Don Andrea Giorgetta: la fibrosi cistica e il suo ministero pieno di entusiasmo
Chiesa e Società Lazio Roma

Don Andrea Giorgetta: la fibrosi cistica e il suo ministero pieno di entusiasmo

martedì 21 gennaio, 2020

Don Andrea Giorgetta viene ordinato sacerdote lo scorso 8 giugno del 2019 nel Duomo di Como. "Predicate sempre il Vangelo e se fosse necessario anche con le parole" era la frase che san Francesco rivolgeva ai suoi frati e che don Andrea ha scelto per la sua ordinazione. « È una frase che mi piace molto – spiega – perché parla di una testimonianza diretta, visibile nei fatti. Mi piacerebbe nel mio ministero riuscire a parlare prima con i fatti, con i gesti e con lo sguardo, poi eventualmente, se fosse necessario, con le parole.

È una indicazione – precisa – ma anche un augurio che faccio a me stesso, un punto fermo del mio essere uomo e del mio essere prete ». Il giovane sacerdote che ho incontrato nei giorni scorsi a Roma è uno di quei preti che svolgono il ministero convivendo con la malattia o come nel mio caso con la disabilità. È ci siamo ritrovati alla presentazione di un libro edito dalla Libreria Editrice Vaticana e scritto da Vittore De Carli, che parla appunto di noi: “Come seme che germoglia. Sacerdoti nella malattia” con la prefazione del Card. Angelo Comastri.

Fibrosi cistica. Una malattia genetica grave, subdola perché spesso nascosta, che colpisce maggiormente bronchi e polmoni, che ti limita molto, una malattia che si può curare, ma a oggi non guarire completamente. Don Andrea Giorgetta, giovane sacerdote di Chiavenna, diocesi di Como, l’ha scoperta quando aveva vent’anni. Fino ad allora la sua tosse, il suo respiro a volte affannoso erano stati attribuiti a una forma allergica e per questo curati con diversi farmaci che, tuttavia, non avevano portato l’effetto sperato.

Dopo un’infanzia normale (anche se la tosse era costantemente compagna di studio e di giochi), si diploma geometra e inizia a lavorare presso un’agenzia immobiliare. « Facevo una vita del tutto tranquilla, come tanti altri ragazzi della mia età – racconta. Amavo lo sci, le lunghe passeggiate in montagna e facevo anche atletica ». A 23 anni don Andrea entra in seminario accompagnato dalla sua malattia che lo costringe a lunghi periodi di assenza. « Durante il terzo anno di Teologia ho dovuto affrontare tre ricoveri in ospedale, con circa 90 giorni di assenza dal seminario e durante questo periodo sono stati fondamentali i miei amici e i miei compagni di scuola, che mi hanno aiutato tantissimo affinché potessi tenere il passo con gli studi ». Grazie alla sua forza di volontà don Andrea ce l’ha fatta a completare il percorso. Forza di volontà, ma anche tanta, tanta fede.

« All’inizio ci sono stati, anche in seminario, dei momenti difficili. Avevo l’idea che non sarei riuscito a compiere pienamente quel cammino sacerdotale che vedevo svolgere e vivere da molti presbiteri. Avevo paura di diventare un “prete di serie B” e che non sarei mai riuscito a essere a disposizione della mia parrocchia a tempo pieno. Avevo paura che non sarei stato in grado di programmare le attività parrocchiali perché avrei potuto non essere presente, o di pensare e organizzare momenti e incontri e poi magari dovermi assentare per un ricovero in ospedale. Poi però è prevalsa la fiducia in una capacità che non è totalmente mia ». « Mi ero reso conto, anche grazie alle esperienze vissute, di quanto fosse importante la collaborazione con gli altri, sia con i consacrati sia con i laici. Ho vissuto molto questo aspetto: sacerdote sì, ma con la collaborazione di tutti. La fibrosi cistica è una malattia che non ti dà tregua e non va in vacanza: infatti devo fare controlli periodici, esami specifici e ricoveri annuali. In ogni caso, come dice un antico detto – “Fa quello che puoi con quello che hai, nel posto in cui sei”  ».

« Caro don Andrea, ricordati di essere stato scelto dal Signore senza alcun tuo merito particolare », ha detto il vescovo di Como Oscar Cantoni, durante l’ordinazione di don Giorgetta. E di questo, il giovane prete è più che consapevole. Perciò a don Andrea non piace presentarsi con la sua malattia, ma con la sua semplice persona. Anche se, osserva « molti preti mi ritengono, sotto certi aspetti, più fortunato di loro perché, essendo io malato, riesco a entrare in sintonia più facilmente con gli ammalati. Infatti spesso mi capita di essere contattato da diverse persone, sia affette da qualche malattia fisica sia per problemi spirituali, per avere un consiglio o una parola di conforto. Tra le persone ammalate, molto spesso la prima cosa che viene a cadere è la fede. Molti dicono: “Signore è colpa tua?”. Io sono del parere, invece, che il Signore non sceglie solo tra i sani, ma anche tra gli ammalati, e con loro fa grandi cose ».

« Ogni due mesi ho degli esami ospedalieri da fare per cui cerco sempre di non fissare delle scadenze nelle mie relazioni personali e interpersonali. Se devo incontrare qualcuno raramente gli fisso un appuntamento a distanza di una settimana, ma lo incontro subito perché non sono in grado di sapere cosa avrò da fare la settimana dopo e soprattutto se fisicamente starò bene nei giorni successivi. In ogni caso, però, è proprio la malattia che mi dà la forza per poter essere vicino alla gente. Questa mia incertezza, questo mio non poter programmare le mie giornate a lunga scadenza mi spingono a consolidare, ancora di più, i rapporti con le persone, a essere sempre più vicino alla gente ». Questo bisogno di stare con gli altri ha spinto don Andrea, prima del suo ingresso in seminario, a costituire un gruppo di volontari a sostegno delle persone affette da fibrosi cistica: « Quando ho scoperto la malattia mi sono buttato nella ricerca, volevo capire esattamente di cosa si trattasse.

Sono così venuto a sapere che nella provincia di Sondrio c’erano diversi casi di persone affette da fibrosi cistica. Ho saputo che in Italia, a Verona, c’è la Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica Onlus; mi sono messo in contatto con i responsabili e ho deciso di fondare un gruppo di volontari. In realtà, all’inizio, il gruppo era formato solo dai miei parenti e dagli amici più stretti, ma ora, a distanza di dieci anni, possiamo contare su un buon numero di associati che operano soprattutto nella zona in cui vivo ». Il gruppo si occupa di reperire i fondi necessari per la ricerca scientifica in vista di una possibile cura di questa patologia, organizzando eventi locali o attraverso la partecipazione ad appuntamenti fissi come, ad esempio, la Sagra dei Crotti o la rassegna di cori Un canto per la speranza. Non sempre la raccolta fondi va a buon fine, ma l’importante per don Andrea è perseverare: « Mi è capitato – ricorda – di andare in una cittadina con 200 ciclamini e tornare a casa con 190 piantine.

Questo non mi ha affatto scoraggiato e durante il fine settimana, con amici e parenti, mi sono presentato, con i ciclamini avanzati, all’uscita delle Messe e nelle piazze dei paesi vicini al mio. Ebbene, alla fine ogni fiore aveva trovato la sua casa. Basta perseverare perché col tempo arrivano sempre risposte. Abbiamo iniziato la nostra missione nel 2010 offrendo 200 ciclamini, l’anno dopo ne abbiamo distribuiti 650, il successivo 1.300 e ora non scendiamo mai sotto i 1.500 vasi, cifre importanti per la nostra realtà ». “Perseverare”  e “avere fiducia” sono le parole d’ordine di don Andrea che, rivolgendosi ai ragazzi che scoprono di essere affetti da fibrosi cistica o da qualsiasi altra malattia grave, li invita a « non essere soli. A volte la malattia fa paura, ma a far più paura è la solitudine che affligge il malato nel suo cammino di speranza. In ospedale, l’ammalato è spesso da solo e da solo deve avere fiducia nel prossimo, in chi il Signore ha deciso di mettergli accanto in quei momenti».

Don Francesco Cristofaro 


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