Giorno della memoria, 7 perugini insigniti della medaglia d'oro da Napolitano
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PERUGIA, 27 GENNAIO 2012 – Durante la cerimonia per la celebrazione del “ Giorno della memoria “ che si è svolta questa mattina presso La Sala dei Notari di Palazzo dei Priori a Perugia, 7 cittadini hanno ricevuto la medaglia d’onore concessa dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Gli insigniti sono stati: Franco Pagliacci ( Perugia ), Enzo Pericoli ( Gualdo Tadino ), Luigi Piermarini ( Nocera Umbra ), Vincenzo Piscitelli ( Bastia Umbra ), Albero Ragni ( Perugia ), Alberto Roscini ( Perugia ), Candido Ziarelli ( Perugia ).Si tratta di sette cittadini, militari e civili, deportati e rinchiusi nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra. A consegnare le medaglie ai deportati o ai loro familiari, il Prefetto, Enrico Laudanna, assieme ai sindaci dei comuni dai quali provengono gli insigniti del prestigioso riconoscimento e alla Presidente della regione Catiuscia Marini. Nel suo intervento, il Prefetto, ha posto l’accento sul valore simbolico della medaglia “ Un riconoscimento del sacrificio vissuto dai nostri concittadini, delle sofferenze e dei lutti subiti dalle loro famiglie, questo in funzione del ricordo per il futuro “. [MORE]
Molte le celebrazioni previste nel corso di questa importante giornata in diverse località della regione. Incontri, dibattiti, rappresentazioni teatrali che, riprendendo le parole usate dal Prefetto questa mattina, rinnovano il ricordo per il futuro, affinché la nostra memoria non ne perda traccia. Tutto questo diventa ancora più importante con il trascorrere del tempo e con la scomparsa, per ovvie ragioni di età, di quelli che sono testimoni diretti di quanto è successo, i sopravvissuti all’olocausto. Vorremmo raccontare la storia di Franco Roscini che, questa mattina, ha ritirato la medaglia d’onore in nome di suo padre Alberto, uno dei sette cittadini perugini insigniti del riconoscimento. Il signor Franco ha la voce commossa dall’emozione non solo per la medaglia ricevuta ma per la speranza, resasi più concreta negli ultimi giorni, di poter riportare a casa dopo 69 anni la salma del padre, i resti della quale per decenni sono rimasti ignoti nei cimiteri della Germania. Alberto Roscini è morto il 12 aprile del 1945 quando suo figlio Franco aveva appena 5 anni. Militare fu vittima, insieme ai propri commilitoni, di una di quelle bombe lanciate per liberare anche loro. Catturato dai tedeschi nel ’43, portato in un campo di concentramento fu trasformato in lavoratore civile e obbligato a lavorare in una fabbrica a Bensberg, vicino Colonia. Proprio lì si trovava quando la città fu bombardata dagli alleati e liberata. Roscini fu sepolto nel cimitero della città tedesca tra gli ignoti perché, come racconta lo stesso Franco, addosso non aveva nessun documento né la piastrina di riconoscimento dato che la sua giacca gli fu tolta da un compagno di Gubbio per riportarla alla famiglia insieme ai suoi pochi averi. Qualche anno fa, grazie al lavoro di uno dei nipoti di un deportato veneto, si apre una piccola speranza dato che dagli archivi del Terzo Reich spuntano gli elenchi con i nomi dei deportati morti e dei cimiteri nei quali sono sepolti. La salma si troverebbe nel cimitero monumentale di Amburgo dove il signor Franco Roscini si è già recato. Nel frattempo la famiglia ha avviato tramite l’Ambasciata la pratica per il test del Dna sui resti dei 10 militari ignoti e, da pochi giorni, ha avuto conferma della fattibilità dell’operazione. Si concretizza quindi la speranza di Franco e della sua famiglia di poter riportare a casa le spoglie del proprio congiunto. Speranza che si concretizza anche per le famiglie degli altri deportati che giacciono sepolti tra gli ignoti nel cimitero monumentale di Amburgo.
Daniela Dragoni