Festival di Roma, in concorso La vita invisibile. E non c'è niente da vedere

Antonio Maiorino
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FESTIVAL DI ROMA 2013, IN CONCORSO: A VIDA INVISIVEL DI VITOR GONCALVES, LA RECENSIONE. Il peggior cinema d'Autore: quello che si compiace di essere enigma, s'illude d'essere poesia e\o filosofia, e scopre - ammesso che qualcuno dica che il re è nudo - di essere vuoto. 

E' notte fonda e Hugo, impiegato statale, siede sui gradini del Ministero in cui lavora. Non ha il coraggio di tornare a casa e non riesce a togliersi dalla mente le immagini di un misterioso film in 8mm che ha ritrovato in casa del defunto Antonio. Ricorda quindi il giorno in cui Antonio, suo superiore al Ministero, gli rivelò che stava per morire. Hugo ha sempre creduto che Antonio volesse in realtà confidargli qualcosa che lo riguardava direttamente. Spinto dal desiderio di comprendere questo segreto inconfessato, rispolvera ricordi sepolti da tempo. E ripensa all'ultima volta che ha visto Adriana... [MORE]

REGISTI PIGRI, REDATTORI RIBELLI - La sinossi di A vida invisìvel (La vita invisibile) del portoghese Vitor Gonçalves, proiettato al Festival di Roma 2013, è ripresa integralmente dal pressbook. Non è una comunicazione di servizio: lo scopo di questo avvertimento è di dare ad intendere che chi scrive non si dà cura di riscrivere a parole proprie la trama, avendo già vanificato 100 minuti della propria vita nella visione di un'opera fastidiosamente vacua e pretenziosa. Il riportaticcio che giunge dalle "scuole di cinema", in genere affiliate a riviste\webzine che cercano di arrotondare istituendo corsi di critica, è che il buon redattore mantenga l'aplomb del diplomatico, senza eccedere in stroncature, cercando di capire piuttosto che giudicare. Di fronte ad un film come A vida invisìvel, tuttavia, non prendere una posizione è un atto deontologicamente scorretto. Le almeno 40 persone che hanno lasciato la sala Sinopoli dell'Auditorium di Roma durante la proiezione - persino a tre quarti del film, quando ormai dovrebbe prevalere un misto di stoicismo e curiosità - sono, involontariamente, critici cinematografici: perchè fare critica significa fare scelte. Il film di Gonçalves appartiene a quelle bislaccherie che molti non avranno il coraggio di riconoscere, nascondendosi dietro la reverenza verso il cinema d'essai. Singolare, vista - in primis - la recitazione di quart'ordine, con Filipe Duarte che si tormenta, striscia lungo i muri, fissa nel vuoto, si muove con ostinata e teatrale lentezza, senza nè credibilità nè passione che non si sia già vista - ma con più onestà intellettuale - in Centovetrine.

UNA STORIA INVISIBILE - Il problema non è solo in quello che si vede, che sfiora una comicità involontaria tanto più bassa quanto si vorrebbe innalzare, con maldestro melodramma del non-detto, sulle vette di una desiderata, fascinosa evocatività. Quello che non si vede è peggio: i dialoghi sono oracolari, i set improbabili (ma chi è che fa fotocopie in un ufficio senza luce?), le transizioni riempitive (un uomo fissa un giardiniere che taglia le piante, e piange). Ossia: non si parla mai davvero, non si abita mai davvero, non succede mai davvero niente, o niente-di-vero. Scelte plausibili solo per chi abbia il polso di gestire storie invisibili, altrimenti si è null'altro che modesti orchestratori di andanti noiosi. Il film nel film, l'8mm di Antonio che il protagonista rinviene nella casa del defunto, dovrebbe veicolare l'intuizione esistenzial-filosofica di Hugo, che "diventa consapevole della propria mortalità e allo stesso tempo ha l'opportunità di sentire com'è esser vivi" (sic, secondo le dichiarazioni del regista). La trama di quelle immagini è sgranata come tutto il progetto artistico, così indefinito da risolversi in un delirio solipsistico. Hai voglia a parlare di "pezzi di esistenza", una tranche de vie non può tranciare il senso, per rispetto di chi guarda: il cinema deve essere diverso dalla vita, il cinema non è la vita. E chi si diletta di enigmi, può provare col Sudoku. Non c'è miglior chiosa che la ficcante satira de I Griffin, la serie animata di Seth MacFarlane, in cui si prende in giro American Beauty, e con esso tutti i voli pindarici di certa autorialità che dimentica la spettatorialità (non era il caso di Sam Mendes).

 

Titolo originale: A Vida Invisível
Nazione: Portogallo
Anno: 2013
Genere: Drammatico
Durata: 99'
Regia: Vítor Gonçalves
Cast: Filipe Duarte, Maria João Pinho, João Perry, Pedro Lamares, Susana Arrais
Produzione: Rosa Filmes, Young Films
Distribuzione:
Data di uscita: Roma 2013

Antonio Maiorino
Critico cinematografico e d'arte - on Twitter

 

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Scritto da Antonio Maiorino

Giornalista di InfoOggi

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