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Dopo il disastro di Fukushima il Giappone teme per le sorti della capitale al punto di volerne creare una alternativa. Fonti governative affermano che la probabilità che si verifichi un altro terremoto catastrofico nella zona di Tokio nei prossimi trent’anni è circa dell’87%, il che si tradurrebbe in un tasso di mortalità altissimo dato che la capitale nipponica conta 28 milioni di abitanti e i danni all’economia sarebbero dieci volte superiori a quelli provocati dalle scosse dell’11 marzo. [MORE]
Così una commissione parlamentare bipartisan di circa duecento deputati si è riunita e ha redatto un documento in cui si chiede al governo un progetto per la creazione di una seconda capitale che, in caso di emergenza, possa prendere il posto di quella attuale. La candidata per eccellenza è la vicina Osaka, storica rivale di Tokio. Antichissima città sviluppatasi come porto collegante la regione con le aree occidentali del Giappone fin dal periodo Kofun (250-538), Osaka è la seconda città del Giappone con circa quattro milioni di abitanti e trentamila industrie.
Nonostante il tentativo da parte delle autorità di tranquillizzare la popolazione dopo l’apocalisse nucleare come l’ha definita Gunter Ottinger, commissario Ue per l’energia, l’ultima richiesta del primo ministro giapponese Naoto Kan indirizzata alla Chubu Eletric Power Co, evidenzia la reale paura di un ulteriore disastro. Il premier ha infatti pressato la CEP, compagnia che gestisce la centrale nucleare di Hamaoka (a cento chilometri a nord di Tokio) per la chiusura dello stabilimento e la disattivazione dei suoi cinque reattori. Inizialmente la proposta non è stata accettata ma dopo vari giorni di discussioni e consultazione con sismologi ed esperti nel settore, la compagnia ha accettato.
La vicenda ha messo luce sulla vulnerabilità del Giappone soprattutto in virtù del fatto che la centrale di Hamaoka è la fornitrice di elettricità elettrica delle maggiori industrie del paese come la Toyota e la Suzuki.
Roberta Lamaddalena