Femminicidio: un rosso che non è Natale
Interviste Lazio Roma

Femminicidio: un rosso che non è Natale

giovedì 13 dicembre, 2018

ROMA, 13 DICEMBRE - Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi Signori, davanti a una Donna è quanto scriveva William Shakespeare in merito alla violenza sulle donne. L’Onu ha istituito il 25 novembre come la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La violenza contro le donne rappresenta una discriminazione dal punto di vista pratico e legale, conseguenza della discriminazione tra uomo e donna e delle persistenti disuguaglianze di genere che influiscono negativamente per la lotta all’HIV/AIDS, povertà, rafforzamento della pace e la sicurezza, e rappresenta una violazione dei diritti umani. “Noi tutti abbiamo creduto di poter trattare la Storia come un esperimento di fisica. La differenza è che in fisica si può ripetere l’esperimento migliaia di volte, ma nella Storia si può farlo solo una volta”, diceva lo scrittore e giornalista Arthur Koestler. Nella società odierna è in corso una lenta e progressiva regressione culturale figlia dell’indifferenza nei riguardi della storia e del passato. Una parabola discendente che si sta ramificando attraverso lo schermo di un computer, portando l’ago della bilancia della ragione ad un livello increscioso rispetto al progresso conoscitivo che dovrebbe camminare di pari passo con lo sviluppo tecnologico. Un passato che si ripete poiché figlio di un presente che si nasconde dietro i muri dell’indifferenza e dietro i silenzi che chiudono le pagine e tappano le bocche della conoscenza.

La rabbia incontrollata dei leoni da tastiera non si limita ai post sui social network condivisi sulle bacheche. In molti casi i social diventano lo specchio di una tempesta interiore che viene fomentata da bandiere di odio nei riguardi di chi è più debole e successivamente si riversa dentro le mura di casa in cui madri, sorelle, mogli e figli diventano il fragile guscio che attutisce l’attrito di una ferocia che spesso causa crepe talmente violente da indurre alla morte della vittima. Sono tante le donne che mascherano attraverso il dignitoso silenzio, il trucco e la paura una violenza domestica che si consuma quotidianamente per mano di mariti e compagni troppo gelosi o possessivi che impediscono loro di vivere liberamente una vita fatta di lavoro, amicizie e normalità. Schiaffi che intaccano violentemente i volti, frantumano labbra che prima erano in grado solamente di pronunciare parole d’amore -non contraccambiate- che poi con fatica riescono a raccontare e denunciare. Oggi la società è cambiata, sono stati istituiti i centri antiviolenza, le case rifugio e il numero verde 1522. “La tenebra non può scacciare la tenebra: solo la luce può farlo. L’odio non può scacciare l’odio: solo l’amore può farlo. L’odio moltiplica l’odio, la violenza moltiplica la violenza, la durezza moltiplica la durezza, in una spirale discendente di distruzione”, diceva Martin Luther King. Il 24 novembre, a Cagliari, presso la Sala Search, Largo Carlo Felice 2, si è tenuto un convegno sulla figura della donna nel 900. Dalla conquista del diritto di voto alla doppia preferenza di genere, dalle pari opportunità all’ingresso delle donne nelle forze di Polizia e nelle forze armate fino alla prevenzione e contrasto della violenza di genere. Il convegno è stato coordinato da Claudia Piloni. Hanno partecipato: Alessandro Sorgia, Presidente Gruppo Misto e Vice Presidente Commissione Politiche Sociali Comune di Cagliari, Saluti. Ignazio Ballai, Avvocato, il gratuito per le donne vittime di violenza. Laura Piga, Responsabile Regionale i bambini delle fate, Saluti. Marinella Canu, Presidente Associazione Luna e Sole, Lettera di un padre ad una figlia. Martina Mastinu, Psicologa Associazione Luna e Sole, La comunicazione e la costruzione del rapporto di fiducia. Giuseppe Canu, fotografo, La fotografia come strumento di sensibilizzazione della violenza di genere. Gianfranco Piscitelli, Avvocato, Presidente Penelope Sardegna onlus e Responsabile Sardegna Gens Nova Onlus e Emanuela Piredda, Psicologa-criminologa, Vice Presidente Penelope Sardegna Onlus, Vari aspetti della violenza dall’adolescenza all’età adulta, i sintomi di un dramma in evoluzione: maltrattamenti-scomparsa-femminicidio. Silvana Migoni, Presidente Associazione Donne Al Traguardo, DonneAl Traguardo una associazione sempre più in prima linea tra solidarietà e sostegno alle donne vittime di violenza. Nicoletta Malesa, Psicologa, Presidente Cam Sassari Centro di Ascolto Uomini Maltrattati. Vincenzo Giara, Operatore Cam Sassari, intervento e recupero degli uomini maltrattati Elisabetta Randaccio, critica cinematografica, immagini e interpretazioni della violenza di genere nel cinema italiano 1960-1980. "Grande commozione al Convegno odierno.... positivo incontro tra le/i rappresentanti delle varie Associazioni con impegni reciproci di futura stretta collaborazione per prevenire e lottare uniti. Un grazie a tutti i partecipanti relatori ed organizzatori per aver dato questa opportunità. Un saluto ai rappresentanti dei Guardian Angels sempre in prima fila presenti e sensibili" ha commentato l'Avvocato Piscitelli sulla sua pagina facebook.Ma in passato come venivano trattate le donne? Come siamo arrivati a tutto questo?

Nell’antico Egitto la donna era perfettamente emancipata sul fronte sociale, privato e politico. Madri, mogli, artigiane e sacerdotesse, rivestivano un ruolo valorizzato in egual modo con quello dell’uomo. La donna occupava una posizione sociale indipendente dalla figura maschile e per tale ragione partecipava attivamente alla vita politica e religiosa partecipandovi attivamente, poteva acquistare beni. L’istruzione rivestiva un ruolo fondamentale in ogni classe sociale. Le donne venivano istruite sin dalla tenera età alla lettura, alla scrittura e allo studio di strumenti musicali. Nell’Antica Grecia il matrimonio rappresentava un passo fondamentale per la vita di una donna che diventava ufficialmente adulta. Era un rito che veniva compiuto prima ancora che la coppia acquisisse consapevolezza, il padre della sposta e il padre dello sposo firmavano un contratto. Il matrimonio veniva visto come mezzo per procreare e garantire all’uomo la discendenza, oltre all’acquisizione di diritti nei riguardi del suocero verso il quale era stato stipulato un contratto. Nel Medioevo le donne appartenenti alle più disparate classi sociali, venivano tutelate e poiché considerate deboli sul fronte morale e fisico. A differenza delle donne egiziane citate poc’anzi, dotate di molta padronanza di se stesse, le donne del medioevo erano limitate sulla gestione della propria indipendenza e non potevano avviare una propria attività, neppure dopo la perdita del marito. La legge della corporazione stabiliva che doveva essere integrata con un uomo. Nelle diverse classi sociali la vita delle donne aveva una posizione differente. Molte di esse lavoravano nei campi per sfamare la famiglia che spesso era composta da dieci figli che dovevano essere curati e sfamati, alcuni però venivano a mancare per la scarsità del cibo, le malattie che dilagavano. Le donne aristocratiche si dedicavano principalmente alla nobile arte del ricamo che sin da fanciulle veniva loro impartito. Il matrimonio non rappresentava una scelta legata al sentimento maturo di due persone pronte a surclassare un percorso di vita ma era il frutto di una scelta figlia di interessi con il fine di espandere il potere. I genitori cedevano la propria figlia di soli sette anni alla famiglia del promesso sposo nell’attesa del conseguimento dell’età per convolare a nozze. Il concetto di libertà era pressoché utopico se nonché inesistente poiché vi era un controllo, da parte delle famiglie sulle giovani coppi, molto intenso. Il corpo della donna veniva sottoposto a controlli per garantire eredi. L’adulterio compiuto dalla donna veniva punito con la morte, se compiuto dall’uomo, invece, rimaneva impunito e inoltre se l’uomo avesse avuto figli illegittimi costoro avrebbero vissuto con la moglie. Le donne nella nobiltà del medioevo esercitavano potere su tutti gli aspetti legati alla propria casata: personale di servizio di ogni rango e inoltre tenevano in polso fermo sul feudo. La borghesia cittadina dell’alto medioevo era costituita da donne che aiutavano i mariti nelle loro attività in base alle disponibilità della casata. Secondo la storica americana Joan Kelly-Gadol, nel Rinascimento la donna subisce una regressione rispetto al Medioevo per quanto concerne la libertà individuale e il potere. Oggi qual è la condizione in cui vivono le donne? I dati Istat riportano che “il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila)”.

La Dott.ssa Rossana Putignano, Psicologa Clinica, Psicoterapeuta Psicoanalitica, Psicologa Forense del Crime Analysts Team, ci ha spiegato il suo punto di vista in merito alla figura della donna nella società odierna. “Leggo ovunque che noi donne dobbiamo essere libere di girare come vogliamo, più o meno succinte non ha importanza, a tutte le ore e in tutti i luoghi. Per carità i diritti umani al primo posto e ben vengano le lotte. Tuttavia, non so se é un concetto femminista estremista ma posso dire da donna, più che da psicologa, che non é vero. Purtroppo non siamo libere e l' ombra del potenziale carnefice c' é sempre. Potremmo dire che spesso é dentro casa? Per quello c' é tutto un percorso psicologico da effettuare su di sé nel caso in cui siamo coinvolte in una NON storia e auspico sempre più che le donne possano prontamente rivolgersi agli psicologi e ai centri di violenza denunciando ovviamente il maltrattante. Ricordo che non esiste solo la violenza fisica ma anche quella psicologica con manipolazione, svalutazione e umiliazione della donna fino a farle insorgere dentro sensi di colpa che ovviamente non le appartengono. Capito confine fra noi e l' Altro e prese le distanze, la donna dovrebbe essere capace di svincolarsi dal proprio uomo maltrattate. Per tutto il resto smettiamo di pensare di essere donne libere, dobbiamo aver paura, la paura é necessaria affinché si ponga attenzione alle situazioni potenzialmente pericolose come entrare nei bagni della stazione o girare sole la notte e in luoghi non frequentati. É preferibile avere paura anziché una bassa percezione del rischio. Alla fine l' ansia viene per proteggerci, non per farci del male”.

fonte immagine (IlFattoQuotidiano)

Angelo Barraco


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