Giordania affronta Isis: "La rappresaglia contro gli jihadisti è solo all'inizio, pagheranno tutto"
Estero Sardegna

Giordania affronta Isis: "La rappresaglia contro gli jihadisti è solo all'inizio, pagheranno tutto"

venerdì 6 febbraio, 2015

AMMAN (GIORDANIA), 6 FEBBRAIO 2015 – La Giordania non perdona. Dopo la brutale uccisione del pilota Muath al Kasasbeh, arso vivo nella cella dove era tenuto prigioniero, il re Abdallah II lancia l’offensiva contro le schiere dello stato islamico: l’operazione, significativamente chiamata “Martire Muath” ha comportato, fino ad ora, la ripresa dei raid aerei (interrotti nei giorni scorsi per tentare un negoziato con l’Isis) e la possibilità di un dispiegamento di forze di terra.


Una strategia, questa, che potrebbe essere rischiosa: sebbene un attacco frontale potrebbe infliggere dei danni notevoli agli jihadisti, è pur vero che una così grande mobilitazione di truppe, qualora dovesse fallire, andrebbe a costituire una perdita fatale per la Giordania, nonché un vasto calo dei consensi per il governo.

La rappresaglia della Giordania


Negli attacchi aerei dello scorso mercoledì, alcune postazioni dell’Isis erano già state abbattute. Il ministro degli esteri giordano Nasser Judeh ha però dichiarato che la rappresaglia non finisce qui e che, anzi, Amman sta “alzando la posta in gioco”, inseguendo i militanti “con qualsiasi mezzo abbiamo”. Le ultime fonti parlano di 5 bombardamenti nella città di Raqqa e di tre aerei da guerra che sorvolano la città. Sulle bombe, incisi messaggi di morte contro gli jihadisti.Non è un caso che le più recenti foto del re lo mostrino con indosso la divisa militare, la stessa che portava durante i giorni passati all’Accademia militare britannica, dove si è formato alla stregua di suo padre Hussein.[MORE]


Intanto, giovedì il re Abdallah e la consorte si sono recati a Karak per porgere di persona le condoglianze alla famiglia di Muath al Kasabeh. La sera, una gruppo di aerei, dello stesso tipo di quelli guidati dal pilota, ha sorvolato la città in segno di lutto e di rispetto per il defunto. Ovunque nelle strade, la folla continua a denunciare con rabbia il crimine compiuto dall’Isis: “Bruciato vivo! E in una gabbia, come un animale”. Per i musulmani, infatti, la cremazione non è un rito consentito e gli unici cadaveri gettati alle fiamme sono quelli degli animali. Il messaggio è chiaro: con il video, gli jihadisti hanno voluto mostrare che, per loro, Muath contava non contava più di un animale.

(foto: www.befan.it)


Sara Svolacchia

 

 


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