"Diritti al taglio", presentato il 14° Rapporto Pit Salute
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CAGLIARI, 10 NOVEMBRE 2011 - Si chiama “Diritti al taglio”, il 14° Rapporto Pit Salute di Cittadinanzattiva-Tribunale del malato presentato questa mattina all'auditorium del ministero della Salute. [MORE]
Un nome volutamente polemico che affida alle parole, diritti al taglio per l’appunto, il compito di sottolineare il fatto che “le politiche economiche, sociali e sanitarie messe in atto in questo periodo stanno di fatto smantellando il nostro sistema di welfare, con particolare riguardo ai servizi di carattere sanitario e sociale”.
Gli effetti dei tagli alla sanità operati dal governo uscente sono racchiusi nel Rapporto Pit Salute che ha esaminato il contenuto di 23.524 segnalazioni, 2.205 delle quali provenienti dal Pit Salute sede centrale e le restanti 21.31 dai Pit Salute locali e dalle sezioni territoriali del Tribunale per i diritti del malati, relative all’arco di tempo compreso dal 1 gennaio al 31 dicembre 2010. Una fotografia del sistema sanitario dal punto di vista del cittadino, che pone la sua attenzione su dieci aree di riferimento: malpractice e sicurezza delle strutture; liste d’attesa; informazione e documentazione; assistenza territoriale; invalidità ed handicap; accesso ai servizi; assistenza ospedaliera; umanizzazione delle cure; assistenza farmaceutica; patologie rare.
Il dossier “Pit Salute” mostra come i cittadini siano toccati in prima persona dai tagli alla sanità effettuati nell’anno 2010, “le persone toccano con mano il progressivo impoverimento del sistema sanitario, notando che laddove c’era un presidio oggi non c’è più o viene ridotto; laddove vi era la possibilità di usufruire di prestazioni in modo gratuito, oggi c’è da metter mano al proprio portafogli”. Sempre più sono gli italiani che hanno difficoltà ad accedere alle cure, e, lamentano i pazienti “i livelli essenziali di assistenza (Lea) si vanno trasformando da ciò che deve essere garantito in ciò che può essere garantito con le risorse disponibili”. I livelli essenziali di assistenza, secondo il rapporto non sono più certi, ma “possibili”, da ciò consegue un comprensibile aumento delle lamentele sull'accesso ai servizi, passate dal 5,5% del 2009 al 9,5% nel 2010, dunque quasi raddoppiate Le maggiori difficoltà sono relative al ridimensionamento dell'offerta e delle prestazioni e i conseguenti costi sostenuti dai cittadini privatamente.
In forte aumento le denunce di diagnosi sbagliate, 29,3%, aumentate del + 1,7% rispetto al 2009, e terapie inadeguate, soprattutto nel campo oncologico, ma ad allarmare sono anche le troppe disattenzioni del personale sanitario che in corsia che mette a rischio le condizioni del paziente, in totale le segnalazioni di malpractice passano dal 5,8% del 2009 al 12,9% del 2010, più che raddoppiate.
E se gli errori sanitari restano la prima tra le voci di lamentela dei cittadini, cresciute dello 0,5% rispetto al 2009, immediatamente dopo evidenzia il rapporto, le più frequenti lamentele ineriscono ai sempre più lunghi tempi di attesa, che paiono essere aumentati quasi parallelamente all’aumento delle tariffe delle prestazioni. Le lamentele riguardanti gli eccessivi tempi di attesa, 16%, nel 2010, 15% nel 2009, con una crescita dunque dell'1% rispetto al 2009, mostrano che si aspetta in media un anno per la mammografia, 15 mesi per la moc, 10 mesi per la tac, e più in generale l'attesa più lunga è quella per gli esami diagnostici, le visite specialistiche e per gli interventi chirurgici. E tra gli esami diagnostici sono proprio quelli appartenenti all’area oncologica, per i quali si dovrebbe seguire il criterio dell’urgenza, che richiedono un maggior tempo di attesa.
I cittadini denunciano ancora le condizioni igieniche degli ospedali italiani “sporchi, fatiscenti e potenziali luoghi dove contrarre infezioni, sia da parte dei pazienti sia del personale infermieristico”, e se nel 2009 erano stati il 43,4% i cittadini a fare tale segnalazione, nel 2010 sono passati al 46,9. Aumentati invece del 5,3% le lamentele del personale sanitario, infermieristico soprattutto, riguardo al rischio di contrarre infezioni entrando a contatto con pazienti infetti. Quest'ultimo dato che nel rapporto è affiancato a quello relativo al rischio di infezione per l'uso di ferri infetti, evidenzia il problema della disapplicazione delle procedure standard di prevenzione delle infezioni.
Giovanni Monchiero, presidente della Federazione Italiana di Asl e Ospedali (Fiaso), evidenzia in una nota '”Il Rapporto Pit salute di Cittadinanzattiva ha il merito di essere da stimolo per migliorare le performance del nostro Servizio sanitario nazionale, che però é bene ricordare ha fino ad oggi garantito tra le più alte aspettative di vita del mondo occidentale e ai più bassi costi. Come dimostra lo stesso titolo del 14° Rapporto, “Diritti al taglio”, è però necessario trovare un punto di equilibrio tra le ineludibili esigenze di tenuta dei conti pubblici e la necessità di garantire sul territorio i livelli essenziali di assistenza” – Monchiero prosegue spiegando che “riguardo il problema degli errori medici e diagnostici è bene sottolineare che quelle del Rapporto sono segnalazioni di presunte cattive pratiche da non confondere con i casi di malasanità effettivamente accertati, che nel nostro Ssn rappresentano solo lo zero virgola zero e qualcosa delle centinaia di milioni di prestazioni erogate ogni anno”. “Ben vengano le segnalazioni per alzare l'asticella della qualità dell'assistenza, ma, - ammonisce - stiamo attenti a non alimentare il mercato dei professionisti delle cause in sanità, che provocano il boom della medicina difensiva: quel surplus di cautele e prescrizioni inutili che ingolfano le liste d'attesa e che costano allo Stato tra i 12 e i 20 miliardi di euro, come stimato a suo tempo dello stesso ministero della Salute”.
Sara Marci