#GiornoDellaMemoria Pregiudizio storico e scienza distorta:le radici di un orrore chiamato Olocausto
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ROMA, 27 GENNAIO 2014 - Pregiudizio storico e distorsione della scienza eugenica si intrecciano in maniera indissolubile nel lungo e tortuoso percorso che ha condotto la civiltà umana a quell’immenso orrore chiamato olocausto. Un genocidio, uno sterminio di massa, una testimonianza insanguinata della tragedia che si genera quando l’umanità si rivolta contro se stessa.
Una corrente di pensiero nell’ambito della critica storica tende a vedere le leggi razziali italiane come un semplice stratagemma politico per ottenere l’alleanza con la Germania: l’antisemitismo non ha niente di italiano, è un corpo estraneo catapultato all’improvviso nel panorama nazionale, nessun pregiudizio contro gli ebrei ha mai abitato il suolo nostrano prima del 15 Luglio 1938.
La verità, in realtà, è molto più complicata di così.[MORE]
Le radici dell’intolleranza nei confronti del popolo semita si diramano in profondità nel terreno della storia, sia italiana che planetaria, e le prove sono disseminate attraverso i secoli. Ne sono un esempio Il Mercante di Venezia di Shakespeare e l’Ivanhoe di Walter Scott, capolavori letterari e testimonianze cartacee di un pregiudizio silenzioso e strisciante che accompagna da secoli la storia degli ebrei nel mondo. Ne è un esempio la produzione letteraria di Cesare Lombroso e di Paolo Mantegazza, due dei più grandi esponenti del positivismo italiano, che sfatano con le loro parole incise su carta l’illusione dell’inesistenza dell’antisemitismo in Italia prima della pubblicazione del Manifesto della Razza.
Il pregiudizio c’era, esisteva, abitava in silenzio i vari strati della società, era vivo e pulsante nelle coscienze del mondo, pronto ad esplodere al momento opportuno con tutta la forza di un nucleo che si frantuma.
A Prima Guerra Mondiale appena conclusa, l’intolleranza di antica data iniziò ad assumere contorni pericolosi: gli ebrei, colpevoli di essere un popolo senza terra sparso in disordine sulla superficie del globo, un nucleo estraneo ed incapace di amalgamarsi nel corpo delle nazioni, iniziarono ad essere visti come i principali responsabili del disagio generato dalla modernità, come i colpevoli dei problemi che attanagliavano l’Europa semidistrutta da un conflitto bellico di proporzioni immani.
L’eugenica entrò in gioco qui: la “scienza di miglioramento del ceppo”, per usare una definizione di galtoniana memoria, fu utilizzata dal nazionalsocialismo per legittimare sotto il punto di vista scientifico ogni provvedimento contro gli ebrei. Le segregazioni, i campi di sterminio, i folli esperimenti medici condotti dalla mente tristemente brillante di Josef Menghele, tutto doveva essere visto come un procedimento mirato al miglioramento del corpo della nazione e della razza ariana, secondo schemi tristemente famosi e in parte ripresi anche dall’Italia fascista.
L’eugenica concretizzava in azioni un pregiudizio storico vecchio di secoli, la scienza veniva distorta e decontestualizzata per giustificare lo sterminio. Uno sterminio di proporzioni immani che portò allo morte di due terzi degli ebrei d’Europa, alla distruzione ingiustificata di sei milioni di vite.
Il mondo si stupì o si finse stupito quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa spalancarono i cancelli di Auschwitz, svelando gli atroci orrori che si nascondevano al di là della scritta Arbeit Macht Frei, portando alla luce la mostruosa realtà dei campi di concentramento e dei meccanismi di realizzazione della soluzione finale. Era il 27 Gennaio 1945. Sessantanove anni dopo, il mondo ricorda l’orrore generato da un pregiudizio secolare e dall’uso errato di una concezione scientifica decontestualizzata e convenientemente distorta, ricorda le vite spezzate e le anime martoriate dalla disumana esperienza dei campi di concentramento, ricorda l’orrore prodotto dall’uomo e diretto contro l’uomo stesso.
L’olocausto è la pagina più nera e vergognosa della storia dell’umanità e, per questo, non può e non deve essere cancellata, al fine di ricordare sempre la forza distruttiva che l’odio, il pregiudizio e l’uso sconsiderato e distorto delle conquiste umane sono in grado di generare.
Un orrore ingiustificabile, imperdonabile e, si spera, irripetibile.
“L'Olocausto è una pagina del libro dell'Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria.”
Primo Levi
(foto http://77.242.187.170/)
Elisa Lepone