nuova vena creativa all’opera, mai sentito i peperoncini affidarsi così tanto al pianoforte! E’ sempre Klinghoffer ad eseguire le parti, facendo ben sperare per la resa live di questi pezzi, si passa velocemente dalla marcia ragtime di Happiness Loves Company al Country rock di Police Station fino all’Hip hop di Even You, Brutus. Non c’è dubbio, è proprio su questi brani al pianoforte che si sente il sangue fresco all’opera, siete liberi di detestarlo o di amarlo.
Se siete dei fan sfegatati dei Red Hot Chili Peppers di Californication al punto di aver desiderato una nuova uscita più simile a Stadium Arcadium o By the Way, aspettate a strapparvi i capelli, alcuni punti fermi sono rimasti. Anthony Kiedis continua ad alternare complesse linee funky a semplici ed accattivanti melodie, la sezione ritmica Flea-Chad Smith rimane quella di sempre, rocciosa, dinamica e in primo piano più di prima grazie al vuoto lasciato da Frusciante. I riff accattivanti del basso di Flea troneggiano come sempre su tutto il disco, gli arrangiamento saranno anche pieni di chitarre e pianoforti ma è chiaro fin da subito che chi comanda la baracca suona il basso e ha un look improbabile (ora porta i capelli color turchese).
Non mancano quindi brani più riconducibili allo stile del gruppo, tutti quelli che hanno acceso la radio negli ultimi due mesi hanno già ascoltato The Adventures of Rain Dance Maggie, uno dei brani più trasmessi di quest’estate. Questo primo singolo, insieme alla frenetica Look Around e alla orecchiabile Factory of Faith rappresenta la parte più conservatrice del nuovo album.
L’unica domanda che mi pongo su questa “doppia anima” del disco è: che ne sarà di queste canzoni durante i concerti? Quali brani saranno estratti? Molte delle soluzioni di Klinghoffer sembrano troppo complesse da riprodurre dal vivo e i Red Hot Chili Peppers sono rinomati per le loro performance live coese, genuine ed essenziali, che ne sarà dei complessi intrecci fra più chitarre o fra chitarra e pianoforte che caratterizzano parte di questo disco?
Forse verranno eseguiti solo i brani più in linea con la discografia passata, forse alcuni brani verranno spogliati della loro veste discografica per essere eseguibili dai soli quattro musicisti, per scoprirlo non ci resta che andarli a vedere il 10 dicembre al Palaolimpico di Torino o l’11 dicembre al Forum di Assago di Milano.
Andrea Portieri