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CATANZARO, 22 FEBBRAIO 2014 - Desidero ringraziare di cuore il nostro arcivescovo mons. Vincenzo Bertolone, che ci dà ancora una volta l’opportunità di condividere un momento di riflessione su temi importanti e attuali nella nostra società, come quello affrontato da questa iniziativa, che verte in particolare sul rapporto tra fede e politica, tra la Chiesa e la dimensione sociale della comunità. Un’iniziativa che si inserisce nel solco del prezioso lavoro avviato dal “Cortile dei Gentili”, che coinvolge laici e credenti in una riflessione quotidiana che partendo dai valori dell’etica, della responsabilità e della partecipazione attiva, ha l’obiettivo di affermare il primato del bene comune nella società.
Un dialogo, quello tra credenti, laici e non credenti, che lo stesso Papa Francesco, in una sua recentissima lettera al direttore di Repubblica, ritiene doveroso e prezioso per l’intera società, costituendo del resto uno degli obiettivi principali del Concilio Vaticano II. Un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un incontro fecondo tra la Chiesa e la cultura d'ispirazione cristiana e la cultura moderna d'impronta illuminista.
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Un mondo in dissoluzione, in cui continuano a venir meno i valori e i punti di riferimento, in cui trionfano le spinte individualiste e disgregatrici, un mondo che vive una profonda crisi esistenziale, si fa sempre più necessaria ed urgente una inversione di rotta, per la quale i credenti sono chiamati ad un impegno diretto: la fede non è soltanto un’espressione intima dell’esistenza, ma una partecipazione attiva e leale alla costruzione della Polis. E’ evidente che l’inversione di rotta è possibile soltanto con la ricostruzione di un uomo integrale, che non divida la sua umanità dalla sua fede, il suo essere uomo dalla sua volontà di appartenere a Dio.
Fin dall’inizio del cristianesimo è emersa una particolare concezione del rapporto tra fede e politica, tra chiesa e stato, tra religione e potere, tra autorità spirituale e temporale, come ricordano le parole di Gesù: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio». Parole che nella storia hanno trovato interpretazioni diverse, a volte occasioni di incontro, altre volte di scontro, altre volte alibi per l’estraneazione dei cristiani dalla vita civile e sociale. La vita di ciascun individuo, i valori che la guidano, non interessano soltanto la sfera privata, ma producono la coscienza collettiva, la vita sociale, determinano la direzione in cui si muoverà il futuro dell’umanità intera.
Infatti nella costituzione Gaudium et spes si ribadisce come sia “di grande importanza, soprattutto in una società pluralista, che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunità politica e la chiesa e che si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come cittadini, guidati dalla loro coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della chiesa in comunione con i loro pastori”.
I cristiani sono dunque cittadini, appartengono alla città e alla società degli uomini, radicati nella storia comune e corresponsabili della costruzione della polis. La loro coscienza cristiana deve essere quindi un’azione mediatrice tra la fede e l’azione civile e politica. Come ha più volte ricordato Benedetto XVI, «la chiesa non è né intende essere un agente politico», ma spetta ai cristiani un doveroso impegno per la umanizzazione della convivenza civile e per la realizzazione di una società sempre più improntata ai valori dalla giustizia, del rispetto, dalla solidarietà.
L’etica cristiana è quindi il pilastro su cui costruire una nuova società, in cui tutti abbiano gli strumenti per distinguere il bene dal male e tutti siano guidati dalla ricerca del bene comune. Le rapide dinamiche della società contemporanea costringono ad una continua ridefinizione del principio della laicità dello Stato. L’individuo si dissolve nella autoreferenzialità, nell’edonismo, nella sua tendenza a realizzare unicamente i propri desideri e i propri interessi. La società quindi resta priva di un orizzonte comune, della percezione dell’altro in senso comunitario. La laicità si riduce spesso alla mera richiesta del riconoscimento di diritti individuali, e il rischio è quello di tutelare le rispettive identità opponendo un atteggiamento di rifiuto e di chiusura preconcetta, arrivando allo scontro tra Stato e Chiesa, tra cristiani e non cristiani. Ma l’identità culturale si costruisce attraverso l’incontro e il confronto, attraverso la conoscenza.
Il contributo dei cristiani al miglioramento della convivenza deve essere quello di trasmettere il messaggio dell’umanizzazione e impegnarsi responsabilmente nella costruzione delle polis. Innanzitutto pensando alla forma politica da dare ai valori della pace, della solidarietà e della giustizia sociale, della difesa della vita umana e della dignità della persona. La crisi economica, la povertà, le guerre, la precarietà del lavoro, moltiplicano le sofferenze di una umanità sempre più vasta, che resta ai margini di una società che è troppo spesso incapace di tendere una mano o anche soltanto di accorgersi della disperazione, delle urla silenziose di chi rincorre ogni giorno la sopravvivenza. La Polis deve essere quindi illuminata dalla solidarietà, così come il cristiano dalla misericordia.
E’ questo il percorso comune che, nella società odierna, devono percorrere laici e cristiani: l’ascolto, l’attenzione, l’aiuto ai più deboli, agli emarginati, ai malati, ai bisognosi, a chi lotta contro le dipendenze, a chi vive ai margini della società. Una comune identità che si rispecchia nella universale condivisione del messaggio di Papa Francesco, che esprime in maniera dirompente la necessità, da parte della società intera, di tendere la mano a chi ha bisogno di aiuto, superando la paura, la diffidenza, l’egoismo, la pigrizia. Una comunità è tale solo se ciascuno di noi sa essere vicino a chi è abbandonato dalla fortuna, a quel “miser” che lo stesso Seneca considera Res Sacra, Cosa Sacra.
Praticando la solidarietà l’uomo si spoglia del suo ego e declina la propria esistenza in funzione di una coscienza sociale, collettiva, nella ricerca del bene comune. Solidarietà, pace, giustizia, accoglienza, rifiuto della violenza, attenzione ai più deboli, rispetto dell’uomo e dell’ambiente in cui vive, tutela della vita. Ma è soprattutto il dialogo a rappresentare il cuore del rapporto del credente con la vita della Polis. La politica ha un valore alto perché segna il destino di tutti: per questo è necessario che il cristiano sappia dare il meglio di sé, fuori dal recinto della propria intimità, aprendosi al dialogo e mettendo al servizio della collettività i pensieri, le azioni quotidiane, la testimonianza, nel pezzo di cammino che si conduce insieme.
Notizia segnalata da Provincia Catanzaro