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Coronavirus: migranti a rischio per condizioni centri

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Coronavirus: migranti a rischio per condizioni centri
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Coronavirus: migranti a rischio per condizioni centriProtesta a Bologna, 'servono strutture e stanze adeguate' 

BOLOGNA , 9 MAR - Il coronavirus mette a rischio anche i migranti: pure se al momento non si registrano casi di contagiati, cresce la preoccupazione soprattutto per le condizioni di vita e sanitarie di molti di loro. In particolare, si teme per gli stranieri che vivono in tendopoli, masserie abbandonate o nei cosiddetti ghetti concentrati al sud. Qui il problema numero uno è la scarsità di acqua, unita alla mancanza di disinfettanti e alle distanze, non certo di sicurezza, dei letti e degli altri spazi. Se un migrante venisse colpito dal virus, probabilmente la velocità di diffusione sarebbe altissima in quel contesto. 

Nei centri di prima accoglienza, invece, l'allarme per il coronavirus resta basso soprattutto perché gran parte delle strutture sono semivuote. Complice il calo degli sbarchi, azzerati nella prima settimana di marzo secondo gli ultimi dati del Viminale (nello stesso periodo del 2019 erano stati 73). Un esempio è l'hotspot di Pozzallo. 

Entro fine settimana, assicura il sindaco Roberto Ammatuna, la struttura si svuoterà dopo aver accolto per 14 giorni in quarantena i 276 migranti soccorsi a fine febbraio al largo della Libia dalla Ocean Viking. Tra oggi e domani 45 minori, saranno infatti trasferiti altrove, poi toccherà agli adulti. Ma le situazioni più precarie, e quindi più a rischio, sono in Calabria e Puglia. In particolare, nella piana di Gioia Tauro dove si trovano il cosiddetto 'ghetto' di Taurianova e la tendopoli di San Ferdinando. In tutto, secondo Francesco Piobbichi del progetto braccianti di Mediterranean Hope, qui si contano oltre 1.000 persone. All'interno dormono soprattutto braccianti tra i 20 e 40 anni, che lavorano nei campi. "Serve un piano di intervento pragmatico e nazionale che consenta la tutela della salute pubblica - denuncia -. 

Si spera che questa sia un'occasione per affrontare la situazione e smontare i ghetti, senza però lasciare la gente senza alternative com'è successo finora con gli sgomberi". Nel Foggiano c'è l'altra aerea a forte rischio. Tra Borgo Mezzanone e altri 'ghetti' sparsi nella provincia, vivono circa 2.400 stranieri, quasi il 60% di loro hanno un permesso di soggiorno regolare, ma in genere i letti non sono molto distanziati e alcuni migranti dormono in 3-4 in pochi metri. 

"E' una popolazione da proteggere seriamente - spiega Alessandro Verona, referente medico dell'unità migrazione di Intersos di base a Foggia -. Per loro il problema è doppio: prima di tutto c'è l'accesso all'acqua, finora garantito in parte dalla Regione. Confidiamo che continui a sostenerci ma resta un'aggravante notevole. In più c'è l'isolamento di queste persone, da sempre costrette a una sorta di quarantena fisiologica, ora è peggio. Ad esempio perché per andare a lavorare sono costretti a usare i mezzi pubblici che di certo non assicurano le adeguate distanze. Insomma siamo molto preoccupati". A Roma, il Centro Astalli, punto di riferimento storico dell'accoglienza per i rifugiati nella Capitale, si adegua all'emergenza e limita i servizi: da giovedì scorso, niente più pranzo seduti nella mensa che è a due passi da piazza Venezia. 

Solo sacchetti chiusi con pane, frutta, cibo in scatola ed eventualmente piatti pronti sottovuoto. Non ci sono gli spazi necessari per garantire il rispetto delle distanze richieste dal decreto del presidenza del Consiglio. Ridotti all'essenziale i tempi della doccia e della piccola colazione offerta la mattina a chi ha bisogno di lavarsi. Inoltre, ha chiuso l'ambulatorio medico. Mentre a Bologna sale la protesta del Coordinamento migranti ce rappresenta coloro ce vivono nelle strutture dell'accoglienza della città. 

"Non accettiamo - spiegano - che la nostra vita sia messa in pericolo dal silenzio razzista delle istituzioni. Sono loro che dovrebbero intervenire immediatamente aumentando i posti letto in strutture e stanze adeguate. Prefettura e Questura, Regione e Comune che cosa intendono fare?". Negli ultimi giorni le misure di restrizioni contro il coronavirus hanno colpito anche loro: "Chi di noi aveva un appuntamento all'ufficio immigrazione per il permesso di soggiorno - informano - ha dovuto aspettare fuori all'aperto e siamo stati fatti entrare in gruppi di tre, ma tutte queste misure sanitarie non valgono però quando lavoriamo e dormiamo in condizioni di affollamento". 


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Scritto da Redazione

Giornalista di InfoOggi

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